domenica 15 gennaio 2023

Nietzsche 64. Un excursus: i Greci sempre fanciulli e la Storia di Atlantide nel Timeo di Platone.


 

La nascita della tragedia , Capitolo XVII (pp. 111-118)

L’arte dionisiaca dà una consolazione metafisica che ci strappa al congegno delle forme mutevoli. Noi superiamo la nostra individualità e, come il poeta lirico, ci identifichiamo con quell’unico essere vivente e comprendiamo la necessità dell’annientamento delle apparenze data la sovrabbondanza delle forme che si urtano e si incalzano alla vita. Nella tragedia gli eroi parlano più superficialmente di quanto non agiscano, come Amleto del resto.

 

I Greci sono, come dicono i sacerdoti egizi, gli eterni fanciulli e nell’arte tragica non sanno quale sublime giocattolo sia nato nelle loro mani.

 

 Lo racconta Platone nel Timeo. Quando Solone era in Egitto, un sacerdote molto vecchio gli disse: “Solone, voi Greci siete sempre fanciulli, e un Greco vecchio non esiste ’W SÒlwn, SÒlwn, “Ellhnej ¢eˆ pa‹dšj ™ste, gšrwn d “Ellhn oÙk œstin, Timeo 22b4.; voi siete giovani d’anima perché in essa non avete riposto nessuna vecchia opinione (22b 7-8 .).

 Essi non hanno ricordo delle vicende più antiche a causa dei diluvi che periodicamente ne sconvolgono la civiltà. Il diluvio celeste lascia sopravvivere solo gli ignari di lettere e di Muse, sicché si perde il ricordo dei tempi antichi.

 

Storicizzando i diluvi, possiamo dire che la vittoria della decadenza. Il decadere della cultura delle tradizioni e dei costumi, spazza via la classe colta, si pensi ai nobili rimproverati da Augusto perché non si sposavano e non facevano figli.

 

Cassio Dione racconta che  Augusto nel 9 d. C. parlò agli sposati e ai celibi. Elogiò i primi, meno numerosi, dicendo che erano cittadini benemeriti e fortunati: infatti ottima cosa è una donna temperante, casalinga, buona amministratrice e nutrice dei figli ("a[riston gunh; swvfrwn oijkouro;" oijkovnomo" paidotrovfo" "(LVI, 3, 3) ed è una grande felicità lasciare il proprio patrimonio ai propri figli; inoltre anche la comunità riceve vantaggi dal grande numero (poluplhqiva, LVI, 3, 7) di lavoratori e di soldati.

Quindi l’imperatore parlò con parole di biasimo ai non sposati che erano molto più numerosi. Voi, disse in sostanza, siete gli assassini delle vostre stirpi e del vostro Stato. Voi tradite la patria rendendo deserte le case e la radete al suolo dalle fondamenta:"a[nqrwpoi gavr pou povli" ejstivn, ajll' oujk oijkivai oujde; stoai; oujd j  ajgorai; ajndrw'n kenaiv" (LVI, 4, 1), gli uomini infatti in qualche misura costituiscono la città, non le case né i portici né le piazze vuote di uomini[1].

Poi Augusto accusò i celibi paragonandoli ai briganti e alle fiere selvatiche: voi, disse, non è che volete vivere senza donne, visto che nessuno  mangia o dorme solo:"ajll' ejxousivan kai; uJbrivzein kai; ajselgaivnein e[cein ejqevlete" (LVI, 4, 6-7), ma volete avere la facoltà della dismisura e dell'impudenza. Infine il Princeps senatus ammise che nel matrimonio e nella procreazione ci sono aspetti sgradevoli (ajniarav tina), ma, aggiunse, non  mancano i vantaggi. Ci sono per giunta i premi promessi dalle leggi:"kai; ta; para; tw'n novmwn a\qla", 8, 4).

 

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 Torniamo al Timeo  di Platone

Gli Ateniesi novemila anni prima avevano le stesse leggi degli Egiziani e pure migliori in quanto la loro città era stata disposta e organizzata dalla dea Atena in un luogo scelto dopo avere notato in esso la mitezza delle stagioni-th;n eujkrasivan tw`n wJrw`n ejn aujtw`/ katidou`sa- 24c6-7)

Gli Ateniesi si opposero all’imperialismo di Atlantide un’isola che posta davanti alle colonne di Eracle e più grande della Libia e dell’Asia messe insieme aveva invaso con tracotanza-u{brei- 24E 2 tutta l’Europa e l’Asia. Ma gli Ateniesi sconfissero gli invasori di Atlantide

 In tempi successivi, quando ci furono terremoti violenti e inondazioni, uJstevrw/ de; crovnw/ seismw`n ejxaisivwn kai; kataklusmw`n genomevnwn,   i guerrieri ateniesi sprofondarono tutti sotto terra e l’isola Atlantide allo stesso modo  sparì sommersa dal mare h{ te   jAtlanti;~ nh`so~ wJsauvtw~ kata; th`~ qalavtth~ du`sa hjfanivsqh-  (Timeo, 25C-D).

