Da
Pier Paolo Pasolini a Giulietto Chiesa
Lo sviluppo
senza progresso fu denunciato da Pasolini poco prima che venisse
assassinato - nel 1975 - con una quasi coincidenza per lo meno sospetta:" E'
in corso nel nostro paese (…) una sostituzione di valori e di modelli, sulla
quale hanno avuto grande peso i mezzi di comunicazione di massa e in primo
luogo la televisione. Con questo non sostengo affatto che tali mezzi siano in
sé negativi: sono anzi d'accordo che potrebbero costituire un grande strumento
di progresso culturale; ma finora sono stati, così come li hanno usati, un
mezzo di spaventoso regresso, di sviluppo appunto senza progresso, di genocidio
culturale per due terzi almeno degli italiani”[1].
Riferisco
altre testimonianze di significato analogo.
“Concepito in modo solo tecnico-economico, lo sviluppo a breve termine è
insostenibile. Abbiamo bisogno di un concetto più ricco e complesso dello
sviluppo, che sia nello stesso tempo materiale, intellettuale, affettivo,
morale (…) Il XX secolo non è uscito dall’età del ferro planetaria, vi è
sprofondato”[2].
L’educazione
(paideia) deve essere funzionale al progresso
“Uso questo
termine non nel suo senso contemporaneo di istruzione scolastica formale ma nel
senso antiquato, nell’antico senso greco: per paideia i greci
intendevano l’educazione, la “formazione” (la Bildung tedesca),
lo sviluppo delle virtù morali, il senso della responsabilità civica, della
cosciente identificazione con la comunità, i suoi valori e le sue tradizioni”[3].
L’educazione
non deve essere dogmatica: non deve eliminare il dubbio
“Essa
richiede di legare il suo esercizio al dubbio[4], lievito
di ogni attività critica (…) Comporta anche quell’intelligenza che i Greci
chiamano métis[5],
“insieme di attitudini mentali…che combinano l’intuizione, la sagacia, la
previsione, l’elasticità mentale, la capacità di cavarsela, l’attenzione
vigile, il senso dell’opportunità (…)Unico punto pressochè certo nel naufragio
(delle antiche certezze assolute): il punto interrogativo”[6].
C’è una
poesia di Bertolt Brecht che costituisce un inno in lode del dubbio: “Sia lode
al dubbio! (...) Oh bello lo scuoter del capo/su verità incontestabili!/Oh il
coraggioso medico che cura/l’ammalato senza speranza! (...) Sono coloro che non
riflettono, a non dubitare mai( …) Tu, tu che sei una guida, non
dimenticare/che tale sei, perché hai dubitato/delle guide! E dunque a chi è
guidato/permetti il dubbio!”[7].
La Lettera a
un bambino mai nato di Oriana Fallaci è dedicata “A chi non teme
il dubbio/a chi si chiede i perché/senza stancarsi e a costo di soffrire di
morire”.
Giacomo
Leopardi: “Piccolissimo è quello spirito che non è capace o è difficile al
dubbio”[8].
Leopardi
cita Cartesio a proposito della necessità del dubbio: “Le verità contenute nel
mio sistema non saranno certo ricevute generalmente, perché gli uomini sono
avvezzi a pensare altrimenti, e al contrario, né si trovano molti che seguono
il precetto di Cartesio: l’amico della verità debbe una volta in sua
vita dubitar di tutto. Precetto fondamentale per li progressi dello spirito
umano. Ma se le verità ch’io stabilisco avranno la fortuna di essere ripetute,
e gli animi vi si avvezzeranno, esse saranno credute, non tanto perché sien
vere, quanto per l’assuefazione”[9].
“In molte
pagine dello Zibaldone, Leopardi mette in dubbio ogni sistema:
anche quelli che ha più cari o che posseggono più rilievo. “Il mio sistema”
scriveva già nel settembre 1821 “introduce non solo uno Scetticismo ragionato e
dimostrato, ma tale che, secondo il mio sistema, la ragione umana per
qualsivoglia processo possibile, non potrà mai spogliarsi di questo scetticismo;
anzi esso contiene il vero, e si dimostra che la nostra ragione,non può
assolutamente trovare il vero se non dubitando; ch’ella si allontana dal vero
ogni volta che giudica con certezza; e che non solo il dubbio giova a scoprire
il vero…, ma il vero consiste essenzialmente nel dubbio, e chi dubita, sa, e sa
il più che si possa sapere”[10].
