La
peste colpisce la salute e sgonfia l’economia dilatata a
dismisura tanto nei fatti quanto nella reputazione tra le genti.
Parto
da alcuni versi del III stasimo delle Baccanti di
Euripide
“Felice
- eujdaivmwn
- colui che fuori dal mare
felice
- eujdaivmwn -
quello che riuscì al di sopra
degli
affanni; in vario modo uno supera
Non
numerabili inoltre per innumerevoli
sono
le speranze: quelle che
si
compiono nella prosperità ejn
o[lbw/
per
i mortali, quelle che svaniscono;
quello
la cui esistenza è felice -
o{tw/ bivoto" eujdaivmwn -
giorno
per giorno, chiamo beato - makarivzw
- “ (Baccanti, vv. 902 -
911)
La
prosperità va digerita e assimilata evitando
l’indigestione.
Pindaro afferma
che Tantalo era l'uomo più amato dagli dèi che lo onoravano
frequentando la sua mensa; egli però non seppe - la
grande fortuna:" se mai i protettori dell'Olimpo
onorarono un uomo/mortale, era Tantalo questo; però/ di fatto non
seppe/digerire la grande prosperità - ajlla;
ga;r katapevyai mevgan o[lbon oujk ejdunavsqh - e
con la sazietà attirò/un acciecamento pieno di prepotenza, e su di
lui/il padre sospese un macigno pesante,/che egli desidera sempre
stornare dal capo/ed erra lontano dalla letizia
- eujfrosuvna" ajla'tai (Olimpica I, vv. 54 - 57b).
eu[frwn è
quello lieto in quanto persona di eu\
frhvn - di animo, cuore e intelletto che funzionano
bene.
La
prosperità insomma può causare indigestione.
Nel
primo stasimo dell’Agamennone di Eschilo il coro
canta : “se la cautela (o[kno") getta
una parte delle ricchezze con lancio misurato, non si
immerge tutta quanta la casa troppo piena di sazietà, né affonda lo
scafo” (1006 - 1010)
"E'
il culmine della felicità quando gli dèi si assidono alla nostra
tavola e portano i loro doni - ma da quel momento non è possibile
che tramontare. "I venti che soffiano sulle cime incessantemente
mutano. La felicità non dura a lungo ai mortali, quand'essa viene
nella sua pienezza" (Pindaro, Pitiche, III,
104 - 106)"[3].
Nella Pitica
III Pindaro ricorda le alterne vicende di Cadmo di Peleo e
dei loro figli, quindi le commenta scrivendo che “se alcuno dei
mortali tiene nella mente la via della verità, deve gioire del bene
che gli mandano i numi. Di qua e di là spirano i soffi dei venti che
volano alti. Non procede a lungo la prosperità degli
uomini - o[lbo" ajndrw'n
- che è grossa quando arriva con tutto il suo peso (102 - 105)
giovanni
ghiselli
[1] cfr.
Lucrezio: “ suave
mari magno turbantibus aequora ventis - e terra magnum alterius
spectare laborem - (non quia vexari quemquamst iucunda voluptas,/
sed quibus ipse malis careas quia cernere suave est”, De
rerum natura,
II, 1 - 4)
[2] duvnami" è
la potenza da non confondersi con kravto", il
potere come leggiamo in questa stessa tragedia “ Via Penteo, da’
retta a me: non
presumere che il potere to; kravto"
- abbia potenza - duvnamin
- sugli uomini, Baccanti, 309 - 310.
Sono
parole di Tiresia cui associo quanto dice il nobile Otane ai suoi
pari possibili successori e pretendenti al ruolo di grande re
durante il dibattito costituzionale erodoteo. Otane
non entrò in lizza per diventare re dicendo parole molto belle, una
specie di manifesto dell'antisadismo:"ou[te
ga;r a[rcein ou[te a[rcesqai ejqevlw"
(III, 83, 2), infatti non voglio comandare né essere comandato.
[3] M.
Cacciari, L'arcipelago,
p. 53.
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