Lev Tolstoj (1828- 1910) Resurrezione (1899) Edizione Einaudi negli “Struzzi” 1982 traduzione di Clara Coïsson.
I capitolo
E’ il terzo romanzo di Tolstoj, quello che ho amato di più.
Nel primo capitolo l’autore rileva il contrasto tra la natura di fine aprile piena di luce, di contentezza e la malvagità degli adulti della nostra specie
“Piante, uccelli, insetti, bambini, tutti erano allegri. Ma gli uomini, quelli grandi, quelli adulti, non cessavano di ingannarsi, di tormentarsi a vicenda”
Per loro non era sacro e importante il bellissimo mattino di primavera bensì “quello che avevano escogitato per spadroneggiare gli uni su gli altri”.
E’ l’eterna ricerca del potere-kravto~- che non è potenza duvnami~ non è possibilità e capacità di fare delle cose buone.
Altra cosa triste cui gli uomini devono prestare grande attenzione è la burocrazia.
Una giovane donna “la Màslova” viene portata dalla prigione nel tribunale dove sarà giudicata.
“Una donna giovane, piuttosto piccola, dal petto molto fiorente” (p. 6) Aveva la testa avvolta da un fazzoletto “da cui sfuggiva, certo volutamente, qualche ricciolo nero”.
E’ il tipo di ragazza nel quale molti uomini vedono un bel giocattolo e pensano che sia disponibile al loro piacere.
Questa è una giovane dal passato difficile, tormentato, il tipo della “puttana santa” presente anche in Delitto e castigo di Dostoevslkij nella la figura di Sonia.
La Màslova aveva “occhi nerissimi, lucidi, un po’ gonfi ma molto vivaci, uno dei quali lievamente strabico. Sapeva di piacere agli uomini. “Ella si teneva molto diritta, col fiorente seno eretto” (6).
Tosltoj la presenta con simpatia e compassione.
Manzoni nel descrivere un’altra vittima, la monaca di Monza, ne ha pietà ma non comprensione né simpatia.
“Il suo aspetto, che poteva dimostrare venticinque anni, faceva a prima vista un’impressione di bellezza, ma d’una bellezza sbattuta, sfiorita e direi quasi scomposta (…) La grandezza ben formata della persona scompariva in un certo abbandono di portamento, o compariva sfigurata in certe mosse repentine, irregolari e troppo risolute per una donna, non che per una monaca (…) Nel vestire stesso c’era qua e là qualcosa di curato o di negletto, che annunziava una monaca singolare: la vita era attillata con una certa cura secolaresca”
Questa donna viene messa in cattiva luce per la sua “stranezza” (I promessi sposi, capitolo IX). Lo strano della donna ne esclude la rispettabilità. E pure la felicità fino a “La sventurata rispose” del capitolo X.
Nel romanzo di Tolstoj non c’è tale moralismo nei confronti della donna, bensì verso la società fatta da uomini che le hanno fatto del male a partire da Dimitrj Ivànovič Nechliùdov un giovane ricco che l’aveva sedotta poi era sparito finché la rivede al processo dove è tra i giurati.
La ragazza innamorata e abbandonata, priva di ogni aiutino, è finita in un bordello e all’inizio del romanzo giunta a 26 anni è accusata di avere avvelenato un suo cliente.
Nonostante tutto ha un carattere gioviale: è pronta a rallegrasi del fatto che piace agli uomini e pure della primavera indifferente alle persone “normali”.
Bologna 4 giugno 2025 ore 10, 46 giovanni ghiselli
p. s.
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