L'addio con La
visione dell’unità. Il sentimento della necessità di iniziare l'opera.
Scendemmo in
strada. Faceva caldo anche fuori. Ci augurammo buona fortuna a vicenda, ci
stringemmo le mani. Poi Ifigenia salì sulla bicicletta e iniziò a pedalare.
Vedevo i capelli neri neri e fluenti fino alle spalle semiscoperte. Dopo
pochi metri, girò il volto abbronzato più che mai dall’eliotropismo.
Mi guardò e
sollevò la sinistra agitandola in segno di saluto. Pensavo che non l'avrei
vista più. Perciò cercai di osservarla con attenzione e intensità. Eppure
alla mia vista si imposero altre immagini. Dietro la bella figura di lei
c'erano alcune persone brutte, tetre, mezze morte che aspettavano l'autobus;
alle loro spalle vedevo un orrendo prato della sventura[1]
dall'erba già risecchita e cosparsa di carte, bottiglie, barattoli, aghi arrugginiti,
sacchetti e siringhe di plastica.
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Ifigenia
continuava a sorridermi.
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In questo
contrasto di bello-brutto, radioso-opaco, vitale-morente, vidi l'immagine
della mia vita. Tanti dolori c'erano stati: l'infanzia povera di affetti, gli inverni gelidi,
flagellati dalla bora che penetrava fin dentro il focolare della cucina
tormentando la fiamma, le liti delle donne squilibrate di casa, il nonno maltrattato,
il padre vacante, gli amori non contraccambiati, l'abortimento della creatura
concepita da Päivi, e da me, le morti di amici e parenti strappati alla vita, la
loro e la mia, che ogni volta ne era stata diminuita. Poi c'erano immagini
ancora più tristi, di rapporti sessuali affamati, nervosi, con donne che non
mi piacevano, non stimavo, o addirittura disprezzavo: quelle che dopo
l'orgasmo nemmeno potevo guardare in faccia; poi il raffreddore da fieno con
l'asma che non lascia dormire tutte le notti dei maggi avvelenati; quindi l'immensa
volgarità della gente ordinaria depravata e mortificata dal pervertimento del
messaggio di Cristo e dall'avidità degli speculatori. Poi le stragi che hanno
insanguinato via via, banche, piazze, treni, stazioni; le bombe dal ringhio
metallico che hanno fatto macelli di uomini donne e bambini dilaniati e
squartati al pari di pecore e buoi. Tali visioni dolorose pullulavano nell'aria
infuocata.
Ma ecco che cominciarono
ad apparire anche immagini belle. Vedevo le donne che mi avevano aiutato:
quelle di casa innanzi tutto, la mamma, la nonna, le tre zie; grazie a loro
ero sopravvissuto, avevo studiato, possedevo una casa a Bologna, due a
Pesaro, e diversi ettari di terra in odore di fabbricabilità: dei soldi in sé
non mi importava, ma erano serviti alla mia indipendenza. Quindi le finniche
della mia vita, Helena, Kaisa, Päivi ed altre meno importanti; poi le amanti non
tanto speciali ma dignitose; poi le alunne intelligenti come Luciana; le
sante amicizie, dell'Antonia, di mia sorella, di Fulvio; i successi
scolastici, da studente e da insegnante, l'arricchimento che mi stava a
cuore, quello mentale, conseguito leggendo i classici per tutta la vita, poi
l'amore per la natura, il talento educativo,
quello sportivo, la fioritura mentale e fisica degli allievi, ma sopra tutto,
davanti a tutto, Ifigenia che mi aveva illuminato zone nuove del mondo,
strane e misteriose regioni
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dell'anima.
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"Nel suo
profondo vidi che s'interna/ legato con amore in un volume/ciò che per
l'universo si squaderna; sustanze e accidenti e lor costume, /quasi con flati
insieme "[2]. Il
rovescio del big bang.
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La figura di
Ifigenia era la sintesi e il sole
della mia vita. Essa avrebbe gettato luce sulle immagini annidate nella
memoria rendendole degne di ricordo e di memoria eterna. Il resto era compito
mio: dovevo riscattare i nostri errori di misere creature mortali attraverso
la bellezza delle parole e l'intelligenza dei fatti;
dovevo scontare la morte eternando i trenta mesi della
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nostra storia. Non
c'era un minuto da perdere: bisognava iniziare prima che quel sentimento
grandioso mi spaventasse o mi schiacciasse
con la paura della difficoltà dell'impresa
grande e necessaria.
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Ifigenia intanto
aveva girato di nuovo la bella faccia, aveva voltato l'angolo ed era
scomparsa.
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Giovanni ghiselli
P. S.
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Vi ricordo la mia
prossima conferenza
30
aprile ore 17-18, 30. Aula
Guglielmi del Dipartimento di filologia classica e italianistica, via Zamboni, 32.
La
presenza di autori greci e latini nella letteratura
dell’Europa moderna.
Argomenti della conferenza:
Indicherò la presenza di loci
di autori latini in Dante, di nuovo in
Shakespeare, poi in Machiavelli,
Manzoni, Alfieri, T. S. Eliot.
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