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Federico Faruffini, La lettrice |
A
un tratto Kaisa mi domandò che cosa pensassi di fare.
“Un’orgia
santa con te”, pensai “Devo insegnarti la festività orgiastica e redimerti da
ogni possibile tetraggine iperborea, devo darmi da fare con tutte le forze
seduttive che ho, perché la coppia che sto dividendo non riprenda troppo presto
la vicinanza. Devo farlo, però con aspetto pacifico”.
Invece
risposi che mi stavo domandando come potesse andare a finire tra noi. Mi guardò
con aria indecisa.
Allora
le chiesi “Tu che cosa auspichi, Kaisa?”.
“Adesso
non lo so” fece. “Quando mi sono sposata, pensavo che la cosa migliore fosse
maritarmi, appunto. Ora tu ti proponi come amante, e non senza argomenti. Ma
parliamo di altro”.
“Di
che cosa?”. “Dei nostri studi, delle nostre ambizioni. Io voglio rimanere
all’Università (1)”.
“Io
sono più modesto, per ora punto al liceo classico. Ma in questo momento, se
devo dire la verità punto a te, a te sopra a tutto.
Tuam
simplicem pietatem de recta via conabor avertere ut cum me in horto voluptatis
ambules (2)”.
“Molto
bello il tuo latino, da chi lo derivi?”
“Da
Agostino, una citazione con qualche ritocco, non un plagio. Del resto tu mi
insegni che tutta la cultura è imparentata con se stessa”
“Sì,
è così. Ma tu, Gianni, che cosa vuoi fare di me?”.
Mi
venne in mente una battuta dell’Edipo re di Sofocle (3), il testo
che mi ha dato di più, l’opus sublime della letteratura mondiale
secondo me.
Mi
chiesi se fosse un segno buono o cattivo questo ri-uso forse inconsapevole di
una tale tragedia da parte sua.
“Quale
beatitudine può derivarti dal saperlo? Comunque te lo dico: voglio fare di te
la mia donna, cioè la mia domina, la mia padrona” risposi.
“Ma
io non voglio un servo”.
“Sarò
il tuo diacono [4] allora, un diacono laico. Con questo intendo che
non voglio fare voto di castità. Capisco però che l’accesso al tuo letto devo
meritarmelo impiegando tutti i talenti che ho. Altrimenti meriterò di bruciare
nella solitudine”.
“Quali
sarebbero i tuoi talenti?”.
“Buon
gusto, buona salute: questo braccio ingessato è provvisorio. Carattere buono,
ossia volto al bene, al bello, a tutto quanto è positivo, insomma a te”.
“Se
sono così positiva, come posso tradire mio marito?”
“Dirigendo
bene l’intenzione (5). Ti proporrai per fine delle tue azioni uno scopo
permesso. Potresti, per esempio, dire a te stessa: ‘esco con Gianni per parlare
di linguistica’. Poi se questo demone qui seduto davanti a te, se un tale
diavolo dissoluto ti indurrà in tentazione e ti farà rompere la fede, questo
non macchierà in nessun modo la purezza della tua buona intenzione. La colpa,
se si può parlare di colpa, sarà solo mia. Tu rimarrai pura siccome un angelo
(6)”.
“È
il metodo dei Gesuiti è vero?”
“Sì,
l’ho imparato da Le provinciali di Pascal, e ora voglio vedere
se funziona”
“Non
posso negare che qualche talento ce l’hai”.
“Questo
è niente: vedessi come nuoto, come corro, come scalo i monti in bicicletta! In
discesa magari talora cado.” E indicai il gesso. “So fare bene diverse cose non
facili, utili e belle senza sforzo. Credo che questo sia lo stile. Non menziono
altre capacità mie, siccome non ti mancherà l’occasione di provarle. Te la darò
molto presto”.
“Se
non farai presto, tornerò in Finlandia ancora moglie ancora virtuosa. Non
abbiamo molto tempo davanti”.
“Tu,
come il dio di cui c’è l’oracolo a Delfi, non dici tutto, né nascondi, eppure
significhi”, dissi ricordando Eraclito, mentre provavo un’allegrezza forse un
po’ scellerata, da certi punti di vista, per avere indotto in tentazione
evidente la giovane sposa e madre. Poi aggiunsi:
“Di
fatto, questa nostra occasione favorevole potrebbe non tornare mai più. Se non
l’acciufferemo, l’avremo perduta per sempre. Tu sai che è calva di dietro (8)”.
“Questo
da chi l’hai preso?”
“Da
Christopher Marlowe, L’ebreo di Malta. Con te mi lascio andare alle
citazioni dei classici che amo perché so che sei in grado di apprezzarle. Ora
scusami un momento”.
Mi
alzai per andare in bagno.
1. Con
il volgere delle stagioni sarebbe diventata una degli “Optimates”, nel
senso ciceroniano, della scuola finlandese. Ecco la definizione che ne dà l’Arpinate
nell’orazione Pro
Sestio (del 56 a. C. ) : “Omnes optimates sunt
qui neque nocentes sunt, nec natura improbi nec furiosi, nec malis domesticis
impediti” (97), sono tutti ottimati quelli che non sono nocivi, né per
natura malvagi né squilibrati, né inceppati da difficoltà familiari
2. Cfr.
Agostino, De civitate Dei XII, 18, 2
3. Cfr.
Sofocle, Edipo re, 738: w\
Zeu`, tiv mou dra`sai bebouvleusai peri;
4. oJ diavkono~ significa
anche “il servo”.
5. Cfr.
Blaise Pascal, Le provinciali, VII Lettera
6. Cfr.
Verdi - Piave, Traviata, II, 5.
7. Fr.
120 Diano
8. C.
Marlowe, L'ebreo di Malta, V, 2, 5
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