Annibale Carracci, dal Fregio di Giasone e Medea |
III libro
Apollonio invoca
Erato la musa della poesia amorosa e le chiede di raccontare come Giasone
superò le prove Mhdeivhς ujp j e[rwti grazie all’amore di Medea. Era e Atena si consultano. Era suggerisce di
andare da Afrodite perché mandi Eros ad ammaliare Medea facendola innamorare di
Giasone che può farcela con le astuzie di lei.
Vanno alla mevga dw'ma di Afrodite costruita da Efesto.
Cipride si pettinava
lasciando cadere da ambo le parti i capelli e facendone delle trecce - plokavmouς - 47. La dea accoglie le altre due
raccogliendo le chiome non curate dal pettine. Chiede la ragione della visita
insolita da parte delle due dèe più grandi.
Era raccomanda
Giasone che la prese sulle spalle in veste di povera vecchia e le fece passare
il fiume Anauro. Inoltre non vuole che rida di lei Pelia che le ha tolto
l’onore dei sacrifici (cfr. l’orrore della derisione nella Medea di Euripide e nell’ Aiace
di Sofocle).
Era chiede quindi
l’intervento di Eros per ammaliare Medea che può aiutare Giasone in quanto la
ragazza è dolovessa 89
(cfr. Odisseo). Afrodite dice che il figlio non si cura molto di lei, ma ci
proverà. Andò a cercarlo e lo trovò nel giardino fiorito di Zeus che si
trastullava con Ganimede. Giocavano con gli astragali ossicini usati come dadi.
Cfr. i bambini nella
letteratura ellenistica Zopirino delle Siracusane
di Teocrito, p. e.
Eros insaziabile (mavrgoς 120) ingannava Ganimede e vinceva. La madre
promette a Eros una sfai'ra veloce,
quella che fece per Zeus la nutrice Adrastea nell’antro dell’Ida. E’ fatta di
cerchi dorati e, lanciata per aria, lascia un solco splendente ajsth;r w{ς, come una cometa. Eros la vorrebbe subito,
ma la madre pretende prima il favore. Allora Eros contò gli astragali e li
depose nello splendido seno della madre ka;d j de; faeinw'/
bavle kovlpw/ mhtrovς 155.
Intanto Giasone
parla ai compagni e dice che andrà da Eeta con i figli di Frisso. Cercherà di
convincerlo con la parola. Spesso il discorso ottiene più dell’azione.
Intanto Giasone
parla ai compagni e dice che andrà da Eeta con i figli di Frisso. Cercherà di
convincerlo con la parola. Spesso il discorso ottiene più dell’azione. Eeta ha accolto
Frisso poiché anche il più cane degli uomini kuvntatoς ajndrw'n 192 rispetta la legge di Zeus protettore degli ospiti qevmin Zeno;ς xeinivou
Giasone
si mosse con i Frissidi, poi
Telamone e Augia figlio del Sole.
Videro su un colle
dei cadaveri di uomini appesi a degli alberi. Era un cimitero. Le donne invece
vengono inumate.
Era li nascose con una nebbia come fece Atena
con Odisseo giunto tra i Feaci (Od.
VII, 14-17). Il palazzo di Eeta ricorda quello di Alcinoo VII 81-83.
Eeta aveva come
figli Assirto partorito da Asterodea una ninfa del Caucaso; poi da Idea, figlia
di Oceano e Teti, aveva avuto Calciope e Medea che era sacerdotessa di Ecate.
Medea vide gli Argonauti e gridò. Uscirono le ancelle e Calciope che vide i
suoi figli. Poi escono Eeta e la sua sposa Idea
Ma giunse anche
Eros, violento come l’assillo oi\stroς 276 che si scaglia sulle giovani vacche e i mandriani chiamano muvwpa tafano. Eros prese una freccia foriera di
pene poluvstonon
ijovn (279 stovno" gemito.). Scagliò il dardo contro Medea. Una
incapacità di parlare le prese l’anima di lei th;n
ajmfasivh lavbe qumovn (284). La freccia ardeva bevloς ejnedaiveto sotto il cuore della fanciulla flogi; ei[kelon, come una fiamma. Guardava Giasone e
consumava l’animo in un dolce affanno glukerh'/ ajnivh/ (290). Il terribile Eros la faceva bruciare. Parla Eeta e nota la
lunghezza del viaggio che sua sorella Circe fece in senso contrario quando il
loro padre il Sole la portò sul Tirreno. Risponde Argo che era il più anziano
dei nipoti di Eeta.
