Adolfo De Carolis, Edipo re |
Sommario
Contro i mali viene invocato Apollo Liceo, il dio dall'arco d'oro, uccisore dei lupi, e Artemide la sorella cacciatrice, con le fiaccole che illuminano le corse su per i monti, e infine Bacco eponimo di Tebe, dal volto colore del vino, perché porti il suo fuoco vivificatore e catartico contro il nume delle ignobili guerre, Ares il dio disonorato tra gli dei.
Traduzione
Signore Liceo
io vorrei che dalle funi d'oro intrecciato
fossero scagliati dovunque i tuoi dardi indomabili
messi davanti in aiuto, e le fiaccole
fiammeggianti di Artemide con le quali
si lancia su per i monti della Licia
e il dio dalla mitra d’oro invoco,
eponimo di questa terra,
Bacco dal volto di vino, evio
compagno di tiaso delle Menadi
che si avvicini bruciando
con splendida...
face contro il dio disonorato tra gli dei
203-luvkeie: è da collegarsi a Lukiva, Licia, della Licia oppure a luvko", lupo. Propendo per questa interpretazione siccome nelle Baccanti di Euripide, la più dionisiaca delle tragedie la Lidia viene nominata tre volte (vv. 55, 234 e 464) come terra di provenienza delle menadi e di Dioniso.
Nell'Elettra (v.6) Sofocle chiama Apollo"lukoktovno" qeov"", il dio uccisore dei lupi. Chi sono i lupi?
Probabilmente gli uomini empi e sfrontati, i demagoghi rapaci e guerrafondai. Il coro dei Sette a Tebe (v.145 e sgg.) invoca Apollo con il grido"Luvkei j a[nax, Luvkeio" genou'",signore liceo, diventa liceo, ossia distruggi l'esercito aggressore, fagli pagare i nostri lamenti.
Plutarco nella Vita di Solone ricorda che è usanza antica per gli Ateniesi combattere contro i lupi,: “ajrcai`on de; toi`~ j Aqhnaivoi~ to; polemei`n toi`~ luvkoi~” (23, 4), poiché il loro territorio è adatto più al pascolo che all’agricoltura.
Orazio, nell'Ode I, 22, racconta di avere incontrato silva..in Sabina un lupus , una bestia mostruosa portentum , quale non genera l'Apulia né la Mauritania, che tuttavia scappò davanti a lui inerme:"me...fugit inermen "(vv. 9-13) probabilmente per il fatto che il poeta era:"integer vitae scelerisque purus ", integro di vita e puro da colpe (v. 1).
204-crusostrovfwn ajp ajgkula'n=ajgkulw'n. Anche qui, dell'oro non viene considerato il peso economico che per Sofocle non è un valore. L'oro è connesso con la salvezza.
Rohde in Psiche (p.576) scrive:"Alla sublime semplicità delle sue concezioni non potevano riuscire né utili né pericolose la sapienza e la stoltezza delle nuove generazioni fatte tutte di pensiero. Egli passa non tocco in mezzo alle resse e alle contese del mercato".
205- bevlea i dardi di Febo sono indomabili ajdavmat j poichè arrivano dappertutto (endatei'sqai, che dipende da qevloim j (i) a]n, vale essere distribuito da ogni parte), seguendo anche i raggiri più contorti e svelando le coperte vie degli uomini peggiori.
-ajrwga;=predicativo di prostaqevnta, part. aor. passivo di pro-ivsthmi.—
206-ajrwgav: soccorritori- ajrhvgw= vengo in aiuto. Apollo viene invocato quale soccorritore contro i lupi. Mi viene in mente, forse in modo non del tutto arbitrario la lupa di Dante: “che di tutte brame –sembiava carca nella sua magrezza” (Inferno, I, 49-50). I lupi sono i profittatori, gli speculatori che traggono profitto dalle sciagure di un popolo: guerre, epidemie et cetera.
-prostaqevnta participio aoristo passivo da prostivqhmi= pongo davanti.
Sono armi anche difensive. A parer mio la difesa più forte contro il danno maggiore prima della perdita della vita, cioè la sottrazione dell’identità è la cultura. Sofocle suggerisce la religione che del resto fa parte della cultura di un popolo, di ogni popolo. Il più grande sbaglio del comunismo è stato combattere le religioni dei popoli. Eppure anche il comunismo è stata una religione. Tuttavia non ha voluto riconoscere le altre con le quali del resto aveva diversi aspetti comuni.
207ai[gla": è un altro soggetto dell'infinito ejndatei'sqai.
Le fiaccole di Artemide portano una fiamma santa: nel Filottete (v.831) ai[gla è la luce del snno che deve ristorare la vita dell’uomo tormentato dal male..
208-o[rea:accusativo (o[rh) retto da dia/vssei. Correre sui monti include l’aspetto agonistico e leale della caccia.
E' l'espansione della vitalità senza danno, l'aspetto migliore dell'agonismo che caratterizza diverse manifestazioni della civiltà greca.
