Nietzsche argomenti vari 63. Ecce homo Il caso Wagner (1888) 2
Contro i Tedeschi in particolare contro Lutero il monaco fatale.
A favore del Rinascimento e di Napoleone.
I Tedeschi “ hanno sulla coscienza tutti i grandi delitti contro la civiltà degli ultimi secoli! E sempre per la stessa ragione, per la loro intima vigliaccheria davanti alla realtà, che è anche vigliaccheria davanti alla verità per la loro falsità divenuta istinto, per “idealismo”. I tedeschi hanno fatto perdere all’Europa il suo raccolto, il senso dell’ultima grande epoca, l’epoca del Rinascimento, nel momento in cui un ordine di valori superiori, i valori aristocratici, che dicono sì alla vita, che garantiscono l’avvenire, erano arrivati alla vittoria, sostituendosi ai valori opposti, i valori del declino (…) Lutero, questo monaco fatale ha restaurato la Chiesa, e, quel che è mille volte peggiore, il cristianesimo, nel momento in cui questo soccombeva. Il cristianesimo, questa negazione della volontà di vita divenuta religione! Lutero un monaco impossibile, che appunto per questa sua “impossibilità”, attaccò la Chiesa e –in conseguenza- la restaurò (…) I Tedeschi hanno privato l’Europa con le loro “guerre di liberazione” del senso, di quel miracolo di senso che l’esistenza di Napoleone rappresenta- e perciò essi hanno sulla coscienza ciò che poi ne è seguito, ciò che esiste oggi, questa malattia , questa insensatezza, contrarie alla civiltà come null’altro, il nazionalismo, questa névrose nationale, di cui soffre l’Europa, questa perpetuazione di un’Europa fatta di staterelli, di piccola politica: hanno privato l’Europa del suo stesso senso, della sua ragione-l’ hanno spinta in un vicolo cieco”.
Ora il vicolo cieco è la volontà di mettere l’Europa contro la Russia, di escludere la Russia dall’Europa, di farle guerra a oltranza, anche a costo di una catastrofe atomica. Tutto questo in nome di un presunto nazionalismo europeo, di una cultura e di una civiltà squisitamente europea. I Russi sarebbero dei barbari ignoranti e incapaci sottomessi a un despota detto Zar.
Nietzsche 120. Ecce homo. Il caso Wagner 3
Nietzsche antitedesco. La profondità necessaria
“Con i Tedeschi, come con le donne, non si tocca mai il fondo, perché non c’è: ecco tutto (…) non si vogliono mettere le cose in chiaro con se stessi (…) Forse che i Tedeschi hanno mai prodotto un solo libro profondo? Ho conosciuto dei dotti che consideravano profondo Kant. E quando mi è capitato di esaltare Stendhal come profondo psicologo, trovandomi in compagnia di professori universitari tedeschi, ho dovuto compitare il suo nome”.
Nelle Supplici di Eschilo, Pelasgo, il re di Argo cui le supplici Danaidi hanno chiesto protezione, dice che occorre un pensiero profondo, in grado di dare salvezza (dei' toi baqeiva" frontivdo" swthrivou), e capace di scendere nell’abisso, simile a un tuffatore (divkhn kolumbhth'ro"), con occhio vigile e non ebbro (vv. 407-409).
Vuole aiutare le 50 ragazze e pure evitare la guerra con i 50 Egittidi che le inseguono bramando le nozze con le cugine renitenti.
Tali parole si addicono allo stile e ai contenuti della tragedia greca, di questa e di altre.
Oggi occorrerebbe un pensiero profondo per capire come salvare l’umanità da questa guerra, ma i politici europei come abbiamo visto applaudono chi chiede le armi, ripetono slogan e fanno chiacchiere moleste.
I Tedeschi a parer mio cercano la rivincita rispetto alle botte prese da Zukov, i Francesi la rivincita su Kutuzov. Ma nessuno vincerà questa guerra orribile: la perderemo tutti.
Un mio ex allievo ebreo disse nel 1985: se la Germania verrà riunificata, i tedeschi farammo la terza guerra mondiale.
Nietzsche 121 . Ecce homo. Il caso Wagner 4.
Ancora Nietzche antitedesco. Il gentiluomo e la canaglia.
“E perché non dovrei andare fino in fondo? Mi piace fare piazza pulita. Passare per spregiatore par excellence dei Tedeschi fa parte della mia ambizione. Già a ventisei anni ho avuto modo di esprimere la mia diffidenza per il carattere tedesco (terza Inattuale)”
Si tratta di Schopenhauer come educatore che uscì nel 1874 invero quando Nietzsche ne aveva 30.
Ne cito una frase: “noi tutti per mezzo di Scopenhauer possiamo educarci contro il nostro tempo perché abbiamo il vantaggio di conoscerlo realmente per mezzo suo. Seppure questo è un vantaggio”.
