PER VISUALIZZARE IL GRECO CLICCA QUI E SCARICA IL FONT HELLENIKA
Il 16 ottobre del 43 vennero deportati gli Ebrei del ghetto
di Roma dai Tedeschi. Una ferita insanabile ha detto Mattarella. E anche “monito
permanente per la nostra civiltà”
Certo, ma avrebbe dovuto anche ricordare, con almeno altrettanto logos e uguale pathos, l'altra ferita non meno insanabile costituita dal bombardamento americano del popolare, antico e nobile quartiere San Lorenzo con il massacro di non pochi dei suoi abitanti. Un crimine perpetrato il 19 luglio di quello stesso 1943.
Così come un altro 11 settembre da ricordare è quello del 1973.
Certo, ma avrebbe dovuto anche ricordare, con almeno altrettanto logos e uguale pathos, l'altra ferita non meno insanabile costituita dal bombardamento americano del popolare, antico e nobile quartiere San Lorenzo con il massacro di non pochi dei suoi abitanti. Un crimine perpetrato il 19 luglio di quello stesso 1943.
Così come un altro 11 settembre da ricordare è quello del 1973.
Ignorare del tutto il bombardamento su San Lorenzo o le
bombe atomiche gettate sui civili giapponesi, e commemorare ogni anno i crimini
commessi dai nazisti, tutti crimini efferati, dipende dal fatto che da una
parte ci sono i vincitori-lo hanno fatto per liberare il mondo, dall’altra i
vinti degni di ogni sdegno.
“The history of
civilization, from the destruction of Carhage and Jerusalem to the destruction
of Dresden, Hiroshima, and the people, soil, and trees of Vietnam, is a tragic
record of sadism and destructiveness” (E. Fromm, The anatomy of human
destructiveness, p. 192), la storia della “civiltà” dalla distruzione di
Cartagine e Gerusalemme, alla distruzione di Dresda, Hiroshima, e del popolo,
del suolo, degli alberi del Vietnam, è un documento tragico di sadismo e
distruttività.
I racconti che sopravvivono sono quelli scritti da autori
protetti, sovvenzionati, elogiati dai vincitori.
Polibio ospite degli Scipioni, cantore dell’imperialismo
romano, critica quasi tutti i suoi colleghi storiografi.
Ma suo
obiettivo polemico è soprattutto Filarco[1]
considerato uno storico "tragico" poiché ha cercato di colpire la
sfera emotiva dei lettori, adoperandosi per invitarli alla compassione e
renderli partecipi dei suoi sentimenti riguardo a quanto viene raccontato. Egli
dunque introduce abbracci di donne (periploka;"
gunaikw'n) e chiome scarmigliate (kovma"
dierrimmevna"[2])
e denudamenti di seni (mastw'n
ejkbolav"), e, oltre questo, lacrime e lamenti di uomini e donne (davkrua kai; qrhvnou" ajndrw'n kai;
gunaikw'n) trascinati via alla rinfusa con figli e vecchi genitori (Polibio,
Storie, II, 56, 7).
Ci fu
l'eccidio di Mantinea. Nel 223, durante la guerra cleomenica, questa cittadina
dell’Arcadia fu conquistata dai Macedoni alleati degli Achei: secondo Filarco e
Plutarco vissuto del resto secoli più tardi (Vita di Arato 45, 6-9) essa subì un massacro che Polibio tende a
nascondere o minimizzare. In II 54 lo storico di Megalopoli si limita a dire
che Antigono Dosone dopo essere stato nominato capo delle forze alleate della
lega ellenica costituitasi contro Sparta e gli Etoli, riuscì a sottomettere
prima Tegea poi Mantinea, che nel 229 erano state prese da Cleomene. Filarco
viene biasimato per avere "faziosamente" descritto le sofferenze di
questa gente.
Una critica del genere venne
fatta anni fa da alcuni personaggi della nostra televisione a chi raccontava
gli orrori della guerra in Iraq: per esempio “Giuliano Ferrara che di fronte
alle prove fotografiche della tortura fornite dalle stesse autorità americane,
sproloquia di “episodi circoscritti” (almeno venticinque prigionieri morti per
le sevizie dei militari Usa!), del virus che “ci indebolisce nella guerra”: non
la tortura, beninteso, ma “la voracità morbosa di dire che è colpa
dell’Occidente, di pubblicare immagini delle torture degli occidentali”. Cioè
quel poco di spirito autocritico rimasto nelle opinioni pubbliche democratiche”[3].
Bologna 16 ottobre 2018 giovanni
ghiselli
p. s non scrivo solo per me e per
i miei amici. Il mio blog oggi alle18, 45 è arrivato a 676864 visite (media di
120 mila all’anno)
queste sono le visite di oggi, a
quest’ora.
Italia
|
232
|
Stati Uniti
|
141
|
Ucraina
|
27
|
Russia
|
10
|
Regione sconosciuta
|
6
|
Australia
|
4
|
Irlanda
|
4
|
Portogallo
|
3
|
Canada
|
2
|
Germania
|
2
|
[1] nato a Naucrati ma vissuto ad Atene, nel III secolo,
autore di Storie in 28 libri che
andavano dal 272 al 219, anno della morte di Cleomene III, il re di Sparta ben
visto da questo autore e mal visto da Polibio il quale dichiara di seguire le Memorie di Arato, stratego della lega
Achea, per la narrazione della guerra cleomenica che oppose Sparta ed Etoli ad
Achei e Macedoni. Filarco, ci informa Mazzarino, "ha capito il genio di
Cleomene III e la necessità della rivolta sociale, in mezzo al tramonto della
gloriosa libertà greca. Michele Rostozev (Die
hellenistische Welt , trad. ted., I, 146) ha detto benissimo:"la Grecia era dalla parte di
Filarco, e non da quella di Arato e degli Achei difesi da Polibio" (Il Pensiero Storico Classico , II, 1, p.
126). Arato potenziò la lega achea, operò e scrisse in favore degli abbienti,
mentre Filarco era favorevole a Cleomene III di Sparta. Questo re riformatore
fu sconfitto a Sellasia, non lontano da Sparta, nel 222, da Antigono Dosone di
Macedonia e dallo stratego acheo Filopemene, e per tale ragione gli scrittori
suoi partigiani possono essere accusati di menzogna dallo storico partigiano
dei vincitori nei quali si è incarnata la verità.
[2] Secondo Polibio sono gesti che si confanno alle
tragedie, non alla storiografia. Per quanto riguarda gli abbracci di donne,
nelle Troiane di Euripide, per
esempio, Andromaca abbraccia il figlio che a sua volta si rifugia tra le ali
della mamma come un uccellino: "neosso;" wJsei; ptevruga" ejspivtnwn
ejmav"", v.751. Per le chiome
scarmigliate, o scagliate[2] c'è
il ricordo delle Baccanti: "truferovn te plovkamon eij"
aijqevra rJivptwn"(v. 150)
scagliando nell'aria i riccioli molli, un ricordo che ho ravvisato anche in un
quadro di Picasso del 1922 Deux femmes courant
sur la plage (Parigi, museo Picasso).
[3]
M. Travaglio, La scomparsa dei fatti,
p. 124.
Nessun commento:
Posta un commento