Si ricorderà che Nietzsche nel capitolo 14 del suo lavoro giovanile La nascita della tragedia critica Euripide scrivendo che i suoi personaggi, volendo difendere le loro azioni con ragioni e controragioni, rischiano di non suscitare più la nostra compassione tragica.
Ebbene, successivamente la compassione viene ripudiata da Nietzsche
“Io annovero il superamento della compassione fra le virtù nobili: nella “Tentazione di Zarathustra”[1] ho narrato in poesia il grande grido d’aiuto che un giorno gli giunge, quando la compassione, come ultimo peccato, vuole assalirlo di sorpresa, vuole sottrarlo a se stesso”[2].
“Gli altri affetti hanno un’azione tonica: ma solo due affetti depressivi-e questi sono quindi particolarmente dannosi e malsani-la compassione e la paura, dovevano, secondo Aristotele, venire espulsi dall’uomo mediante la tragedia come purgante: la tragedia, eccitando a dismisura questi stati pericolosi, ne redime l’uomo-lo rende migliore. La tragedia come cura contro la compassione”[3].
Si ricorderà la catarsi della Poetica di Aristotele :"La tragedia è dunque imitazione di azione seria e compiuta (mivmhsi~ pravxew~ spoudaiva~ kai; teleiva~) che, con una certa estensione e con parola ornata (hJdusmevnw/ lovgw/) di attori che agiscono e non attraverso un racconto, per mezzo di pietà e terrore, compie la purificazione da tali affezioni"(di j ejlevou kai; fovbou peraivnousa th;n tw'n toiouvtwn paqhmavtwn kavqarsin, 1449b, 28).
“la compassione, in quanto crea realmente una sofferenza, e sia questo ora il nostro unico punto di vista, è una debolezza come lo è perdersi in un’affezione dannosa. Essa cresce il dolore del mondo” [4].
“Fare oggetto di compassione significa lo stesso che disprezzare”.
“Aristotele ritiene che l’eccesso di compassione e di timore si scarichi mediante la tragedia, che lo spettatore torni a casa più freddo. Platone ritiene invece che lo spettatore diventi più emotivo e pauroso che mai”[5].
Non si deve palare di compassione senza fare distinzioni. Inutile o dannosa è quella che si limita alla chiacchiera o alle lacrime, quella passiva e spesso ipocrita cioè recitata lacrimis confictis, mentre la compassione attiva, che condivide il dolore per portare aiuto è proficua e santa. Anche il grande Nietzsche può essere criticato e corretto.
La dialettica e l’intrigo prevalgono sulla musica. “ La coscienza socratica e la sua fede ottimistica circa il legame necessario di virtù e sapere, di felicità e di virtù, ha avuto l’effetto, su buona parte delle opere di Euripide, di aprirsi nell’epilogo a una prospettiva d’un’esistenza ulteriore del tutto confortevole, per lo più grazie a un matrimonio…Se virtù è sapere, l’eroe virtuoso dev’essere un dialettico…troppo spesso l’eroe che dialettizza eticamente appare come un araldo della realtà banale e del filisteismo…con Sofocle inizia il declino graduale, finché Euripide con la sua reazione consapevole alla tragedia eschilea chiude precipitosamente la partita…a questo proposito può essere fatta valere una testimonianza non certo di poco conto, quella di Aristofane, il quale è selettivamente affine a Euripide come nessun altro. Si sa, solo il simile riconosce il simile”[6].
“per lo più grazie al matrimonio” è una sciocchezza riferita a Euripide. Nelle sue tragedie il matrimonio viene sconsigliato da diversi personaggi siccome porta dolore. Questa è una conferenza del gennaio 1870 Nietzsche aveva 25 anni compiuti da poco. Un errore scusabile in un ragazzo.
