venerdì 27 giugno 2025

Ifigenia CXCI. Il ritorno a Bologna. La desolazione.

Dopo cena gli altri ballavano. Ifigenia li osservava e commentava malevolmente. Eravamo entrambi a disagio per la vicinanza reciproca dei corpi  smentita del tutto da quella mentale. Coppia sciagurata, male assortita. Invece del Fandango stavamo facendo una marcia per il fango.

Mille volte meglio la solitudine  che un accoppiamento siffatto. Quella notte imparai la lezione che conduce a una vita da anacoreta. Splendido o sordido secondo i momenti. Non avrei rifiutato altre relazioni in seguito, ma le avrei affrontate con cautela ognora più vigile  e riserva mentale sempre maggiore. Avrei cercato donne non sposabili o perché già sposate o per altre ragioni. Sono arrivato alla conclusione che un matrimonio è cosa più triste di un funerale. Niente mi avrebbe più tolto dalla testa che quella del marito per me sarebbe stata la situazione più infernale e disastrosa, quella del fidanzato la più ridicola e assurda. Corteggiare, parlare, fare l’amore, perfino volersi bene e aiutarsi, se era possibile, però ammogliarmi mai: meglio morire piuttosto. 

Siamo arrivati dunque allo scoccare del 1981. Le prime frecce dell’anno mi avevano già ferito. Restammo là fino alle due, quindi le dissi che se voleva, si poteva partire. Entrato nella bianca Volkswagen e acceso il motore, notai che gli ultimi due numeri del contachilometri erano 1 e 7. “Diciassette porta sfortuna a chi?” Mi domandai. “A chi se la merita, non a me - risposi - non finiremo insieme quest’anno. Inizierò a scrivere la storia politica della mia vita e di quella di tanta gioventù europea. Mi salverò così.”

In giugno Ifigenia cercò di ripetere con un attore famoso la parte che aveva provato con me e avrebbe ripetuto con altri, sempre con scarso successo. L’avevo aiutata nel suo debutto quale docente supplente. Ma questo non le era bastato. Vero è che allora posavo a esteta e seduttore, tuttavia non mi mancava un briciolo di coscienza etica. L’avevo manifestata con Helena finnica la notte che l’aiutai a non soffrire chiedendole scusa per una mia leggerezza troncata appena iniziata. La donna bella e fine mi contraccambiò con il suo comportamento dallo stile non plebeo, cioè non affettato, non artefatto. Gli uomini di successo che Ifigenia voleva strumentalizzare avrebbero rovesciato la sua intenzione usandola senza darle quanto agognava. Il successo senza morale è schifezza, una porcheria che, come fa  la pubblicità a ogni ora e come e faceva Circe nel trasformare gli uomini in porci: hJ suw`n morfwvtria la chiama Cassandra nelle Troiane di Euripide (v. 437 se volete vedere il contesto).

Perché tante citazioni? Perché chi scrive deve dare voce non solo a se stesso, ma pure echeggiare la cultura europea. Sentivo già allora un forte di umanesimo e di umanità. La cultura, la politica, perfino lo sport senza umanità è porcheria. Percorremmo la valle Seriana all’ingiù, infilammo l’autostrada e tornammo a Bologna. Durante il viaggio, per non addormentarmi, ogni tanto interrompevo il silenzio e il suo sonnecchiare. Le domandai se avesse perduto ogni fiducia nel nostro rapporto. Rispose che aveva perduto soltanto l’occasione di andare in discoteca tra gente simpatica divertendosi certamente più che in quel mortorio di Bratto. Moribunda mulier” sei tu, pensai.

“Del resto - aggiunse cinicamente, e sfacciatamente dopo tale serata - se il patto di Capodanno ha valore e restiamo insieme per sempre, forse vale la pena di fare sacrifici anche pesanti come questo e altri che mi hai imposto”. “Questa tira a farsi sposare per darmi la fregatura più grande di tutte, quella definitiva e mortale”, pensai. Poi risposi: “ieri abbiamo giurato”. Senza dire che cosa. Senza chiarire che mentalmente avevo giurato di non sposarla mai. Con una così era necessario equivocare per salvarsi. Però un chiarimento dovevo darglielo: “Adesso ti avverto che non sopporterò più la tua maleducazione nei confronti delle persone a me care come Margherita e Fulvio”. Ammise di essere stata poco gentile in certe circostanze dove io l’avevo inserita mettendola a disagio.

La portai a casa sua e finalmente andai a letto. Mi domandai quanto potesse durare ancora un rapporto tanto sciagurato, falso e penoso. “Finché ci sarà qualche utile da trarne, fino a quando il profitto prevarrà sulla perdita. E’ sicuramente finita la fase dell’amore gratuito e bello. La scena di questo patto di amore eterno, aeternum hoc sanctae foedus amicitiae, è soltanto una delle sue commedie. L’ha recitata per prendere tempo, per vedere la mia reazione e capire che cosa può ricavare ancora dal nostro rapporto. Probabilmente  ha pensato: 'Matrimonio, divorzio, alimenti'. Di sicuro aveva buttato per terra ogni sentimento buono verso di me e l’aveva calpestato con ira e disprezzo. “Molto meglio perderla che averla trovata et saepe desperatio spei causa est”, mi consolai.


Bologna 27 giugno  2025 ore 16, 13  giovanni ghiselli


 p. s.

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