Nietzsche, in Umano troppo umano, (vol.2, parte seconda, il viandante e la sua ombra, 226, Saggezza dei Greci p.211) scrive:"Poiché il volere vincere e primeggiare è un tratto di natura invincibile, più antico e originario di ogni gioia e stima di uguaglianza. Lo stato greco aveva sanzionato fra gli uguali la gara ginnastica e musica, aveva cioè delimitato un'arena dove quell'impulso poteva scaricarsi senza mettere in pericolo l'ordinamento politico. Con il decadere finale della gara ginnastica e musica, lo stato greco cadde nell'inquietudine e dissoluzione interna".
209-crusomivtran: il dio dalla mitra d'oro; ancora una volta l'oro è latore di luce e di salvezza. La mitra è una fascia per il capo.
210ejpwvnumon: Tebe è chiamata bakceiva.-
211oijnw'pa: il vino è elemento primo nella tradizione ditirambica, e dionisiaca, che parte da Archiloco::"oi[nw/ sugkeraunwqeiv" frevna" (fr.77 D., v.2) fulminato dal vino nella mente. Ma il poeta del vino è Alceo che beve per scacciare il freddo (fr.90 D.) e il dolore(fr.96 D.), per combattere il caldo (fr.94 D.) e per festeggiare la morte del tiranno (fr.39 D.). Il vino mette in evidenza il carattere dell'uomo, impedisce il troppo sottile almanaccare, e ostacola la volontà di mascherare i sentimenti con ragionamenti speciosi. Con il vino si ridiventa istintivi; allora la voce della natura torna a gridare più forte di quel sofovn che spesso è senza sofiva, è vita depotenziata. Cfr. Euripide, Baccanti, 395:to; sofo;n d j ouj sofiva=il sapere non è sapienza
-eu[ion: invocato con il grido eujoi'=evoè
212-Manavdwn: sono le seguaci di Dioniso, invasate e rese folli (maivnomai) da lui, ma dotate di una saggezza più saggia della saggezza dell’uomo comune, quella di Penteo.
“Quanti Péntei, nella nostra società (…) I Pentéi italiani sono dei mediocri, dei meschini imbecilli, neanche degni di essere dilaniati dalle Menadi ”[1].
. Sono chiamate anche Bavkcai.-
-213 pelasqh'nai=è infinito aor. passivo di pelavzw (cfr. pevla"=vicino) e dipende da kiklhvskw.—
214ajglaw'pi: è invocato il fuoco dalla vivida luce purificatrice, che brucia il male e porta le menti alla comprensione; è l'antitesi dell'incendio fumoso che si aggira tra le macerie della guerra. Dopo questa parola c'è una lacuna corrispondente a "lunga, breve , lunga" del v.201; è il piede che fece gridare al professore Mac Hugh dell'Ulisse di Joyce: a perfect cretic! The professor said,. Long, short and long” (Eolo, il giornale, p. 114)
Lo si ricava dalla responsione con il verso 201.
215peuvka/=peuvkh/: il pino non deve essere usato per costruire navi omicide, ma come supporto di questa fiamma catartica.-j
215 jpi;=ejpi;.
-ajpovtimon=è Ares. Già nell'Iliade Zeus gli dice:"e[cqisto" dev moiv ejssi qew'n oiJ; O[lumpon e[cousin(V,890), tu per me sei il più odioso tra gli dei che abitano l'Olimpo.
Empedocle nel Poema lustrale (fr. 119, 1) narra che gli uomini della primitiva età felice non avevano Ares come dio né il Tumulto della battaglia:"oujdev ti" hj'n keivnoisin [Are" qeo;" oujde; Kudoimov"".
Il protagonista degli Acarnesi di Aristofane, fieramente avverso alla guerra, promette: "io non accoglierò mai in casa Polemo"(977), la personificazione del conflitto, visto come "un uomo ubriaco"(981) il quale "ha operato tutti i mali e sconvolgeva, e rovinava"(983) e, pur invitato a bere nella coppa dell'amicizia:
"bruciava ancora di più con il fuoco i pali delle viti/
e rovesciava a forza il nostro vino fuori dalle vigne"(986-987). Diceopoli si fa portavoce dei contadini, esasperati poiché la guerra del Peloponneso distrugge tutti gli anni i raccolti.
Virgilio nella prima Georgica (511) lo qualifica il dio della guerra come "Mars impius"; Orazio lo chiama "torvus" in Carmina I, 28, 17 e cruentus in II,14, 13.
Qui è disonorato poichè la guerra del Peloponneso è condotta senza rispetto dell'etica eroica e senza riguardo per l'umanità: cfr.Tucidide V,111, dove gli Ateniesi intimano ai Meli di non volgersi a quel sentimento di onore che procura grandi rovine agli uomini.
Bologna 10 maggio 2022 ore 9, 35
giovanni ghiselli
p. s.
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[1] Pasolini, Saggi sulla politica e sulla società,p p. 1142-1143
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