Da Socrate, il Greco degenere, a Faust: “A un vero Greco come dovrebbe apparire incomprensibile Faust, l’uomo di cultura moderno in sé comprensibile, che si precipita insoddisfatto attraverso tutte le discipline, dedito alla magia e al diavolo per brama di sapere, che ci basta mettere a confronto con Socrate per vedere come l’uomo moderno cominci ad avere sentore dei limiti di quel piacere socratico per la conoscenza, e come dal vasto e deserto mare del sapere aneli a una costa!”[1].
Digressione sul Faust[2] di Goethe.
“Goethe, come pensatore, ha abbracciato le nuvole più volentieri che non sia giusto e Schopenhauer non può aggirarsi impunemente quasi di continuo fra le immagini delle cose, invece che tra le cose stesse”[3].
Nel testo di Goethe, Mefistofele presenta der Doktor Faust al Signore, che lo chiama il suo servo- meinen Knecht-, come uno che “non beve né mangia la roba della terra che non gli va più. La sua frenesia lo spinge lontano. Chiama dal cielo le stelle più belle-die schönsten Sterne- e dalla terra i tesori più fini, ma non c’è cosa vicina e lontana che calmi quel cuore in tempesta”[4].
Mefistofele scommette che il Signore perderà il suo servo se avrà il permesso di condurlo sulla “mia strada- ihn meine Strasse- (314). Il diavolo ha un metodo-
Nella scena Notte, il Dottor Faust si trova in un angusta stanza gotica dalla volta a sesto acuto e lamenta di vivere una vita che non è vita.
“Ho studiato a fondo filosofia, diritto e medicina e anche la teologia. Ho faticato e studiato” (354-357). Ma non ha trovato un rapporto vitale con la natura.
Quello che nel mio piccolo chiamo “borse di studio” (ndr.).
Mi chiamano Maestro, Dottore- Heisse Magister heisse Doktor- 360 ma sono dieci anni che prendo per il naso i miei scolari. Tanto non sapremo mai nulla! Ogni gioia mi è stata strappata. Non sono in grado di rendere migliori i miei studenti. Non ho averi né denaro né onori. Meno una vita che neppure un cane sopporterebbe. Perciò mi sono dato alla magia (377). Per vedere se mi svela qualche segreto. Per smetterla di cavillar sulle parole.
Insomma gli manca ogni soddisfazione spirituale e materiale.
Il regista russo Sokurov nel film Faust (2011) accentua la miseria del personaggio collocandolo in luoghi bui e desolati, trascurato nella persona e morto di fame.
Faust, chiuso nel suo “carcere, maledetta tana muscosa” aspira a una vita nel paradiso perduto della natura. “liberato dai fumi del sapere” che non è sapienza. “La scienza è una sorta di ricamo”, dice l’attore. Un ricamo, per giunta, improduttivo di “denaro, voluttà, sistemazione domestica”.
“Il punto di partenza non è più l’ignoranza, la selva oscura; ma la sazietà e vacuità della scienza, l’insufficienza della contemplazione, il bisogno della vita attiva. La sapiente Beatrice si trasforma nell’ignorante e ingenua Margherita; e Faust non contempla ma opera: anzi il suo male è stato appunto la contemplazione, lo studio della scienza, e il rimedio che cerca è ribattezzarsi nelle fresche onde della vita”[5].
Nel suo carcere non entra la luce, la più rallegrante delle cose.
Maledetto pertugio! Pieno di tanfo! Dove si intorbida perfino la cara luce del cielo-das liebe Himmelslicht-(400). Carcere ingombro della mole dei libri dove rodono i tarli e scende la polvere. Questo è il tuo mondo e questo si chiama mondo!” Das ist deine Welt! Das heisst eine Welt!” (419).
Non la natura viva ti sta intorno, la natura nel cui grembo Dio creò il mondo ma solo carcasse e stinchi di morti in mezzo al fumo e alla muffa (414-417)
E’ un rischio che noi studiosi corriamo. Poi apre un libro vede il segno de Macrocosmo e nota che tutte le parti sono connesse tra loro (447), ogni cosa opera e vive nell’altra. Ma non vorrebbe fermarsi a osservare e grida: “Dove afferrarti, infinita Natura? E voi mammelle, dove?- euch Brüste, wo ?” (Notte, 455-456). Gli manca la vita. Gli manca la donna.
Si legge qui tutta l’isoddisfazione dello studioso cui manca il contatto con la vita. Riportandoci a Nietzsche potremmo dire che gli manca il dionisiaco
“Sotto l'incantesimo del Dionisiaco non solo si stringe il legame fra uomo e uomo, ma anche la natura estraniata, ostile o soggiogata, celebra di nuovo la sua festa di riconciliazione col suo figlio perduto, l'uomo.
La terra offre spontaneamente i suoi doni, e gli animali feroci delle terre rocciose e desertiche si avvicinano pacificamente. Il carro di Dioniso è tutto coperto di fiori e ghirlande: sotto il suo giogo si avanzano la pantera e la tigre. Si trasformi l'inno alla gioia di Beethoven in un quadro e non si rimanga indietro con l'immaginazione, quando i milioni si prosternano rabbrividendo nella polvere: così ci si potrà avvicinare al dionisiaco. Ora lo schiavo è uomo libero, ora s'infrangono tutte le rigide, ostili delimitazioni che la necessità, l'arbitrio o la moda sfacciata hanno stabilite fra gli uomini. Ora, nel vangelo dell'armonia universale, ognuno di sente non solo riunito, riconciliato, fuso col suo prossimo, ma addirittura uno con esso, come se il velo di Maia fosse stato strappato e sventolasse ormai in brandelli davanti alla misteriosa unità originaria"[6].
Vediamo alcubìnu versi del primo Stasimo delle Baccanti.
Ant. b Il demone figlio di Zeus
gioisce delle feste,
e ama Irene che dona benessere,
dea nutrice di figli. 420
Uguale al ricco e a quello di rango inferiore
concede di avere la
gioia del vino che toglie gli affanni (vv. 417-423)
Quindi l'inno Alla gioia
Qusto è originariamente un componimento giovanile di Friedrich Schiller (1759-1805). Con questa ode Schiller intendeva esprimere la sua visione idealistica sullo sviluppo di un legame di fratellanza fra le persone: « L'uomo è per ogni uomo un fratello! Che tutti gli esseri si abbraccino! Un bacio al mondo intero! ».
Beethoven condivise questa visione e scelse di musicare la poesia di Schiller nel movimento finale della sua Nona Sinfonia, che compose nel 1823. Il risultato fu la famosa melodia dell''Inno alla gioia'.
An die Freude Freude,
schöner Götterfunken,
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Alla gioiaGioia, bella scintilla divina,
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Si ritrovano i seni della natura che danno gioia.
Concludo, per ora, citando di nuovo Nietzsche: “ Sulla terra sono molte buone invenzioni, le une utili, le altre gradevoli: per esse la terra è amabile. E certe cose vi sono così bene inventate, da essere come il seno della donna: utili e al tempo stesso gradevoli” (Così parlò Zarathustra, III, Di atiche tavole e nuove, 17)
Bologna 8 gennaio 2023 ore 11, 48 giovanni ghiselli
Sempre1309493
[1] La nascita della tragedia , capitolo 18
[2] Terminato nel 1831
[3] Umano, troppo umano II, Parte seconda. Il viandante e la sua ombra, 214.
[4] Faust, prima parte. Prologo in cielo vv. 300-307-
[5]F. De Sanctis Storia della letteratura italiana, 1, p. 155.
[6] F. Nietzsche, La nascita della tragedia, capitolo 1.
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