Massimo
Cacciari: Il dubbio non va eliminato come deleterio, anzi: "Togli il
dubbio, il dubbio su me stesso, sulla mia identità, sul mio sapere, e non mi
resterà che il già fatto e il già detto"[11].
Torno a
Pasolini: “I miei film non mirano ad avere un senso compiuto. Finiscono
sempre con una domanda”[12]
“L’umanesimo non dovrebbe più essere portavoce dell’orgogliosa
volontà di dominare l’Universo. Diviene essenzialmente quello della solidarietà
fra umani, la quale implica una relazione ombelicale con la natura e con il
cosmo”[13].
"Il destino dell'uomo è inserito nell'ordine divino del mondo; e
quando l'ordine divino e il disordine umano vengono al cozzo, si sprigiona la
scintilla della tragedia"[14].
“Se l’estirpazione radicale dell’insicurezza appartiene ancora all’utopia
modernista dell’onnipotenza umana, la strada da seguire è un’altra: quella
della costruzione di legami affettivi e di solidarietà capaci di spingere le
persone fuori dall’isolamento nel quale la società tende a rinchiuderle, in
nome degli ideali individualistici che, a partire dall’America, si vanno
paurosamente diffondendo anche da noi”[15].
Ho visto poco fa un’intervista a Giulietto Chiesa trasmessa da Byoblu.
Ebbene il giornalista mi ha fatto tornare in mente queste letture più o meno
antiche. Ha detto che il veleno latore del terrorismo attuale è un effetto
della globalizzazione: quella della malattia
Quindi ha denunciato questo sviluppo che ha prodotto un inquinamento
atmosferico il quale già prima del corona virus ha provocato 100 milioni di
morti causate da difficoltà respiratorie. Del resto le zone rosse d’italia sono
le più estesamente e profondamente inquinate.
Ho notato anche io che nelle regioni dall’aria più pulita (Alto Adige,
Valle d’Aosta) il virus attecchisce meno.
Ancora Giulietto Chiesa: “abbiamo inventato molecole che non esistono in
natura” e ne siamo ora ne siamo gonfi.
Non poche volte oncologicamente purtroppo - o[gko" = gonfiezza, ingrossamento).
Si cerca di snaturare la natura e questa si ribella. L’uomo snaturato
muore ante diem. Perfino la percezione del tempo della vita è stata
snaturata, dal telefonino secondo il giornalista
Io trovo che abbia mutato in peggio i rapporti umani. Rimpiango i
corteggiamenti, gli amori, le amicizie del tempo della mia gioventù quando il
cellulare non esisteva e parlavamo guardandoci negli occhi. Racconto i rapporti
umani, massime amorosi, di allora non solo per ricordarli a me stesso o
per laudare tempus actum ma per darne contezza a chi mi legge.
Erano tempi meno infelici e meno malsani
Chiesa reclama un balzo in avanti di qualità intellettuali, di competenze,
di capacità, a partire dalla classe politica. Penso ai re filosofi della Repubblica di
Platone.
Il bravo giornalista ha concluso dicendo non dobbiamo rinunciare
alla nostra cultura, alle nostre tradizioni lasciandoci colonizzare dalla
potenza statunitense. Casomai dovrebbe essere il ferus victor a
conoscere e adottare la nostra cultura di Italia capta ma
ricca di una paideia nobile e antica cui non deve abdicare.
giovanni ghiselli
[4] Montaigne che cita Dante: “Che, non men che saver, dubbiar
m’aggrata”, Divina Commedia, Inferno XI, v. 93.
[5] M.Detienne, J.-P. Vernant, Le astuzie dell’intelligenza
nell’antica Grecia, tr. It. Laterza, Roma-Bari 1984.
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