Nietzsche 45
Omero, Sofocle e Nietzsche
Autori che possono aiutarci a diventare quello che siamo.
“Omero, poeta epico, viene presentato come tipicamente apollineo. Ma non è invece l’Iliade il più tragico dei poemi? Non chiama Platone , nel Teeteto e nella Repubblica , tragedia l’Iliade e “duce della tragedia” Omero? E non dice il filosofo Polemone “Omero un Sofocle epico e Sofocle un Omero tragico?”[1].
Giametta ha ragione: una Vita anonima di Sofocle conservata da alcuni manoscritti[2] e risalente al tardo ellenismo, ci dà alcune notizie interessanti sul poeta :"Gevgone de; kai; qeofilh;" oJ Sofoklh'" wJ" oujk a[llo" (12), Sofocle fu in rapporti amichevoli con gli dei quant'altri mai, il che corrisponde alla nostra interpretazione di poeta religioso, come del resto a quella di autore arcaicizzante un'altra notizia secondo la quale:"To; pa'n me;n ou\n oJmhrikw'" wjnovmaze (20), chiamava ogni cosa alla maniera omerica.
Bernard Knox afferma che il poeta di Colono "dimentica l'adattamento eschileo dello spirito eroico alle condizioni della polis, e fa ritorno ad Achille che, irriconciliabile, siede corrucciato nella sua tenda. Nei suoi eroi che affermano la forza della loro natura individuale contro i loro simili, la loro polis, e perfino i loro dei, egli ricrea ...la solitudine, il terrore e la bellezza del mondo arcaico"[3].
I personaggi di Sofocle non cedono mai alla pressione della norma.
“Le cose grandi devono rimanere prerogativa degli uomini grandi, gli abissi prerogativa dei profondi, le delicatezze e i brividi, prerogativa dei raffinati; in una parola: tutto ciò che è raro compete agli esseri rari”[4].
“I profondi. Gli uomini che pensano profondamente appaiono a se stessi commedianti nei rapporti con gli altri, perché allora, per essere capiti, devono sempre simulare una superficie”[5].
Una sintesi sull’arte ellenica. Nietzsche semplifica in maniera geniale
Lo sviluppo dell'arte ellenica è legato alla duplicità di due istinti artistici, l’apollineo e il dionisiaco, alla loro tensione dialettica e alla loro sintesi nella tragedia. Nietzsche divide la civiltà greca antica in grandi periodi determinati dalla lotta di questi due principi avversi:"dall'età del bronzo, con le sue titanomachie e la sua aspra filosofia popolare[6] si sviluppò, sotto il dominio dell'istinto di bellezza apollineo, il mondo omerico", poi "questa magnificenza "ingenua" venne di nuovo inghiottita dal fiume irrompente del dionisiaco", quindi "di fronte a questa nuova potenza l'apollineo si elevò alla rigida maestà dell'arte dorica e della visione dorica del mondo". Infine abbiamo la tragedia attica "come la meta comune dei due istinti, il cui misterioso connubio si è glorificato, dopo una lunga lotta precedente, in una tale creatura che è insieme Antigone e Cassandra"[7].
Considerazioni varie.
Gioire è bene e fa bene.
“Da quando vi sono uomini, l’uomo ha gioito troppo poco: solo questo, fratelli, è il nostro peccato originale! Imparare a meglio gioire è per noi il modo migliore di disimparare a far male agli altri e ad escogitare cose che fanno male”[8].
“Quale fu fino ad oggi sulla terra la colpa più grande? Non furono le parole di colui che disse: “Guai a coloro che ridono?” Forse non trovò sulla terra motivi per ridere? Allora aveva cercato male. Un bambino riuscirebbe a trovare questi motivi. Costui non amava abbastanza: altrimenti avrebbe amato anche noi che ridiamo! Ma egli ci odiò e ci insultò, ci promise pianto e stridore di denti…Evitate tutti questi fanatici! Essi hanno piedi pesanti e cuori afosi!: non sanno danzare. Come potrebbe la terra esser lieve per costoro!”[9].