Ancora sulla musica, sentiamo il giovane Nietzsche influenzato da Schopenhauer: l’artista “per mezzo del suono esprime gli intimi pensieri della natura: non solo il genio della specie, come nel gesto, ma il genio dell’esistenza in sé e cioè la volontà si fa qui immediatamente comprensibile…con il suono egli dissolve il mondo dell’apparenza nella sua originaria unità e il mondo di Maia si annichilisce di fronte al suo incantesimo”[7]. L’epica “porta all’arte figurativa”, la lirica alla musica; “il piacere dell’apparenza domina l’epica, la volontà si manifesta nella lirica”[8].
“Gradualmente i personaggi prendono a parlare con una tale esibizione di sagacia, di lucidità, di acutezza che a leggere una tragedia di Sofocle c’è veramente di che restare confusi. Per noi è come se tutte quelle figure andassero in rovina non in base al tragico, ma per una sorta di superfetazione dell’elemento logico”[9].
In effetti Sofocle tende a smontare il lovgo~ dei suoi personaggi: Edipo è colpevole poiché riconosce solo tardi i limiti della sua intelligenza. Il peccato di Edipo è la presunzione intellettuale che il re di Tebe manifesta con queste parole: "arrivato io,/ Edipo, che non sapevo niente, la[10] feci cessare,/ azzeccandoci con l'intelligenza (gnwvmh/ kurhvsa" ) e senza avere imparato nulla dagli uccelli" (vv. 396- 398).
“La punta della sapienza si rivolge contro il sapiente, la sapienza è un delitto contro la natura”[11].
La sapienza fasulla di Edipo viene smontata dagli eventi nel corso del dramma.
Nietzsche sarebbe, secondo H. Hesse, il tipico intellettuale tedesco.
"L'intellettuale tedesco è sempre stato un frondista contro la parola e contro la ragione e ha fatto l'occhiolino alla musica"[12].
La fronda contro la parola può permettersela chi sa fare un uso sapiente, completo, elegante della parola: l’ignoranza del Verbum e dei verba diffusa oggi permette un uso scorretto, confuso spesso incomprensibile delle parole. Da cinefilo biasimo le storpiature delle parole nei film recitati nella nostra lingua madre vilipesa come fosse un dialetto usato nei bordelli dei bassifondi e trovo insopportabile il doppiaggio da parte di gente che non sa nulla della dizione comprensibile e non si cura di farsi capire dagli spettatori.
La cultura greca è logocentrica.
“Dove la musica è di casa. La musica raggiunge la sua grande potenza solo fra gli uomini che non possano o a cui non sia dato discutere (…) I Greci, come popolo amante del parlare e del discutere, hanno perciò sopportato la musica solo come companatico di arti sulle quali si può veramente discutere e parlare, mentre sulla musica si può difficilmente pensare in modo pulito.
I pitagorici, quei Greci per molti versi eccezionali, furono, come si dice, anche grandi musicisti: gli stessi che inventarono il silenzio di cinque anni, ma non la dialettica”[13].
La poesia lirica musicata e impolitica in effetti è assente dall’Atene democratica. Per questa assenza Leopardi fa una colpa alla città di Pericle.
La musica senza parole può dirsi impolitica. A me piace soprattutto il melodramma per la presenza delle parole.
Per la musica e la politica voglio ricordare Shakespeare e T. Mann
Shakespeare, Giulio Cesare (1599-1600)
Il potere non vuole che gli uomini siano snelli e pensino.
Cesare dice ad Antonio: “Let me have men about me that are fat/sleek-headed men, and such as sleep a-nights.-Yond Cassius-has a lean and hungry look;/he thinks too much; such men are dangerous”, intorno a me ci siano uomini grassi con la testa curata e che dormano la notte ( Giulio Cesare, I, 2, 191-194), quel Cassio ha l’aria dello snello affamato; pensa troppo; uomini del genere sono pericolosi.
