NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

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giovedì 2 aprile 2020

la storia di Kaisa. Capitolo 10. La richiesta della discrezione. Don Giovanni: l’incarnazione della carne

Francisco d'Andrade interpreta Don Giovanni
"L'aria dello champagne"
Dipinto di Max Slevogt, 1903
La richiesta della discrezione. Don Giovanni: l’incarnazione della carne

Quel giorno era il 28 di luglio. La finnica dagli occhi viola e i capelli nerissimi, insomma il mio tipo, dopo la palinka alla prugna disse che di notte aveva pensato a noi due, e siccome io la sera prima avevo detto di amarla, e, anzi, parlando le avevo addirittura prefigurato la catastrofe tragica dove sarei finito qualora il mio amore non fosse stato contraccambiato, e, d’altra parte, per lei non era un sacrificio venirmi incontro dove volevo, anzi ne aveva una gran voglia, ebbene, se potevamo farlo senza disonorare quel buon uomo del marito che la aspettava con il bambino in Finlandia, se poteva contare sulla mia discrezione, non c’era bisogno di chiedermelo, ma certi suoi colleghi invidiosi avevano occhi puntati, da spie, e bifide lingue tossiche, insomma se fossimo stati attentissimi a non farci notare da tali serpenti velenosi , avremmo potuto mettere insieme, a buon frutto, le nostre reciproche inclinazioni, e vivere un amore non duraturo magari, ma bello sì, proprio bello.
“Ho capito, è l’eterno marito questo da tutelare”, pensai.
Poi le dissi: “Conta sulla mia riservatezza: per fare l’amore con te mi farei tagliare non solo la lingua ma anche l’unico braccio che è rimasto a mia completa disposizione”.
Avevo l’avambraccio destro ancora ingessato.
Kaisa fece un sorriso di intesa e accarezzò il gesso.
“Bravo Gianni, arcibravo(1), ce l’hai fatta anche da monco”, pensai
Ero compiaciuto assai di me stesso. Mi sentivo padrone dell’arte di sedurre donne sposate. Non pensavo che forse l’amore con una donna libera, una non è costretta a mentire, può dare maggiore soddisfazione. O lo pensavo ma non lo credevo. Tuttora, con il senno di adesso, non so cosa credere sulle donne e l’amore. So che mi piacciono molto e che divento tristissimo quando a loro non piaccio. Non essere contraccambiati è una grossa disgrazia in tutti i campi ma nell’amore è una tragedia. E’ la vita stessa che ti ripudia. Con il senno invecchiato magari ci si innamora soltanto dopo essere stati contraccambiati.
“Quelle che non mi contraccambiano, peggio per loro”, penso adesso con un callido anacoluto.
Fatto sta che per amarsi del tutto gratis, cioè senza calcoli, bisogna essere reciprocamente congeniali e simili quanto a gusti, levatura estetica, culturale, morale e, aggiungo, pure politica.

 In quel periodo recitavo la parte del Don Giovanni per reazione alle frustrazioni sessuali e mentali subite dalle femmine fino a pochi anni prima: “Ah la mia lista doman mattina d’una decina deve aumentar!”(2) Canticchiavo tra me e me, quando andai a urinare, non contro un muro ma nel gabinetto, durante una pausa del corteggiamento riuscito. Poi mi guardai, immancabilmente, allo specchio. Ancora una volta nel mio volto vidi in filigrana mia madre. “Ciao mamma”, dissi alla duplice immagine “ti sono grato di avermi messo in questo bel mondo, in questa valle di lieti sorrisi”.
 Poi aggiunsi “sono il vero Giovanni: l’ incarnazione della carne o la spirtualizzaxione della carne mediante lo spirito stesso della carne (3)”



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(1) Cfr. Don Giovanni, Mozart - Da Ponte, I, 15
(2) Don Giovanni, Mozart - Da Ponte, I, 15,
(3) Cfr. Kierkegaard, L’idea di Don Giovanni e la musica di Mozart, 2, La genialità sensuale del seduttore

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