lunedì 26 ottobre 2020

Il poeta latino Stazio quale maestro di ambientalismo. Suggerisco di leggerlo a quelli odierni

Argomento

I cosiddetti ambientalisti raramente denunciano la guerra come causa prima della rovina dell’ambiente. Lo fa invece Stazio (45 - 96), con parole efficaci nei suoi poemi

 

Nella Tebaide la terra soffre il disboscamento dovuto alla costruzione di una pila colossale per il piccolo Ofelte: “ dat gemitum tellus”(VI, 107), ne piange la terra. Pale, dea dei campi e Silvano, signore dell’ombra della foresta (arbiter umbrae, v. 111), abbandonano piangendo i cari luoghi del loro riposo (linquunt flentes dilecta locorum/otia, vv. 110 - 111), mentre le Ninfe sono abbracciate ai tronchi degli alberi e non vogliono lasciarli: “nec amplexae dimittunt robora Nymphae” (v. 113).

 

Nell’Achilleide Stazio ricorda che la costruzione della flotta necessaria alla guerra contro Troia spogliò delle loro ombre i monti e li rimpicciolì: “Nusquam umbrae veteres: minor Othrys et ardua sidunt/ Taygeta, exuti viderunt aëra montes./Iam natat omne nemus” (I, 426 - 428), in nessun luogo le antiche ombre: è più piccolo l’Otris e si abbassa l’erto Taigeto, e i monti spogliati videro l’aria. Oramai ogni monte galleggia.

 

L’Otris è una catena montuosa della Tessaglia; il Taigeto, si sa, è la montagna che sovrasta Sparta. Chi scrive l’ha scalata da Kalamata alla cima (km 33, 12) in bicicletta in 2 ore, 14 minuti e 27 secondi, alla media di 14, 7 Km all’ora. All’età di 62 anni e 8 mesi.

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