venerdì 11 settembre 2020

Lucano XLI. Pharsalia VIII (vv. 1-105)

cavaliere partico

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Libro VIII

Sommario

Pompeo va a Lesbo a riprendere la moglie Cornelia.

Pensa di utilizzare i Parti contro Cesare, ma Lentulo e il consiglio dei capi bocciano il progetto

Excursus geoetnografico sui Parti (vv. 334 - 438)

Navigazione verso l’Egitto. Una volta sbarcato, Pompeo viene ucciso e decapitato. La sua testa imbalsamata verrà offerta a Cesare,

Elogio funebre di Pompeo

 

Analisi del libro VIII

Prima parte (vv. 1 - 105)

Argomenti

La fuga di Pompeo fino a Lesbo dove lo aspetta la moglie Cornelia.

Il mio commento paragona contrastivamente questa ottima consorte con la cattiva Elena delle Troiane di Euripide, e confronta la buona coppia Cornelia - Pompeo con le unioni matrimoniali dissolute denunciate da Seneca.

Giovenale accrescerà la dose del biasimo nel secolo seguente.

Questa parte si presta a essere impiegata e ampliata durante il corso che terrò nella Primo Levi dal 13 ottobre

 

Pompeo fugge verso nord, attraverso la valle di Tempe nemorosa (1), boscosa, sotto l’Ossa e l’Olimpo. Il cavallo è stanco, Pompeo è in affanno. E’ memor fati (10) memore del suo grande destino e sa che il prezzo del suo sangue non è ancora basso - nondum vile sui pretium scit sanguinis esse - 9 - . Crede che la sua gola abbia ancora tanto di paga - tantae mercedis habere - credit adhuc iugulum - (10 - 11) quanta ne offrirebbe lui per la testa mozzata di Cesare -

Gravis est Magno quicumque malorum - testis adest (18, 19), a Pompeo pesa chiunque sia testimone della sua disgrazia.

Avrebbe preferito cunctis ignotus gentibus esse - mallet et obscuro tutus transire per urbes - nomine (19 - 21).

Ma la Fortuna che lo aveva favorito a lungo exigit a misero poenas longi favoris (21 - 22) e lo schiaccia sotto il grave pesso della fama. La sua vita superstes imperio (28 - 29) sopravvissuta al potere gli fa capire gli errori commessi all’inizio sotto Silla nunc festinatos nimium sibi sentit honores (24). Se la morte non previene la disgrazia, dedecori est fortuna prior (31)

la fortuna precedente è motivo di ignominia.

Pompeo arriva sulla foce del Peneo iam clade rubens (34) rosseggiante per la strage. Una piccola barca - ratis ventis ac fluctibus impar - lo raccolse trepidum verso l’alto mare in altum. Aveva ancora molte navi nell’Adriatico orientale (Corfù, Leucade) ma si trovava pavidus in alno, spaventato in un piccolo scafo. Ordina di dirigere la barca secretae in litora Lesbi (40) alle coste dell’appartata Lesbo, coste conscia curarum, consapevoli delle sue angosce. Lì Cornelia ti nascondevi, mestior quam si campis Emathiae stares (42 - 43).

 Dei presagi - presagia - exagitant tristes curas mettono in moto le tue angosce amare

Cornelia ogni notte ha in mente la Tessaglia: Thessaliam omnis nox habet (45) e tenebris remotis, passate le tenebre, curris in scopulos rupis abruptae (46) corri agli scogli della rupe scoscesa e scruti il mare e prospiciens fluctus, semper prima vides nutantia vela venientis carinae 46 - 47, osservando i flutti vedi sei la prima a vesere le ondeggianti vele di una nave in arrivo, ma non osi chiedere nulla sul destino del marito.

 Ecco però che è giunto il marito sconfitto victus adest coniunx (53).

Vede “deformem pallore ducem vultusque prementem - canitiem atque atro squalentis pulvere vestem” (56 - 57) il comandante deformato dal pallore, la canizie che preme sul volto, e gli abiti sporchi di polvere nera.

 

Di solito le donne non perdonano l’insuccesso dell’uomo (cfr. Il gabbiano di Cechov) ma Cornelia è speciale.

 

Le si fece incontro la notte obvia nox che con le tenebre tenebris, abstulit caelum lucemque (58 - 69) e animam clausit dolor, il dolore le tolse il respiro, riguerunt corda, si irrigidirono i movimenti del cuore.

Pompeo sbarca e lustrat vacuas harenas (62) percorre la spiaggia desolata.

Cornelia cade a terra come lo vide, e le ancelle non si permisero di inveire contro il Destino oltre il gemere silenzioso - “non ultra gemitus tacitos incessĕre fatum - permisēre sibi - (64 - 65).

 Pompeo accarezza la moglie cui prohibet succumbere fatis (70). Le domanda perché rompa la nobile forza nobile cur robur frangis ? (74) che ha ereditato dagli antenati

Cornelia sta manifestando nobiltà con la fedeltà al coniunx miser (76).

La tua pietas dia battaglia al destino: “et tua cum fatis pietas decertet - , et ipsum quod sum victus ama (78), ama proprio la mia condizione di vinto.

Cfr. viceversa Elena accusata da Ecuba nelle Troiane di Euripide.

