In un capitolo dell’Ulisse di Joyce-dodicesimo episodio “Il ciclope” la taverna- c’è un razzista antisemita the citizen “il cittadino” che, seduto in una taverna, confabula con il suo cane bastardo Garryowen,and waiting for what the sky would drop in the way of drink, e intanto aspetta che dal cielo cadano gocce da bere.
A un certo punto assistiamo a un duetto tra il cittadino razzista e il suo cagnaccio che è confrontabile con quanto dicono in questi giorni i razzisti antirussi nelle trasmissioni televisive.
Quando arriva Leopold Bloom che è un ebreo di origine ungherese –Viràg è il suo vero cognome, in italiano Fiore-, il razzista prima lo guarda con sospetto, poi lo offende Bloom, quindi si mette a confabulare in irlandese al cane che ringhiava, like in a duet in the opera, come accade in un duetto d’opera.
Diversi personaggi televisivi di questo genere razzista da più di due mesi tuonano contro tutto ciò che è russo.
Mentre l’uomo inveiva contro gli Ebrei e ogni popolo e cultura diversa da quella gaelica, il cane his eye all boodsghot, con l’occhio tutto iniettato di sangue, ringhiava e sbavava.
Bloom prova a dire “a nation is the same people living in the same place”, una nazione è la stessa gente che vive nello stesso posto.
Quindi aggiunge che la forza, l’odio, gli insulti, la storia fatta di guerre non è vita per gli uomini.
Cosa sarebbe allora la vita? domanda uno dei bevitori.
“Love, says Bloom. I mean the opposite of hatred”, l’amore fa Bloom, voglio dire l’opposto dell’odio.
Il cittadino insulta di nuovo Bloom, questo Ulisse dublinese molto paziente
“Do you call that a man? Says the citizen, e questo lo chiamate uomo? Domanda il cittadino.
Si tratta sempre di negare l’umanità della persona o del popolo o della razza odiata.
Quindi il razzista esclama: “Saint Patrick would want to land again at Ballykinlair and convert us, says the citizen, after allowing things like that contaminate our shores”, San Patrizio dovrebbe sbarcare un’altra volta da noi, e riconvertirci, dice il cittadino, dopo che abbiamo permesso a tipi simili di contaminare i nostril lidi.
Bloom seguita a difendere gli Ebrei. “Mendelssohn was a jew and Karl Marx and Mercadante and Spinoza. And the Saviour was a jew and his father was a jew. Your God”, Mendelssohn era ebreo e Karl Marx e Mecadante e spinozsa. E il Redentore era ebreo e suo padre era ebreo. Il vostro Dio. Poi: “Christ was a jew like me”, Cristo era un ebreo come me. E, aggiungo, come Moni Ovadia che si oppone al razzismo antirusso, ad ogni razzismo.
Il razzista si infuria e afferra una scatola per tirarla sulla testa di Blomm. Cercano di trattenerlo ma quello strillava come un porco al macello-and he shouting like a stuck pig”. Mi vengono in mente le pantomime dei Parenzo, dei Telese e dei Caparica.
Bloom deve scappare. La scatola scagliata dal cittadino lo manca però mentre fugge su una carrozza il cane aizzato dal padrone lo insegue. Sono molto contento che la maggior parte degli italiani non è costituita da cani e non si lascia aizzare contro i Russi, la loro cultura e la loro arte.
Nell’ultima pagina c’è una specie di trasfigurazione di Bloom che diventa Elia e ascende al cielo amid clouds of angels in mezzo a nugoli di angeli
Le citazione vengono dal testo inglese Ulisses Wordworth Classics 1987. Il capitolo si trova tra le pagine 263-312.
Il testo italiano che ho consultato è l’Ulisse della Mondatori (1975) e si trova tra le pagine 399-472 .
Bologna 11 maggio 2022 ore 12, 15
giovanni ghiselli
p. s
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