Aristofane Lisistrata XIX. La resa senza condizioni degli uomini guerrafondai
alle donne fautrici di pace.
Il pritano chiede all’araldo spartano che i Laconi
mandino aujtokravtora"
prevsbei", ambasciatori con pieni
poteri per la pace.
Il corifeo dice che non c’è belva più insuperabile della
donna, neppure il fuoco, e nessuna pantera così svergognata-oujde; pu'r, oujd j w|d j
ajnaidhv" oujdemiva pavrdali"- (1015).
La corifea domanda al corifeo perché
le muova guerra, visto che capisce la forza di lei e che potrebbe farsela amica.
Il vecchio risponde: “wJ" ejgw; misw'n
gunai'ka" oujdevpote pauvsomai ”
1018), perché non cesserò mai di odiare le donne.
E’ una risposta alla maniera del
personaggio Ippolito di Euripide: “misw'n d j
ou[pot j ejmplhsqhvsomai-gunai'ka"
”( Ippolito, 664-665), non sarò mai
sazio di odiare le donne.
La corifea a questo punto gli fa un
piacere infilandogli addosso una tunica e togliendogli un moscerino
dall’occhio.
Il vecchio ne trae beneficio: la
zanzara ejmpiv"
ejfrewruvcei -
mi trivellava l’occhio come un pozzo. (1033). La vecchia lo bacia anche, e lui
dice che le donne sono qwpikai;
fuvsei, adulatorie per
natura- qwpeuvw- 1037
Quindi il vecchio che litiga con la
vecchia non senza qualche accenno di corteggiamento reciproco, le dice “né con
le pesti né senza le pesti” (1039).
Il vecchio corifeo dunque vuole fare
la pace ricordando il detto “né con le pesti né senza le pesti” (Lisistrata, 1039) . Insomma, le donne
sono un male necessario.
Quindi
i due semicori uniti intonano un canto di conciliazione
(1043-1071) .
I coreuti vecchie e vecchi proclamano
la loro assenza di intenzioni cattive, al contrario vogliono fare solo cose
buone: infatti bastano i mali che già ci
sono- ijkana; ga;r kai; ta; parakeivmena- 1048. Si
potrebbe ricordare a chi vuole il riarmo oggi.
Nell’Ecuba di Euripide la vecchia regina
supplica Odisseo di non ammazzare la figlia Polissena con un verso che è
un'alta espressione di umanesimo in favore della vita:"mhde; ktavnhte: tw'n teqnhkovtwn
a{li" " (v.
278), non ammazzatela: ce ne sono stati abbastanza di morti.
Questa considerazione dovrebbe
tenerci lontani dai conflitti reciproci sempre e comunque.
I coreuti sono pronti ad aiutare chi
è senza denaro. E, se apparirà la pace, chi ha avuto il soccorso di due o tre
mine, non dovrà restituirle.
Hanno invitato a pranzo ospiti di
Caristo, nell’Eubea che avevano fama di essere gente lasciva. La pace si associa
sempre al godimento. C’è da mangiare della polenta un porcello- delfikovn (1061)
sacrificato, e altra roba buona e bella si può gustare per giunta.
La festa è sempre associata al
mangiare. Sono invitati gli spettatori naturalmente purché vengano lavati.
Ricorderete che nelle Nuvole Socrate e i socratici sono
accusati di scarsa pulizia anche corporea, quale correlativo somatico,
oggettivo, della sporcizia mentale.
Ripuliti, gli invitati potranno
entrare.
L’ultimo
verso dei due semicori uniti è un ajprosdovkhton, una contraddizione inaspettata: quindi la porta sarà
già stata chiusa-
hJ quvra kekleivsetai 1071. Una battuta
poco chiara. Forse intende dopo che gli ospiti saranno entrati. Oppure chiusa
alla guerra.
Arrivano gli ambasciatori
plenipotenziari spartani con barba e un porcile intorno alle cosce per
nascondere l’erezione.
Lo spartano indica la loro situazione
fallica e il corifeo ateniese dice che quel coso sembra essere infiammato di
brutto e anche peggio-deinw'"
teqermw'sqaiv te cei'ron faivnetai-
(1079).
Il Lacone chiese la pace a qualsiasi
patto.
Sopraggiungono gli autoctoni ateniesi con la tunica scostata dal ventre, mostrando
l'erezione come lottatori: “questa è una malattia da atleti” commenta il
corifeo.
Forse quando si esercitavano per le
gare dovevano astenersi dal sesso.
Il corifeo rileva l’erezione e il
presidente ateniese dice che non ne
possono più della castità: se le donne procederanno con lo sciopero Kleisqevnh binhvsomen (1092), fotteremo Clistene.
E’ l’ omosessuale infamato già nei Cavalieri (1374) e nelle Nuvole (365).
Oltretutto aggiunge il corifeo c’è il
pericolo degli ermocopidi che hanno la mania di tagliare. Un pericolo di
castrazione dunque. Allude alla mutilazione delle erme di cui venne accusato
Alcibiade alla vigilia della spedizione in Sicilia (415).