“Afrodite in realtà era la tua follia erotica ajfrosuvnh” (Troiane, v. 990) le dice la vecchia regina.

“Non per niente le due parole cominciano con le medesime lettere:

infatti tutte le stoltezze sono Afrodite per gli uomini; e il nome della dea comincia giustamente come quello di follia (ta; mw'ra ga;r pavnt' ejsti;n jAfrodivth brotoi'" - kai; tou[nom' ojrqw'" ajfrosuvnh" a[rcei brotoi'").

Inoltre ti attirò la sua ricchezza e quella di Troia. Eri consenziente e sei fuggita con lui, di nascosto.

Una volta cominciata la guerra, parteggiavi sempre per il vincitore, guardando al successo badavi a seguirlo e non volevi andare con il valore” (1008 - 1009).

 

Sentiamo Euripide tradotto

“Quando poi giungesti a Troia e gli Argivi sulle tue

orme, e c’era la lotta di lance ferali,

se ti si annunziavano i successi di questo,

esaltavi Menelao, perché mio figlio si affliggesse 1005

di avere un antagonista grande in amore;

se invece avevano successo i Troiani, costui era una nullità. (indica Menelao)

Guardando alla fortuna questo perseguivi,

di andare dietro a lei. Con la virtù invece non volevi” Troiane, 1001 - 1008).

 

Pompeo continua a parlare alla moglie : “ora che i fasci, il Senato - pia turba - schiere numerose di re, mi abbandonano, nunc sum tibi gloria maior.

Incipe Magnum - sola sequi (80 - 81). Io non sono morto: solo la mia Fortuna: “vivit post proelia Magnus, - sed fortuna perit” (84 - 85)

Quod defles, illud amasti” (85) ciò che piangi è quello che hai amato.

 

Cornelia dice di essere una donna che ha portato disgrazie ai mariti: Crasso morto con il figlio Crasso iunior sconfitti e uccisi dai Parti, e ora a Pompeo: infelix coniunx et nulli laeta marito (89) sposa dai cattivi frutti e a nessun marito di buon augurio. L’Erinni è la pronuba che mi conduce alle nozze . Ho portato la catastrofe di Carre nelle guerre civili cunctosque fugavi - a causa meliore deos (93 - 94).

Chiama Pompeo O maxime coniunx (invece che Magne) e si domanda perché, empia com’è, si sia sposata - cur impia nupsi - 96 - se doveva rendere infelice il marito. Si miserum factura fui? 97 - Si offre come vittima: sparge mari comitem (100) spargi nel mare le membra della compagna, perché migliori la tua situazione. Si offre quale vittima in una specie di devotio. Chiede al marito di purificare con la vita di lei la catastrofe sua - nunc clades denique lustra - Magne, tuas (101 - 102)

Quindi si rivolge a Giulia, la figlia di Cesare e precedente moglie di Pompeo: prega la morta. “ubicumque iaces civilibus armis –nostros ulta toros, ades huc atque exige poenas, - Iulia crudelis, placătaque paelice caesa - Magno parce tuo” (102 - 105), dovunque tu giaci, ora che con le guerre civili ti sei vendicata dei nostri letti matrimoniali, sii qui presente ed esigi il castigo, Giulia crudele, e placata una volta ammazzata la concubina, risparmia Magno che è tuo.

Con questa abnegazione Cornelia rappresenta la buona moglie, l’opposto della pessima consorte tipica della “buona” società romana denunciata da diversi scrittori dell’età imperiale.

 

Seneca nel De Beneficiis afferma che la frequenza e la diffusione dei peccatori leva l'infamia a ogni peccato, dall'ingratitudine all'adulterio: "Numquid iam ulla repudio erubescit, postquam inlustres quaedam ac nobiles feminae non consulum numero sed maritorum annos suos computant et exeunt matrimonii causa, nubunt repudii? " (III, 16, 2), oramai forse qualcuna arrossisce per un ripudio, dopo che alcune donne famose e nobili contano i loro anni non con il numero dei consoli ma con quello dei mariti ed escono di casa per sposarsi, si maritano per divorziare?

 Subito dopo il filosofo aggiunge:"Numquid iam ullus adulterii pudor est, postquam eo ventum est, ut nulla virum habeat, nisi ut adulterum inrītet? Argumentum est deformitatis pudicitia [1]. Quam invenies tam miseram, tam sordidam, ut illi satis sit unum adulterorum par, nisi singulis divisit horas? et non sufficit dies omnibus, nisi aput alium gestata est, aput alium mansit. Infrunita et antiqua est, quae nesciat matrimonium vocari unum adulterium " (III, 16, 3), c'è forse più un poco di vergogna dell'adulterio, dopo che si è arrivati al punto che nessuna donna ha il marito, se non per stimolare l'amante? La pudicizia è indizio di bruttezza. Quale troverai tanto meschina, tanto spregevole che si accontenti solo di un paio di amanti, se non ha diviso le ore per ciascuno di loro? e non basta la giornata per tutti se non è stata trasportata da uno, non si è fermata da un altro. E' insulsa e arretrata quella che non sa che un unico adulterio si chiama matrimonio.

 

giovanni ghiselli



[1] Si ricordi l'irrisorio "casta est quam nemo rogavit di Ovidio (Amores, I, 8, 44), è casta quella cui nessuno ha fatto proposte.
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