La storia di Atlantide si trova anche nel dialogo platonico Crizia ma per ora  torno a Nietzsche

 

La tragedia dopo Euripide sparisce ma la concezione dionisiaca del mondo sopravvive nei misteri. Fu l’ottimismo della scienza a uccidere la tragedia e la scienza deve raggiungere i limiti estremi perché la tragedia rinasca.

Cfr. Il Prometeo incatenato di Eschilo, il Frankestein  di Mary Shelley e La coscienza di Zeno di Svevo con la denuncia dei mali apportati dalle scoperte

 La scienza uccide il mito e senza mito non c’è poesia. Il nuovo ditirambo attico presentava una musica che riproduceva non la volontà stessa ma l’apparenza.

Era una musica intimamente degenerata. Aristofane colse nel segno riunendo nello stesso sentimento di odio Socrate, Euripide e i nuovi ditirambi attici la cui musica era ridotta in maniera scellerata a immagine imitatoria dell’apparenza e fu privata della sua forza creatrice di miti. Con il nuovo ditirambo la musica è divenuta una meschina immagine dell’apparenza, più povera dell’apparenza stessa.

Allora una battaglia diviene rumore di marcia e clangore di segnali. La musica è diventata schiava dell’apparenza. Euripide che aveva una natura non musicale era partigiano della nuova musica ditirambica.

 

Con Sofocle inizia l’affermarsi della rappresentazione dei caratteri e della raffinatezza psicologica. Il carattere non è più un tipo eterno  e lo spettatore non sente più il mito ma la verità naturalistica e la forza di imitazione dell’artista. C’è il piacere e il gusto del singolo preparato anatomico. Sofocle per lo meno dipinge ancora caratteri interi. Euripide presenta solo grandi tratti caratteristici che si rivelano in violente passioni; nella commedia attica nuova ci sono soltanto maschere con una sola espressione: vecchi frivoli, lenoni gabbati, schiavi scaltri in instancabile ripetizione. La musica diventa uno stimolante per nervi ottusi e consunti o musica descrittiva.

L’Edipo a Colono di Sofocle però mostra ancora nel modo più puro l’accento di una conciliazione proveniente da un altro mondo.  Ismene dice al padre: nu`n ga;r qeoiv sj ojrqou`si, provsqe d’ w[llusan (394), ora gli dèi che prima ti hanno abbattuto, ti raddrizzano,

Ma dopo Sofocle non c’è più consolazione metafisica, bensì l’eroe che fa un buon matrimonio o, come il gladiatore, viene prima scorticato poi riceve la libertà. E al posto della consolazione metafisica subentra il

deus ex machina. La consolazione metafisica degenera in culto segreto. La serenità greca diventa voglia di vivere senile e improduttiva. L’aspetto più nobile di questa tarda serenità è la serenità dell’uomo teoretico che dissolve comunque il mito e utilizza il dio delle macchine e dei crogiuoli.

 E’ il credere a una correzione del mondo per mezzo del sapere, credere a una vita guidata dalla scienza. Una canuta o calva assennatezza.

 

Bologna 15 gennaio 2023 ore 10, 38

giovanni ghiselli

p. s.

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[1] ll problema del calo demografico, adesso di nuovo attuale, era stato posto già nel II secolo a. C., per il mondo ellenico, da Ocello lucano e da Polibio il quale viceversa notava la virtù delle matrone romane. Nel libro XXXVI delle Storie  viene ricordata la crisi demografica della Grecia, una carenza di bambini e un generale calo di popolazione ("ajpaidiva kai; sullhvbdhn ojliganqrwpiva", XXXVI 17, 5) che hanno rese deserte le città, senza guerre né epidemie. In questo caso non si tratta di interrogare o di supplicare gli dèi poiché la causa del male è evidente: gli uomini hanno cominciato ad abbandonarsi all'arroganza, all'avarizia, alla perdita di tempo, a non volersi sposare, o se si sposavano, a non allevare i figli, tranne uno o due per poterli lasciare nel lusso. Basta poco dunque perché le case restino deserte, e, come succede per uno sciame di api, così anche le città si indeboliscano. Il rimedio è evidente: cambiare l'oggetto dei nostri desideri o fare leggi che costringano a crescere i figli generati. Non occorrono veggenti né operatori di magie!

 

 

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