Quindi Cesare aggiunge: Would he were fatter” (I, 2), vorrei che fosse più grasso. Legge molto, è un grande osservatore, sa scrutare. Non lo temo, ma se il mio animo fosse soggetto al timore, non conosco uomo che eviterei più prontamente di quell’asciutto Cassio as that spǎre Cassius. Tra l’altro he loves no plays, as tou dost, Antony; he hears no music (I, 2, 197 sgg.)
Forse anche Cassio considera la musica “politicamente sospetta”, come il Settembrini della Montagna incantata di T. Mann
Disse che non gli piaceva ascoltare la musica a comando e anche quando puzzava di farmacia e veniva inflitta per ragioni sanitarie.-“ La musica è qualcosa di non completamente articolato, di ambiguo, di irresponsabile, di indifferente (…) e in tanto pericolosa in quanto ci tenta e ci seduce ad acquietarci in lei. Lasci che la musica assuma le movenze della nobiltà d’animo. Ebbene! Per tramite di quelle movenze infiammerà i nostri sentimenti. Tuttavia quello che conta è infiammare la ragione! In apparenza la musica è il movimento stesso… eppure io l’ho in sospetto di quietismo. Mi permetta di esasperare il mio punto di vista
: nutro nei confronti della musica un’avversione politica (…) La musica è impagabile quale mezzo supremo per suscitare entusiasmo ma deve essere preceduta dalla letteratura. La musica, da sola, non fa progredire il mondo. La musica, da sola, è pericolosa” Settembrini è un cultore della parola doppiamente articolata in significanti e significati.
“L’arte in quanto morale è capace di svegliare. Ma che succede se fa il contraio? Se stordisce, se addormenta, se opera in senso opposto all’attività e al progresso. Anche questo può fare la musica che conosce perfettamente l’effetto degli oppiacei! Un effetto diabolico perché procura stordimento, inerzia, inattività, servile ristagno…la musica, signori miei, ha qualcosa di inquietante. Insisto nel dire che è per sua natura ambigua. Non mi spingo troppo innanzi se la dichiaro politicamente sospetta”[14].
Settembrini insomma nutre il sospetto dunque che la musica sia reazionaria e fautrice di irrazionalità
Arte e natura“I Greci (o perlomeno gli Ateniesi) ascoltavano volentieri chi sapeva parlare: anzi avevano per questo una tendenza bramosa che più di oni altra cosa li distingueva dai non Greci. E così anche dalla passione scenica pretendevano che sapesse ben parlare e subivano deliziandosene l’innaturalezza del verso drammatico (…) è per noi un incanto, quando l’eroe tragico trova ancora parole, ragioni, atteggiamenti eloquenti e insomma una chiara intellettualità, mentre la vita si approssima agli abissi e l’uomo reale perde per lo più la testa e sicuramente le belle parole”[15].
Bologna 10 gennaio 2022 ore 11, 20 giovanni ghiselli.
p. s.
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[1] Tentazione di Zarathustra è uno dei titoli che nietzsche nel suo ultimo periodo torinese progettava per la nuova pubblicazione del quarto Zatathustra.
[2] Ecce homo, Perché sono così saggio, 4
[3] Frammenti postumi, primavera 1888, 15 (10).
[4] Aurora, libro secondo, 134
[5] Frammenti postumi, ottobre-dicembre 1876, 19 (99)
[6] Nietzsche, Socrate e la tragedia, in Verità e menzogna citato, p. 62
[7] La visione dionisiaca del mondo, in Verità e menzogna, p. 85.
[8] Op. cit. p. 86.
[9] Nietzsche, Socrate e la tragedia, in Verità e menzogna p. 61
[10] La Sfinge.
[11] La nascita della tragedia, capitolo 9.
[12] H. Hesse, Il lupo della steppa, p. 181.
[13] Umano, troppo umano II, parte seconda, Il viandante e la sua ombra, 167.
[14] T. Mann, La Montagna incantata, IV capitolo Politicamente sospetta! (p. 164-166)
[15] La gaia scienza, libro secondo, 80
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