Adolfo De Carolis, Edipo re |
Sommario
Tiresia lancia un anatema contro il sapere che molte volte non giova a chi sa: egli preferirebbe ignorare i fatti; in ogni modo li ha rimossi e non intende raccontarli. Edipo si stupisce dello scoraggiamento del vate il quale lo prega di rimandarlo a casa. Allora il re accusa il profeta reticente di ingratitudine verso la città che lo ha nutrito. Ma Tiresia ribatte accusandolo di parlare a sproposito. Edipo prova a rivolgere una preghiera e una mezza minaccia al mavnti" che però rimane irremovibile.
Traduzione dei versi 316-321
Tiresia
Ahi,ahi, sapere come è terribile quando non giova 316
a chi sa! Queste cose infatti, pur sapendole bene, io
le ho distrutte; ché altrimenti non sarei venuto qua.
Edipo
Che c'è? Come sei giunto privo di coraggio!
Tiresia
Rimandami a casa; assai facilmente infatti, tu il tuo 320
ed io sopporterò il mio, se mi dai retta.
-316 deino;n: Tiresia si sente aggredito e si ritira: ha paura non tanto della verità, quanto della probabile reazione di Edipo che esercita un potere paternalistico verso i sudditi e minaccioso nei confronti del vate che potrebbe superarlo nella popolarità.
Del resto la conoscenza non è sempre e comunque un bene.
Cfr. Eraclito:"polumaqivh novon ouj didavskei" (fr. 82 Diano), sapere molte cose non insegna a essere intelligenti.
Il motivo antiintellettualistico presente nell'Edipo , avrà un'infinità di riprese: Euripide, il "filosofo della scena", giunge alla stanchezza postfilosofica delle Baccanti ( Il sapere non è sapienza- to; sofo;n d j ouj sofiva, v. 395), poi in una enumerazione caotica segnalo il movimento dello Sturm und drang ("il mio cuore-annota Werther il 9 maggio 1772-è l'unica cosa della quale sono superbo...Quello che io so, lo può sapere chiunque, ma il mio cuore lo possiedo io solo". ), quindi Elias Canetti il quale afferma:"Dall'equilibrio fra sapere e ignoranza dipende quanto si è saggi. L'ignoranza non deve impoverirsi con il sapere. Per ogni risposta deve saltare fuori-lontano e apparentemente non in rapporto con essa- una domanda che prima dormiva appiattata. Chi ha molte risposte deve avere ancor più domande. Il saggio rimane bambino per tutta la vita. Le sole risposte inaridiscono il corpo e il respiro"[1].
E ancora: Agostino: “Ecce pietas est sapientia”[2].
Poi Il racconto d’inverno[3] di Shakespeare, Leonte, afferrato dalla piovra della gelosia, maledice la conoscenza infetta che ha scatenato il suo doloroso sentimento: “Alack, for lesser knowledge! How accursed- in being so blest!There may be in the cup-a spider steep’d, and one may drink, depart,-, and yet partake no venemon for his knowledge- is non infected- ...I have drunk,/and seen the spider” (II, 1, 39-45), Oh, se avessi conosciuto meno! Quanta maledizione nell’essere così consacrato! Nella tazza può esserci immerso un ragno e uno può bere, andarsene e non esserne avvelenato, perché il suo sapere non è infetto (…) Io ho bevuto e ho visto il ragno!
“Il discorso sulla conoscenza è davvero uno dei temi di maggiore profondità del dramma; in questo, si avverte nel tardo Sofocle la volontà di perfezionare uno dei momenti di maggiore altezza intellettuale dell’Edipo Re, vale a dire il conflitto tra la conoscenza laica e razionale di Edipo e quella religiosa di Tiresia, uno dei brani fondamentali del pensiero greco (non soltanto tragico) del V secolo. Ammettendo che l’Edipo Re sia stato rappresentato in una data attorno al 430 a. C., l’Edipo a Colono ripropone il problema, in toni ben diversi, verso la fine del secolo, quando forse certe illusioni sul trionfo illuministico della conoscenza umana potevano essere superate[4]”[5].