Argo chiede il vello
d’oro e Eeta si infuria. Teme che vogliano togliergli il potere. Giasone gli
promette aiuto contro i Sauromati
Allora Eeta gli
prospetta delle prove. Giasone deve aggiogare due tori dai piedi di bronzo e
dalle bocche che spirano fuoco, poi deve seminare i denti di un drago che
diventeranno uomini armati i quali dovranno essere falciati. Eeta sa fare
questo e non vuole dare il vello a uno da meno di lui. Giasone rimane ajmhcanevwn kakovthti (424) privo di mezzi davanti alla sua
disgrazia. Cfr. il polumhvcanoς.
antico Odisseo. Ora, attraverso Euripide, siamo arrivati al graeculus.
Tuttavia Giasone risponde che lo farà
costretto dalla necessità spietata kakh; ajnavgkh (430). Poi esce splendido per la bellezza e la grazia. Medea fissava
su di lui o[mmata
loxav (445) gli occhi obliqui
scostando il velo, e la mente volava dietro lui che partiva. Poi ripensava a
come Giasone parlava, sedeva, si muoveva e pensò che non c’era nessun altro
uomo siffatto (457) e le tornavano in mente le parole di lui. Ma era
combattuta.
Nel
primo monologo (464-470) dice ejrrevtw
vada in malora e nello stesso verso (466) “possa sfuggire alla morte”. La
novità è mostrare il tentativo di repressione di Eros. Aveva la mente sconvolta
Per strada, fuori
dalla città, Argo ricorda a Giasone che c’è una fanciulla la quale pratica incanti
sotto la guida di Ecate. Vuole parlare con sua madre Calciope. Giasone risponde
che la speranza è vana se il loro ritorno rimane affidato alle donne.
Arrivano alla nave e
Giasone racconta le prove che ai compagni sembrarono impossibili ajnhvnutoς a[eqloς (502)-ajnuvw e ajnuvtw compio.
Peleo allora disse
che, se non se la sentiva Giasone. ci provava lui: la morte sarà il dolore più
cane possibile qavnatoς to; kuvntaton e[ssetai
a[lgoς (514). Argo interviene e menziona l’aiuto
che può venire dalla madre Calciope e descrive le capacità della zia Medea
istruita da Ecate (III, 529).
Medea sa fermare i
fiumi e incatenare gli astri.
Un buon segno: una colomba inseguita da uno
sparviero si rifugia nel grembo di Giasone. Mopso dice parole profetiche: l’uccello
di Afrodite è scampato alla morte e, come aveva detto Fineo, in Afrodite
risiede la speranza del ritorno.
Dunque seguiamo il
consiglio di Argo.
Ma Ida si alzò
infuriato poiché si badava più agli sparvieri e alle colombe che alla forza di
Ares (v. 561) Dunque e[rrete voi che non
pensate più alla guerra ma a sedurre le vergini.
Argo tornò da Eeta e
gli Argonauti sbarcarono.
Eeta convocò
l’assemblea dei Colchi che tramavano inganni e mali contro gli eroi. I tori
avrebbero fatto a pezzi Giasone e loro avrebbero incendiato la nave. Eeta dice
che non avrebbe accolto nemmeno Frisso nella sua casa, il nipote di Eolo (padre
di Atamante padre di Frisso), se non glielo avesse chiesto Zeus attraverso
Ermes. Tanto meno sarebbero stati accolti e lasciati impuniti quei pirati. Li
avrebbe puniti con i figli di Frisso che si erano uniti a quei malfattori per
togliergli il trono. Il Sole lo aveva avvisato di guardarsi dalla sventura
versatile (a[thn
poluvtropon, 600). Non temeva
Medea né Apsirto né Calciope ma i figli di questa. Argo raccomandò Giasone a
sua madre, però Medea e Calciope temevano il padre Eeta.
