mercoledì 25 maggio 2022

XVIII Metamorfosi dell’identità: Apuleio. Prima parte

 

L’asino d’oro  o Metamorfosi- di Apuleio (125-170)

 

 

In questo romanzo un ragazzo, Lucio, diventa un asino.

La vita da asino è vita senza la religione. Si ricordi , quia nos religiosi non sumus, agri iacent…" del Satyricon (44, 18)

La vita consacrata a Iside invece è sacra alla conoscenza.

 

Sentiamo Plutarco in De Iside et Osiride. Il sacerdote delfico sostiene che la divinità-to; qei`on- non è beata per argento e oro ma ejpisthvmh/ kai; fronhvsei (351d) , per conoscenza e intelligenza   

Plutarco etimologizza il nome Iside con oi\da-so-; più precisamente il tempio  jIsei`on con il futuro ei[somai-saprò- poiché vi conosceremo to; o[n, l’essere 352).

Inoltre  \Isin kalou`si para; to; i{esqai met j ejpisthvmh~ kai; fevresqai, kivnhsin ou\san e[myucon kai; frovnimon

 (375c) la chiamano Iside  per il lanciarsi con sapere e da essere mosso in quanto ella consiste in un movimento animato e sapiente.

 

Lucio arriva a sognare Iside e torna uomo dopo avere preso su di sé la tragicità dell’esistere e avere raggiunto il culmine della disperazione.

 

Pinocchio di Collodi va nel paese dei balocchi “dove c’è un’allegria, un chiasso, uno strillìo da levar di cervello! Insomma un tal pandemonio, un tal passeraio, un tal baccano indiavolato da doversi mettere il cotone negli orecchi per non restare assordati.  Passavano le giornate in questa bella cuccagna di baloccarsi e divertirsi, senza mai vedere in faccia un libro, né una scuola”.

Ma poi i ragazzi si trasformano in somarelli.

 

Il tema di fondo delle Metamorfosi è come si diventa uomini. Il modello è Odisseo, ajnhvr il quale pollw`n d’ ajnqrwvpwn i[den a[stea kai; novon e[gnw (Odissea, I, 3). Ulisse è ricordato come affamato di conoscenza, curioso di conoscere. La curiosità consente di aprirsi all’alterità ed è una spinta all’individuazione.

L’innata curiosità  di Lucio lo apparenta a Ulisse. Ingenita mihi curiositate recreabar (Metamorfosi, 9, 13).

La curiositas è re-creatio, ridà vita.

 

 

H. Hesse Demian

:"La vita di ogni uomo è una via verso se stesso, il tentativo di una via, l'accenno di un sentiero. Nessun uomo è mai stato interamente lui stesso, eppure ognuno cerca di diventarlo, chi sordamente, chi luminosamente, secondo le possibilità…Certuni non diventano mai uomini, rimangono rane, lucertole, formiche. Taluno è uomo sopra e pesce sotto, ma ognuno è una rincorsa della natura verso l'uomo"[1].

Ancora De Iside et Osiride di Plutarco

Tifone è un demone cattivo: rossiccio e con pelle d’asino. Gli Egiziani di Copto, durante certe feste, maltrattano gli uomini dai capelli rossi e gettano un asino in un precipizio per il fatto che Tifone era rossiccio e aveva la pelle d’asino ( dia; to; purro;n gegonevnai Tufw`na kai; ojnwvdh th;n crovan, 362F).

 Gli abitanti di Busiride e di Licopoli, sempre in Egitto, non usano le trombe perché il loro suono ricorda il raglio dell’asino. Pensano che l’asino sia immondo e di essenza demoniaca ouj kaqaro;n ajlla; daimonikovn dia; th;n pro;~ ejkei`non oJmoiovthta per la sua somiglianza con Tifone.

Tifone è figlio di Gea e di Tartaro. Lancia rocce contro il cielo. E’ ucciso da Zeus e sepolto sotto l’Etna.

 L’asino paga il fio della somiglianza con  Tifone dia; th;n ajmaqivan kai; th;n u{brin  (363C) per l’ignoranza e la dismisura insensata non meno che per il pelo rossiccio.

