mercoledì 23 giugno 2021

Moena marzo 1981. 25. Preghiere serali al Sole, immagine visibile della Mente Divina

Pale di s. Martino al tramonto
Allorché fummo sazi di baci e carezze, ci rivestimmo. Il sole intanto si era avvicinato alle montagne: molto più lunghe e fredde cadevano le ombre dai dossi rotondi e dalle rocce appuntite.

Bisognava tornare verso la seggiovia prima che chiudessero le piste e fermassero gli impianti, lasciandoci in mezzo alla neve tutta la notte, quando sarebbe stato non piacevole bello e festoso, ma raccapricciante, forse anche letale rimanere distesi sotto il cielo, sia pure abbracciati e vestiti, guardando le stelle.

Eravamo ancora contenti, anzi quasi felici. Ifigenia disse che l'amore fatto all'aperto era un segno di ritrovata intesa dopo due anni di smarrimento e confusione. Mentre tornavamo in paese con l'ultima corsa della cabina che pullulava di inservienti rubizzi e giulivi, osservavo il sole declinare tra le rupi aguzze: sembrava uno splendido uccello di fuoco calato sul nido di pietra dove aveva appoggiato gli artigli, mentre raccoglieva le ali e piegava il collo, arrotondando la forma dalle piume vermiglie.

"Lì non si scorgono del sole le rapide membra; in tal modo nel serrato segreto dell'armonia si è resa compatta la sfera circolare tripudiante della beata unicità" (30); al tramonto non ometto mai di osservare e pegare l’immagine visibile della Mente dell’Universo (31).

Pensai a quante orazioni gli avevo rivolto dovunque l'avessi visto andare a dormire, quando si annidava tra i monti dopo un volo in mezzo alla sua luce, o si tuffava come pesce nel mare, oppure si stendeva, come un vagabondo, in un giaciglio di foglie tra gli alberi delle colline, o scendeva su grandi pianure, in mezzo a corone di rondini e di nubi purpuree. Dovunque gli avevo rivolto preghiere, sempre esaudite se buone, poi gli avevo reso i ringraziamenti pieni  riconoscenza amorosa, e lo feci anche quel giorno di marzo, poiché con la sua fiamma vivace aveva ravvivato la fiaccola nostra, già vacillante, languida e vicina a morire. Ero riconoscente pure a Ifigenia, siccome aveva assecondato i progetti del dio che da noi si aspettava le cose egregie cui ci aveva predestinati ab aeterno. Io  avrei scritto un capolavoro, lei sarebbe diventata una grande attrice e ci saremmo amati per sempre. Glielo dissi e le feci piacere. Così, confidando in destini buoni, tornammo alla Campagnola e cenammo.

 

Note

30 Cfr. Empedocle, Poema fisico, fr.30 Diels-Kranz.

31 “Nulla sensibile in tutto lo mondo è più degno di farsi essemplo di Dio che’l

sole. Lo sole tutte le cose col suo calore unifica” (Dante, Convivio, III, 12).

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