Gioia per la gioia altrui: “ Il serpente che ci morsica vuol farci male , quindi se ne rallegra; anche l’animale più basso può raffigurarsi il dolore altrui. Ma raffigurarsi la gioia altrui e rallegrarsi di essa , è il più alto privilegio degli animali superiori, e, anche fra questi, è accessibile solo agli esemplari più eletti-cioè un raro humanum: sicché ci sono stati filosofi che hanno negato la possibilità di provar gioia per la gioia altrui”[10].
Strabone[11] nella sua Geografia[12] afferma che gli uomini imitano benissimo gli dèi quando fanno del bene, ma, si potrebbe dire anche meglio, quando sono felici (" a[meinon d j a[n levgoi ti", o{tan eujdaimonw'si", Geografia, X, 3, 9).
Anche l’arte dovrebbe nascere dalla gioia: i Greci “sentirono nella loro arte il traboccare e lo straripare del loro benessere e della loro salute (…) essi furono condotti all’arte dal godimento di sé; questi nostri contemporanei vi sono condotti dal disgusto di sé”[13].
Soggiacere all’opinione altrui procura infelicità.
Seneca:"nulla res nos maioribus malis implicat quam quod ad rumorem componimur " (De vita beata , 1, 3), nessuna cosa ci avviluppa in mali maggiori del fatto di regolarci secondo il "si dice".
E Nietzsche: “Faccenda spinosa. Accettare una credenza semplicemente perché essa è costume, significa: essere disonesti, essere vili, essere pigri”[14].
L’egoismo viene in genere criminalizzato, mentre viene santificato l’istinto del gregge. “La filosofia dell’antichità, invece, additava una diversa fonte principale dell’infelicità: a partire da Socrate i pensatori non si stancarono di predicare: “La vostra incapacità di pensare e la vostra stoltezza, il vostro vegetare secondo la norma, il vostro soggiacere all’opinione del vicino è la ragione per la quale giungete così di rado alla felicità”[15].
“L’istinto del gregge, contro il quale si batté per tutta la vita, è solo la degenerazione di un istinto sano e fondamentale, quello della solidarietà. In Nietzsche, purtroppo, non si incontra mai questa parola in questo senso, mentre la solidarietà pur s’incontra nella Grecia pagana a cui sempre Nietzsche si rifà”[16].
“Il bruto è il più tenace servo dell’assuefazione”[17].
Bologna 11 gennaio 2022 ore 10, 17
giovanni ghiselli
Sempre1310652
[1] S. Giametta, Introduzione a Nietzsche, p 114.
[2]P. e. nel Venetus Marcianus (V) con il titolo Sofoklevou" gevno", e nel Vaticanus (R) con il titolo Gevno" Sofoklevou".
[3] L'eroe sofocleo in La tragedia greca, guida storica e critica, a cura di C. R. Beye, pag.85
[4] Di là dal bene e dalmale, lo spirito libero, 43
[5] Umano, troppo umano II, prima parte, Opinioni e senenze diverse, 232
[6] Intendo la sapienza silenica ndr.
[7] F. Nietzsche, La nascita della tragedia, capitolo 4
[8] F. Nietzsche, Così parlò Zarathustra, Dei compassionevoli.
[9] F. Nietzsche, Così parlò Zarathustra, Dell’uomo superiore, 16.
[10] Umano, troppo umano II, Opinioni e sentenze diverse, 62
[11] 63 a. C.-23 d. C.
[12] Redatta nei primi anni del regno di Tiberio
[13] Umano, troppo umano II, Opinioni e sentenze diverse, 169.
[14] Aurora, libro secondo, 101.
[15] La gaia scienza, libro IV, 328
[16] S. Giametta, Nietzsche, Il pensiero come dinamite, p.71.
[17] G. Leopardi, Zibaldone, 1762.
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