Tifone rappresenta la brutalità, l’emotività incontrollata, tutto quanto in natura è smisurato e  disordinato  to; a[metron kai; a[takton (377), in eccesso e in difetto. Invece tutto quanto è ordinato (kekosmhmevnon) e buono (ajgaqovn) e giovevole (wjfevlimon) è opera di Iside e immagine di Osiride.

 Tifone rappresenta la parte dell’anima soggetta a passioni (to; paqhtikovn e l’a[logon e il titanikovn, 371B).

Tifone viene chiamato anche Seth e impersona ogni turbamento e turbolenza, mentale e corporea. Porta le cattive stagioni, le intemperie, le eclissi di luna, terremoti, tempeste. Seth significa ciò che tiranneggia e ciò che violenta.

Osiride invece presiede all’ordine mentale e naturale.

Tra gli animali domestici to; ajmaqevstaton, il più stupido lo assegnano a Tifone e tra le belve gli attribuiscono le più selvagge: krovkodeilon kai; to;n potavmion i{ppon (371C).

Insomma pavnta ta; fau`la kai; blabera; Tufw`no~ e[rga (371E). Tutto quanto è stupido e dannoso è opera di Tifone.

Tifone non ha  ordine tavxi~,gevnesi~ generazione, né movimento dotato di misura e ragione kivnhsi~ mevtron e[cousa kai; lovgon (372). Perciò sono da disprezzare quelli che assegnano a Tifone la sfera del sole.

Plutarco confuta quelli che identificano il Sole con Tifone cui non si addice lamprovn, splendore, né capacità di salvare.

Il sole è  piuttosto immagine di Osiride vestito con un colore di fiamma.

 

Platone nella Repubblica descrive gli inesperti di saggezza e virtù- oij fronhvsew~ kai; ajreth~ a[peiroi.   Costoro passano il tempo in banchetti e simili, sono tratti in basso –kavtw-  ed errano tutta la vita senza mai guardare in alto-a[nw ou[te ajnevbleyan-, ma si rimpinzano, si accoppiano, ingrassano per l’avidità smodata, laktivzonte~  scalciando e cozzando tra loro con unghie e corni di ferro, fino ad ammazzarsi di’ ajplhstivan   per la loro insaziabilità, in quanto non possono riempirsi di vera realtà (586ab).

 

Nel Fedone, Socrate parla delle anima che non si sono liberate dall’elemento carnale, greve e terrigno. Quelli che praticarono gozzoviglie, dismisure e ubriacature,  probabilmente si calano nelle razze dei somari (eij~ ta; tw`n o[nwn gevnh)  e di altri animali del genere (82).

 

Nell’Asino d’oro , Iside chiama l’asino pessima mihique detestabilis belua iam dudum (XI, 6). Alla fine Lucio potrà uscire da quella pelle. Eppure è grato asino meo che lo ha reso multiscĭum, ricco di esperienze (9, 13). Queste  lo hanno aiutato a capire. La condizione miserevole di questa bestia conduce a prestare attenzione alle altre miserie.

 

 

Apuleio vuole docere, ma sa che per questo è necessario anche delectare. L’io narrante dice di essere greco (attico, corinzio, spartano) e di avere imparato il latino che forse praticherà con qualche frase esotica o popolaresca.

La varietà di espressione corrisponde alla sua desultoria scientia,  scienza acrobatica. E’ un sapere mobile, non dogmatico. 

Può essere la magia, la non fedeltà a un solo genere. Può alludere alla pratica amorosa del donnaiolo[2].

Quindi incipimus fabulam graecanicam. Poggia dunque sulla letteratura greca.

Lector, intende: laetabĕris (1, 1). In questa laetitia c’è una componente ludica e pure una beatificante.

Bologna 25 maggio 2022 ore 11, 52

giovanni ghiselli continua

p. s.

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[1] H. Hesse, Demian (del 1919), p. 54.

[2] Cfr. la negazione ironica dell’essere donnaiolo di Ovidio: “ Non mihi mille placent, non sum desultor amoris” ( Amores I, 3, 15).

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