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mercoledì 18 gennaio 2023

Nietzsche 74 La filosofia nell’età tragica dei Greci. Capitolo 6

Nietzsche 74

 

La filosofia nell’età tragica dei greci

 

Capitolo 6 

“Il mondo è il gioco di Zeus, o, per esprimermi in termini fisici,  il gioco del fuoco con se stesso; solo in questo senso l’uno è al tempo stesso il molto” Il fuoco percorre in innumerevoli metamorfosi la strada del divenire-

Cfr. il fuoco artista che procede metodicamente per la sua via  degli Stoici

Zenone interpreterà la fuvsi" come un artista che crea coscientemente: essa è pu'r tecniko;n oJdw'/ badivzon eij" gevnesin (Zenone SVF. II, 411, 422, 1134), il fuoco artista che metodicamente procede alla creazione.

Come Anassimadro, Eraclito crede a un naufragio cosmico che periodicamente si ripete. Altri mondi sorgono dalla conflagrazione universale che tutto annienta.

E' la dottrina della ejkpuvrwsi~ chiarita meglio dagli Stoici e ripetuta da Seneca. Le ultime parole dello scritto Ad Marciam De consolatione, compost fra il 37 e il 41, sono queste:  "Et cum tempus advenerit quo se mundus renovaturus extinguat, viribus ista se suis caedent, et sidera sideribus incurrent, et omni flagrante materia uno igni quidquid nunc ex disposito lucet, ardebit. Nos quoque felices animae et aeterna sortitae, cum deo visum erit iterum ista moliri, labentibus cunctis et ipsae parva ruinae ingentis accessio in antiqua elementa vertemur." Felicem filium tuum, Marcia, qui ista iam novit! e quando sarà giunto il tempo in cui l'universo deve estinguersi per rinnovarsi, queste cose si distruggeranno da sole, e le stelle si scontreranno con le stelle  e nel conflagrare dell'intera materia tutto quello che ora risplende secondo quanto è stabilito, brucerà dentro un solo fuoco. Anche noi, anime fortunate e destinate  all'eternità, quando a Dio sembrerà bene costruire da capo queste cose, mentre tutto cade, torneremo negli antichi elementi come piccola aggiunta della grande rovina" Beato tuo figlio, Marzia, che conosce già queste cose.

 

 Nei frammenti di Eraclito non  manca l' u{bri~ come abbiamo visto (fr. 108 Diano) l' u{bri~ è un fuoco distruttivo anziché costruttivo,  incendio che deve essere spento. L'u[bri~ è il peccato dei Greci, la dismisura  che si associa alla demenza, all'avidità,  all'empietà, alla tirannide.

Solone aveva scritto:

“infatti la sazietà genera prepotenza tivktei ga;r kovro~ u{brin  , quando grande prosperità si accompagna

a quanti uomini non hanno la mente sana (fr. 5D,  v. 9-11)

Poi Eschilo: u{bri~ ga;r ejxanqous j ejkavrpwse stavcun

a[th~ , o{qen pavgklauton  ejxama`/ qevro~ (Persiani, 821-822), la dismisura demenziale in effetti fiorendo dà per frutti una spiga di accecamento donde falcia una messe tutta di lacrime. Sono parole dello spettro di Dario al Coro dei vecchi di Susa.

Poi contro l’empietà"ouj ga;r e[stin e[palxi" plouvtou pro;" kovron ajndri; laktivsanti mevgan Divka" bwmovn", infatti non c'è difesa per l'uomo, che proteso a sazietà di ricchezza, ha preso a calci il grande altare della Giustizia (Agamennone, primo stasimo,  vv. 381-384).

E Sofocle più sinteticamente: “u{bri~ futeuvei tuvrannon”, la prepotenza genera il tiranno  (Edipo re, prima antistrofe del secondo stasimo, v. 172)

Bologna 18 gennaio 2022 ore 18, 58

giovanni ghiselli

p. s.

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