Medea fa un sogno
ingannevole: che Giasone è andato là non per il vello d’oro ma per portarle lei
a casa sua kouridivhn
paravkoitin ( 623) come
legittima sposa. Vedeva se stessa che lottava con i tori e li vinceva. Nel
sogno lei lasciava i genitori e seguiva lo straniero. I familiari gridavano e
lei si svegliò.
Segue il secondo
monologo (vv. 636-644) dove il suo cuore fluttua ancora: teme una sciagura, il
petto le palpita per lo straniero, si augura che sposi una greca, eppure vuole
tentare di aiutarlo, se la sorella glielo chiederà. Fa per andare dalla sorella
Calciope ma è trattenuta dalla vergogna: i piedi la portavano qua e là. Aijdwvς la
tratteneva mentre qrasu;ς i{meroς il desiderio audace la spingeva (654). Tentò
e si fermò tre volte, alla quarta cadde prona nel letto. Piange come una vedova
cui il destino ha ucciso il marito prima che godessero del reciproco amore.
Un’ancella la vede e riferisce a Calciope la quale va a domandarle il motivo,
ma l’aijdw;ς parqenivh, il pudore di vergine (681) la trattenne dal
parlare. Le parole fiorivano ajnevtelle-
spuntavano-ajnatevllw- sulla cima della lingua, poi piombavano nel
petto e non diventavano suono.
Finalmente Medea
parla ma dovlw/ (687), con inganno. Dice di temere per i
nipoti sperando che Calciope le chieda aiuto. Cosa che accade.
Poi intonarono
insieme un lamento (govon, 708). Medea promette che li aiuterà o{sson sqevnoς ejsti;n ejmei'o ( 716)
Calciope le dice che
Argo ha chiesto aiuto per Giasone
A Medea balzò lo qumovς dalla gioia (ajnevptato cavrmati qumovς) e il
suo bell’incarnato divenne di porpora (foinivcqh-foinivssw)
Medea dice che ama i
nipoti che le sono pure fratelli poiché hanno giocato insieme da bambini e
Calciope ha allattato anche lei. Chiede il segreto con il padre loro e dice che
porterà qelkthvria
favrmaka (739) il filtro
incantatore allo straniero.
Calciope va dai suoi
figli contenta mentre Medea ha paura. Di notte dormiva perfino la madre che ha
perduto i suoi figli, ma non Medea: il cuore si agitava fitto dentro il petto pukna; de; oiJ kradivh
sthqevwn e[ntosqen e[quien (755)
quvw 2
mi agito
Il cuore vibrava (ejlelivzeto, 760 ejlelivzw senza aumento) nel petto della fanciulla come un raggio di sole
nell’acqua appena versata in un vaso. L’amore la faceva soffrire
Segue il terzo
monologo (771-801), un’anticipazione del monologo interiore. Non c’è rimedio
alla forza della pena che brucia costante. Vorrei essere morta prima di averlo
visto (Cfr. Saffo)
Ma muoia lui, se deve morire. Però nemmeno da morto mi lascerà in pace,
quindi vada in malora il pudore, vada in malora l’orgoglio, e Giasone vada via
salvo per mio volere dove lo desidera il cuore.
ejrrevtw aijdwvς,- ejrrevtw ajgla-ivh. Poi mi
ucciderò impiccandomi o avvelenandomi. Comunque verrò giudicata male, come
quella che ha disonorato i genitori cedendo alla lussuria. Sarebbe meglio
morire subito.
Cercò
il cofanetto dove erano polla; favrmaka, alcuni buoni, altri distruttivi
(803). Voleva ingerire quelli mortali. Ma poi pensò alle attenzioni che
rallegrano l’esistenza, ai piaceri che toccano ai vivi e la luce del sole
divenne più dolce a vedersi (815).
E
desiderava che venisse l’alba per dare il filtro a Giasone e vederlo in volto.
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