Il credo che L’Edipo re sia di molti anni successivo al 430 e penso che Sofocle tenda a smontare il razionalismo e la grandezza della conoscenza umana in tutti i suoi drammi
316-317 tevlh luvh/= corrisponde a lusitelh'/, giova.-
318 diwvles&(a): aoristo attivo di diovllumi
319-a[qumo": il tiranno ha fatto forti pressioni su Tiresia caricandolo di responsabilità, e ora nota che è scoraggiato: è il tipico procedimento logorante che spinge l'avversario in una direzione per accusarlo poi di averla presa.
320-a[fe"=imp. aor. di ajfivhmi.-
321-dioivsw=futuro di diafevrw. Apodosi della eventualità; la protasi è h[n pivqh/.--toujmovn=to; ejmovn.
Tiresia vorrebbe tenere la sfera profana separata dalla sacra, ma per Sofocle questa non è la soluzione giusta: egli vuole una teocrazia, un prevalere del divino sull'umano, e l'obbedienza del re al profeta, il quale del resto per il momento non è all'altezza del suo compito in quanto manca di coraggio, non parla con sufficiente chiarezza e determinazione (to; so;n e toujmovn sono termini generici) e cerca di evitare lo scontro, quindi la verità. Edipo invece, che pure ha torto, ha la volontà di andare a fondo, poiché la sua natura lo spinge ad agire radicalmente.
Per lui anzi l’avverbio superlativo rJa'/sta è una provocazione: le cose molto facili non gli vanno a genio.
Egli va cercando piuttosto le difficoltà poiché, come gli Ateniesi di Tucidide nella interpretazione che ne dà il nemico corinzio, è nato per non lasciare in pace gli altri né se stesso.
Bernard Knox segnala un’analogia tra il carattere di Edipo e quello degli Ateniesi come vengono presentati da Tucidide: “Il magnifico vigore di Edipo e la sua fede nell’azione sono spiccate caratteristiche ateniesi (…) Pericle tributa un caldo elogio a quel genere di attività rapida e risoluta che è tipica di Edipo[6]”
Quindi Knox cita le parole conclusive dell’ultimo discorso politico di Pericle pronunciato nell’estate del 430, la seconda della guerra del Peloponneso. Dice dunque il grande oratore al suo popolo tormentato dalla peste e dalla seconda devastazione dell’attica guidata dal re spartano Archidamo: “Non mandate ambasciatori ai Lacedemoni, e non mostratevi prostrati dalle sciagure presenti, poiché quelli che durante le congiunture avverse pro;~ ta;~ sumforav~- si affliggono al minimo nello spirito-gnwvmh/ me;n h[kista lupou`mtai- mentre nell’azione tengono duro al massimo - e[rgw/ de; malvista ajntevcousin-, questi sono i più forti, sia tra le città che tra i privati cittadini-ou|toi kai; povlewn kai; ijdiwtw`n kravtistoiv eijsin (II, 64, 6)
giovanni ghiselli
Bologna 16 maggio 2022 ore 18.
p. s.
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[1] La provincia dell'uomo (trad. it. in Opere 1932-1973, Bompiani, 1990, pp.1600-1601)
[2] Confessiones, 5, 5, ecco la sapienza è pietà.
[3] 1610.
[4] Sulla crisi del razionalismo classico davanti ai fermenti e alle angosce irrazionali di un’epoca di crisi restano ancora illuminanti le parole di Dodds, pp. 211-242. (E. R. Dodds, The Greek and the Irrational, Berkeley 1953 (trad. It. Firenze 1959).
[5] G. Guidorizzi (a cura di) Edipo a Colono, pp. XXIII-XXIV.
[6] Bernard M. Knox L’eroe
sofocleo in La tragedia greca. Guida storica e critica a cura di Charles R. Beye;
Laterza, Roma-Bari, 1974, pagina253.
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