NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

Ciclo di incontri alla biblioteca «Ginzburg». Protagonisti della storia antica

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giovedì 12 gennaio 2023

Nietzsche 51. Capitolo IV (pp. 34-39). Il commento alla Trasfigurazione du Raffello Urbinate.


 

La parte della vita trascorsa da svegli ci sembra la più importante, ma Nietzsche afferma l’opposta valutazione “riguardo a quel misterioso fondo dell’essere di cui siamo l’apparenza”. L’uno originario che veramente è ed eternamente soffre, è pieno di contraddizioni e ha bisogno della gioiosa illusione per liberarsi. Il mondo è la rappresentazione dell’uno originario, un’illusione, e il sogno è l’illusione di un’illusione, quindi una soddisfazione maggiore del bisogno di illuderci.

 

Nietzsche esamina la  Trasfigurazione di Raffaello:  Raffaello… ci ha rappresentato in un dipinto simbolico…il processo originario dell’artista ingenuo e insieme della cultura apollinea. Nella sua Trasfigurazione[1] la metà inferiore col ragazzo ossesso, gli uomini in preda alla disperazione che lo sostengono, gli smarriti e angosciati discepoli, ci mostra il rispecchiarsi dell’eterno dolore originario…l’illusione è qui un riflesso dell’eterno contrasto…Da questa illusione si leva poi, come un vapore d’ambrosia, un nuovo mondo illusorio, simile a una visione di cui quelli illuminati dalla prima visione non vedono niente-un luminoso fluttuare in purissima delizia…Qui abbiamo davanti agli occhi quel mondo di bellezza apollinea e il suo sfondo, la terribile saggezza del Sileno e comprendiamo la loro reciproca necessità”[2].

 

Il mondo dell’affanno è necessario per giungere alla visione liberatrice (cfr. tw`/ pavqei mavqo~). Apollo esige dai suoi la misura e, per poterla osservare, la conoscenza di sé. Dunque “Conosci te stesso” e “nulla di troppo”, mentre l’eccesso e l’esaltazione di sé sono i demoni della sfera non apollinea, dell’età titanica, del mondo barbarico.

Prometeo eccede nel suo titanico amore per gli uomini, Edipo nella saggezza che sciolse l’enigma della Sfinge e per questo dové precipitare in un travolgente vortice di atrocità.

Negano entrambi il principium individuationis, Prometeo cercando di confondere gli uomini con gli dèi, Edipo confondendo le generazioni.

 

Il titanico e il barbarico erano per i Greci una necessità, come l’apollineo.

Il demonico canto popolare si aggiunge al suono spettrale dell’arpa di Apollo. Questo impallidisce davanti a un’arte che nella sua ebbrezza dice la verità. La saggezza del Sileno grida il suo dolore contro i sereni dei olimpici. L’eccesso si svela come verità e vuole scalzare l’apollineo. Ma il dio delfico resiste. Lo stato dorico e l’arte dorica sono il campo di battaglia dell’apollineo. Un’arte così sdegnosa, un’educazione così guerriera e aspra, uno Stato così crudele e spietato si spiega come baluardo opposto alla natura titanico-barbarica del dionisiaco.

 

La lotta dell’ordine contro il caos è il tema di tutta la cultura greca arcaica e classica: non solo di quella letteraria, ma pure dell'arte figurativa: le sculture del maestro di Olimpia con la lotta tra Centauri e Lapiti del frontone occidentale del tempio di Zeus;

 le metope e i marmi  trafugati dal Partenone con centauromachia, amazzonomachia, gigantomachia, ora in gran parte nel British Museum  di Londra;

la gigantomachia, fregio dell'altare di Pergamo[3] che ora si trova a Berlino, esprimono la stessa idea . Infatti "non esiste…una vita nobile ed elevata senza la conoscenza dei diavoli e dei demoni e senza la continua battaglia contro di essi"[4], contro "giganti e titani, miticamente, gli eterni  nemici della cultura"[5].

 

Dunque secondo Nietzsche abbiamo 5 grandi periodi della civiltà

 

L’età del bronzo con le sue titanomachie (cfr. la gigantomachia sull’essere del Sofista di Platone)  con la sapienza silenica.

 

Da questa si sviluppò il mondo omerico pervaso dall’istinto apollineo della bellezza

 

Questa magnificenza “ingenua” rischiò di essere inghiottita dal fiume dirompente del dionisiaco orgiastico e barbarico.

 

Di fronte a questa nuova potenza si elevò nella rigida maestà dell’arte dorica e della visione  dorica del mondo.  

 

Ma il vertice e il fine di quegli impulsi artistici non è l’arte dorica bensì la tragedia attica e il ditirambo drammatico come meta comune dei due istinti, l’apollineo e il dionisiaco greco, il cui connubio ha generato questa strana creatura “che è insieme Antigone e Cassandra”

 

Bologna 12 gennaio 2022 ore 19, 01

giovanni ghiselli

p. s.

All time1311290

 

 

 

 



[1] 1518 ca. PinacotecaVaticana..

[2] La nascita della tragedia, capitolo 4

[3] 180-160 a. C.

[4] H. Hesse, Il giuoco delle perle di vetro, p. 293.

[5] J. Hillman, L'anima del mondo e il pensiero del cuore , p. 144.

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