Abbiamo già visto come Niezsche metta in rilievo l’isolamento e l’onestà del veritiero Schopenhauer.
Ma torniamo al Nietzsche antitedesco: “Per me i tedeschi sono impossibili. Ogni volta che provo a immaginarmi un tipo di uomo che vada contro tutti i miei istinti ne viene fuori un tedesco. Quando voglio “sondare” un uomo, per prima cosa vedo se ha in corpo un qualche senso di distanza, se ovunque vede il rango, il grado, l’ordine tra uomo e uomo, se sa distinguere: è questo che fa il gentilhomme; in tutti gli altri casi si appartiene senza scampo alla categoria cordiale, ah! Così bonaria della canaille. Ma i Tedeschi sono canaille-ah! Sono così cordiali (…)
Oggi la canaglia vuole la guerra ad ogni costo.
Dieci anni: e nessuno in Germania si è fatto un debito di coscienza di difendere il mio nome contro l’assurdo e deliberato silenzio sotto cui lo hanno sepolto (…) Io per me non ho mai sofferto di tutto questo; il necessario non mi ferisce; amor fati è la mia intima natura”.
E’ l’oblio che “preme chi troppo all’età propria increbbe” come accadde anche a Leopardi (La ginestra, 69)
Ora vorrei dire due parole sulla distanza che il gentiluomo tiene dalla canaglia. Personalmente considero canaglia la gente chiassosa, gregaria e servile , come appunto sono i cani.
Nella Ricerca di Proust la canaglia è la borghesia del salotto dei Verdurin, canaglie sono gli snob, mentre gentiluomini e gentildonne sono i Guermantes antichi e nobili
I nobili fraternizzano più volentieri con i loro contadini che con i borghesi (I Guermantes, p. 534)
“Quel famoso lusso in cui i Guermantes, ricchi o mezzo rovinati, eccellavano nel far partecipare gli amici, non era soltanto un lusso materiale, ma anche una dovizia di parole cortesi, di atti gentili, tutta un’eleganza verbale alimentata da un’autentica ricchezza interiore” (p. 590)
“I gran signori sono quasi le sole persone dalle quali si può imparare come dai contadini: la loro conversazione si adorna di tutto ciò che riguarda la terra, le abitazioni come erano abitate una volta, le antiche usanze, tutto ciò che il mondo del denaro ignora profondamente” (p.595).
La borghesia dei profittatori e degli ignoranti dunque è la vera canaglia
La borghesia non lascia tra uomo e uomo "altro vincolo che il nudo interesse, lo spietato pagamento in contanti. Essa ha affogato nell'acqua gelida del calcolo egoistico i santi fremiti dell'esaltazione religiosa, dell'entusiasmo cavalleresco"[1].
H. Hesse in Il lupo della steppa definisce il borghese :"una creatura di debole slancio vitale...l'assoluto gli è intollerabile"(p.XVII).
Quando si esclude l’assoluto fiorisce la chiacchiera: “Perché c'è soltanto un'antitesi assoluta all'assoluto e cioè la chiacchiera vana"[2].
Leggiamo Pasolini con il suo anatema contro la cultura pragmatica, priva di carità che è poi quella borghese: “io per borghesia non intendo tanto una classe sociale quanto una vera e propria malattia. Una malattia molto contagiosa: tanto è vero che essa ha contagiato quasi tutti coloro che la combattono: dagli operai settentrionali, agli operai immigrati dal Sud, ai borghesi all’opposizione, ai “soli” (come son io). Il borghese - diciamolo spiritosamente – è un vampiro, che non sta in pace finché non morde sul collo la sua vittima per il puro, semplice e naturale gusto di vederla diventar pallida, triste, brutta, devitalizzata, contorta, corrotta, inquieta, piena di senso di colpa, calcolatrice, aggressiva, terroristica, come lui.[3]”
Infine don Lorenzo Milani: Una classe che non ha esitato a scatenare il fascismo, il razzismo, la guerra, la disoccupazione. Se occorresse “cambiare tutto perché non cambi nulla” non esiterà a abbracciare il comunismo”[4].
Villa Fastiggi 3 settembre 2024 ore 6, 58 giovanni ghiselli
p. s.
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[1] Manifesto del partito comunista di Marx-Engels, p. 59.
[2]S. Kierkegaard, In vino veritas , p. 58.
[3] P- P. Pasolini, Il caos, p. 39.
[4] La frase fra virgolette è nel romanzo “Il Gattopardo”. La dice un principe siciliano all’arrivo dei garibaldini (1860). Poi fa il garibaldino anche lui e così non perde né i soldi né il potere. Scuola di Barbiana. Lettera a una professoressa, p. 74.
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