NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

Ciclo di incontri alla biblioteca «Ginzburg». Protagonisti della storia antica

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lunedì 3 agosto 2020

Introduzione a Lucano. Decima parte del poema "Pharsalia"


Il dado è tratto!

Cesare giunge sul Rubicone (gennaio del 49) e gli parla la ingens visa duci patriae trepidantis imago (Pharsalia I, 185). Roma è vultu maestissima, canos effundens vertice crines, caesarie lacera, nudisque lacertis con le chiome scompigliate

 Roma parlava gemitu permixta. Dice: “Si iure venitis, si cives, huc usque licet “(Pharsalia I, 192), è lecito solo fin qui. Non dovete procedere.
Ma Cesare prega gli dèi, e Roma in particolar modo: Roma, fave coeptis (200) asseconda l’impresa. Non vengo furialibus armis, con le armi delle furie ma quale victor terraque marique, ubique tuus (…) miles (202), dappertutto soldato tuo. “ille erit, ille nocens, qui me tibi fecerit hostem” (203). Poi si ferma un momento come un leone totam dum colligit iram, quindi si avventa con un balzo.
Il Rubicone è il certus limes che separa le terre galliche da quelle coltivate ab Ausoniis colonis (216). Era inverno e il fiume era gonfio. Cesare, giunto sui campi d’Esperia, dice: i patti precedenti siano lontani “te, Fortuna sequor procul hinc iam foedera sunto - credidimus fatis, utendum est iudice bellum” (226 - 227). I patti del triumvirato (60) sono lontani. Ci siamo affidati al destino e come giudice bisogna servirsi della guerra.
Molto diverso è il Cesare del De bello civili.

“Nella sua opera sulla Guerra civile Cesare non fa cenno a quell’ispirazione divina a cui i suoi contemporanei ricondussero la sua grande decisione della notte fra il 10 e l’11 gennaio: il passaggio del Rubicone. Il Cesare di tutti noi, è, ancor oggi, l’uomo che disse allora: “il dado è tratto”; questo non è il Cesare del Bellum civile, ma il Cesare delle Historiae scritte dal suo ufficiale più “indipendente” e acuto: Asinio Pollione.
Nel suo racconto Cesare aveva voluto esporre le ragioni storico - giuridiche della decisione presa, “condensate” in un’arringa ai soldati (B. C. I, 7)”[1].

Insomma la più famosa fanfaronata di Cesare non ce l’ha raccontata lui stesso.

Ne De bello civiliCaesar apud milites contionatur , e denuncia il fatto che nella repubblica si sia introdotto novum exemplum… ut tribunicia intercessio armis notaretur atque opprimeretur” (I, 7), il veto dei tribuni veniva censurato e soffocato con le armi.
Perfino Silla che aveva spogliato la tribunicia potestas, tamen intercessionem liberam reliquisse. Bisognava dunque andare a Roma per ripristinare la legalità.
“Asinio, che ancora portava nell’animo il ricordo fascinoso del capo, e tuttavia voleva a suo modo esercitare una critica “indipendente”, dipinse invece un “passaggio del Rubicone” in cui il lettore ritrovava ancora l’ansia e la gravità di quella decisione suprema”.
Il racconto di Asinio lo ricostruiamo attraverso storici più tardi[2].
“Tra il racconto di Cesare, scritto forse verso il 46 a. C., e quello di Asinio, che cominciò le sue Historiae verso il 30, corrono quindici anni, o più; ma la differenza non è solo nelle date; è più significativa e radicale; Cesare, scrittore “tucididèo”, ossia razionale, non poteva intendere abbastanza i momenti irrazionali della sua stessa impresa (…) le Historiae di Asinio potevano riflettere la vera situazione, in maniera più adeguata, senza preoccupazioni apologetiche (…) Il Cesare autentico è però un incontro della razionalità tucididèa (…) con la passione politica, che lo animò in questi momenti decisivi”[3].

Cesare “Non permetteva, anche se ciò possa deluderla, che il suo cuore disponesse della sua testa[4].

giovanni ghiselli, Pesaro 3 agosto 2020 ore 17

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[1] S. Mazzarino, Il pensiero storico classico, 2, p. 199 - 200.
[2] P. e. Svetonio, Caesaris vita, 32; e Plutarco Alessandro e Cesare.
[3] S. Mazzarino, Il pensiero storico classico, 2, p. 201.
[4] B. Brecht, Gli affari del signor Giulio Cesare, p. 22.

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