lunedì 31 gennaio 2022

Terenzio, Heautontimorumenos. 23

Atto V  scena 1. Terza parte (925- 931)


Menedemo risponde a Cremete che deve fare quello che precedentemente aveva suggerito a lui.
Dunque: “Fac te patrem esse sentiat” fai in modo che ti senta come padre suo.
Sentire significa cogliere con l’intelligenza ma anche percepire con i sensi  e con la sfera emotiva.
Non so, non mi intendo di paternità ma credo che sentire un’amante o un’amica o un amico significhi ricevere parole buone, poi verificarle confrontandole con le azioni corrispondenti. Sentire un professore quale maestro educatore vuole dire avere la coscienza di imparare e il sentimento della crescita grazie a quanto ci ha insegnato. Un padre, un ottimo padre farebbe sentire tutto questo di sé.
Poi: “Fac ut audeat - tibi credere omnia, abs te petere et poscere, - nequam aliam quaerat copiam ac te deserat” (925-927) fai in modo che abbia iil coraggio di confidare tutto a te, a te chiedere e domandare, perché non cerchi  un’altra disponibilità e ti abbandoni.
E’ un’educazione simile a quella scelta da Micione per il nipote negli Adelphoe. Senza la fiducia dell’uno nell’altro e la confidenza associata al rispetto non c’è educazione del ragazzo né dell’adulto perché la paideia è sempre reciproca.

Una mancata educazione, anzi una diseducazione si trova in diversi passi della Lettera al padre (1919) di Kafka: “Bastava la Tua corposità a opprimermi (…) La tua sicurezza era così grande che potevi anche essere incoerente e tuttavia non cessavi di avere ragione (…) Acquistasti ai miei occhi un alone misterioso, come tutti i tiranni, il cui diritto si fonda sulla loro persona, non sul loro pensiero (…) Bastava essere felici per qualche cosa, averne l’animo pieno, venire a casa ed esprimerlo, e la risposta era un sospiro ironico, un crollare del capo, un tamburellae delle dita sul tavolo: “s’è già visto di meglio” (…) Bastava che io mi interessassi un po’ a qualcuno - data la mia natura non mi accadeva sovente - perché Tu subito, senza riguardo al mio sentimento e senza rispetto per il mio giudizio, intervenissi con insulti, calunnie, profanazioni”.
Rispetto è la parola chiave da intendere nel significato etimologico suggerito da Fromm: "Rispetto non è timore né terrore; esso denota, nel vero senso della parola (respicere = guardare), la capacità di vedere una persona com'è, di conoscerne la vera individualità. Rispetto significa desiderare che l'altra persona cresca e si sviluppi per quello che è. Il rispetto, perciò esclude lo sfruttamento; voglio che la persona amata cresca e si sviluppi secondo i suoi desideri, secondo i suoi mezzi, e non allo scopo di servirmi"[1].
 E ancora: se amo una persona "io la rispetto, cioè (secondo il significato etimologico di re-spicere ) io la guardo come essa è obiettivamente e non travisata dai miei desideri o dalle mie paure. La conosco, sono penetrato oltre la sua apparenza fino al fondo del suo essere e ho collegato me stesso con lei dal profondo del mio essere"[2].
A tutto questo però obietto che tra chi umilia e chi si lascia umiliare se questo è un adulto con una sua indipendenza economica, c’è spesso una forma di complicità. Restare a lungo con una persona che ti maltratta quando te ne puoi andare, significa esserne complice.
 
Cremete prova a ribattere:  preferisco di molto che  vada dove gli pare piuttosto che qui riduca il padre in miseria con stravizi scandalosi. Infatti se continuo a fornirgli i mezzi per una vita dispendiosa, per me, Menedemo, la faccenda va a finire davvero  allo zappare la terra (928-931)


Bologna 31 gennaio 2022 ore 20, 18
p. s.


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[1] E. Fromm, L'arte d'amare , p. 43.

[2] E. Fromm, Psicanalisi della società contemporanea , p. 40.

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