Giulio Cesare dinnanzi Porta Palatina a Torino |
Argomenti
Giulio Cesare. Con la fine del metus hostilis a Roma
dilagano lusso e vizi. Polibio (koino;~ fovbo~) e Sallustio
Sed non in Caesare tantum - nomen erat nec fama ducis, sed nescia virtus - stare
loco, solusque pudor: non vincere bello”. (143 - 145), si
vergognava solo di non vincere in guerra.
Incalza i successi, incalza il favore della divinità e gode nel farsi
strada provocando macerie - gaudens viam fecisse ruinā (150). Viene
paragonato al fulmine che atterrisce e distrugge. Queste le cause per i
duci hae ducibus causae, ma c’erano anche publica
belli semina (159).
Infatti mundo subacto, opes nimias Fortuna intulit et mores cessēre
rebus secundis, i buoni costumi si ritrassero di fronte alla prosperità, “predaque
et hostiles luxum suasēre rapinae” (162, il bottino e le rapine di
guerra consiglirono il lusso.
E’ la fine del pericolo esterno e della conseguente cessazione della paura
a questo connessa che fa cambiare il costume e promuove vizi, rapine delitti
Polibio afferma che è difficile trovare un sistema
politico migliore della costituzione mista dei Romani: “o{tan
me;n ga;r ti~ e[xwqen koino;~ fovbo~ ejpista;~
ajnagkavsh/ sfa'~ sumfronei'n kai; sunergei'n ajllhvloi~, thvlikauvthn kai;
toiauvthn sumbaivnei givnesqai th;n duvnamin tou' politeuvmato~ w{ste mhvte
paraleivpesqai tw'n deovntwn mhdevn…”(6,
18, 2 - 3), quando infatti qualche paura comune incombente da fuori li
costringe alla concordia e alla cooperazione, tanta e tale succede che diventi
la potenza dello Stato che né viene tralasciata nessuna delle cose necessarie,
in quanto, continua Polibio, tutti fanno a gara per trovare i mezzi utili a fronteggiare
la situazione, né le decisioni falliscono l’occasione in quanto tutti
contribuiscono ad attuarle.
Cfr. il metus hostilis di Sallustio
Bellum Iugurthinum[1] di Sallustio:" Nam
ante Carthaginem deletam...metus hostilis in bonis artibus civitatem retinebat.
Sed ubi illa formido mentibus decessit, scilicet ea quae res secundae amant,
lascivia atque superbia, incessere" (41), infatti prima della
distruzione di Cartagine…il timore dei nemici conservava la cittadinanza nel
buon governo. Ma quando quella paura tramontò dagli animi, naturalmente quei
vizi che la prosperità ama, la dissolutezza e la superbia, si fecero avanti.
Non c’era più limite per l’oro e le case - non auro tectisve modus -
l’appetito disprezzò le parche mense di prima mensasque priores - aspernata
fames (163 - 164); i maschi si impossessarono di eleganze appena decorose
da portare per giovani donne - cultus decōros vix nuribus (165), l’avere
poco, frugalità feconda di uomini veri, viene schivato paupertas
fecunda virorum fugitur (166).
Cfr. Sallustio paupertas probro haberi coepit , Cat.
12, 1.
Viene importato da tutto il mondo quello per cui tutti i popoli muoiono - totoque
arcessĭtur orbe - quo gens quaeque perit - 166 - 167.
I latifondi longa rura vengono coltivati da coloni senza
nome.
Latifundia perdidere Italiam" scrive Plinio il Vecchio[2].
La violenza crebbe con l’avidità e divenne la misura del
diritto mensuraque iuris - vis erat, hinc leges et plebis scita coactae (175
- 176) leggi e decreti del popolo forzato, et cum consulibus turbantes iura
tribuni (177) tribuni con i consoli scompaginavano il diritto; hinc
rapti fasces pretio, fasci estorti pagando, il popolo che vende i
voti, letalisque ambitus urbi e i brogli elettorali mortali
per l’Urbe. Di qui anche usura vorax, l’usura vorace et
multis utile bellum (182) la guerra utile a molti.
giovanni ghiselli. Pesaro 2 agosto ore 20, 55
Visualizzazioni
di pagine: oggi
|
249
|
Visualizzazioni
di pagine: ieri
|
304
|
Visualizzazioni
di pagine: ultimo mese
|
12.605
|
Visualizzazioni
di pagine: tutta la cronologia
|
1.012.836
|
Nessun commento:
Posta un commento