Sicché si rimettono a posto la tunica.
Spartani e Ateniesi dunque si trovano
d’accordo sulla necessità di fare la pace.
Sicché le femmine hanno vinto la
guerra e ricevono una resa senza condizioni.
Bisogna convocare Lisistrata. Questa
esce dall’Acropoli ed entra in scena.
La donna viene salutata dal corifeo
come ajndreiotavth, la più virile: ora bisogna che sia terribile-deinhvn- e mite, buona e cattiva-ajgaqh;n fauvlhn- superba e amabile semnh;n ajganhvn, poluvpeiron, avvalendosi della tanta esperienza (1109.)
Eccoci qua conclude il corifeo, noi oiJ prw`toi tw`n JEllhvnwn
1110, primi tra gli Elleni, vinti dal tuo fascino affidiamo a te la soluzione
delle nostre contese.
Avvertenze: il blog contiene una nota
e il greco non traslitterato
Bologna 4 aprile 2025 ore 18, 26 giovanni ghiselli
Aristofane Lisistrata XX. Lisistrata è maestra di Pace. Ricorda le
benemerenze reciproche tra Ateniesi e Spartani,
Lisistrata dà lezione di buone
maniere e di conciliazione a uomini e donne, a Spartani e Ateniesi. E’ la
magistra pacis come Diotima nel Simposio
platonico è la professoressa dell’amore
Lisistrata sostiene che non è
difficile risolvere le contese se una ha a che fare con gente matura che non cerca il cimento degli uni contro gli
altri.
Tavca d j ei[somai. Lo saprò presto.
Domanda
dove sia la Pace
pou` jstin hJ Diallaghv; la riconciliazione (1114); quindi dall’alto
scende con un argano una bella ragazza nuda che la personifica. Lisistrata le
chiede di recarsi a Sparta, poi di
ritornare portando con sé gli Spartani, e la prega di farlo mh; caleph`/ th`/ ceiriv non con mano dura e arrogante, né come facevano i
nostri uomini da ignoranti- ajmaqw`" 1117 bensì come
conviene alle donne- 1116 ajll j wJ" gunai`ka" eijkov" (1119) in modo del tutto affabile- oijkeivw" pavnu, con tutta grazia.
Lisistrata biasima la cattiva
educazione e la condanna come disdicevole e improduttiva. Il maleducato
aggressivo è spesso un ignorante e un frustrato, ed è quasi sempre un debole.
Del resto bisogna agire con decisione. E se
qualcuno fa il cane e non ti dà la mano, prendilo per la coda (th'" savqh" a[ge 1119 cfr. saivnw
scodinzolo).
Poi la Pace dovrà portare lì da Lisistrata anche gli Ateniesi
Quindi Lisistrata cita un verso di
Melanippe la saggia di Euripide (fr. 487)
ejgw; gunh;
mevn eijmi, nou'" d j e[nestiv moi (1124), sono una donna ma ho senno!
Queste citazioni dei tragici
soprattutto di Euripide, rende l’idea di quanto dovevano essere popolari ossia
noti al popolo le tragedie rappresentate.
Quindi Lisistrata rimprovera i maschi
che vanno a purificare con l’acqua gli altari a Olimpia, alle Termopili, a
Delfi, e in altri luoghi che sarebbe lungo elencare, e mentre incombono i
nemici barbari con gli eserciti, voi -li apostrofa- fate morire uomini e città della Grecia [Ellhna" a[ndra" kai; povlei" ajpovllute (1135).
I veri nemici vuole dire Aristofane sono i Persiani,
anticipando l' Ifigenia in Aulide di
Euripide di un lustro e Isocrate di vari decenni.
Il Pritano ribatte sono io che muoio, così arrapato
(scappellato)- ejgw; d j ajpovllumai ajpeywlhmevno"
–ajpoywlevw- ywlhv , hJ-è il glande fuori
dal rivestimenti.
Dovere della gratitudine
Lisistrata ricorda agli Spartani che
Cimone portò 4000 opliti ateniesi in
loro aiuto contro i Messeni ribelli e o{lhn e[swse th;n Lakedaivmona (1144), salvò l’intera Sparta (cfr. Plutarco Vita di Cimone, 16; Tucidide I, 102).
In quel tempo Messene incombeva sopra
i voi e anche il dio con le scosse di terremoto-hj de; Messhvnh tovte- ujmi`n ejpevkeito cwj
qeo;" seivwn a{ma- 1141-1142
Era il 462 durante la III guerra messenica
(464-455). A Sparta ci fu un terremoto che fece cadere anche alcune rocce del
Taigeto. Si ribellarono gli iloti della Laconia, della Messenia e un paio di
comunità perieciche dell’area montuosa. I Messeni si arroccarono sull’Itome 800
metri.
Cimone dunque portò un contingente
atemiese in aiuto degli Spartani ma questi temettero collusioni tra gli insorti e alcuni
Ateniesi, sicché il contingente di
Cimone venne bruscamente rimandato a casa. Atene allora si alleò con Argo, con
i Tessali in senso antispartano e con Megara
in funzione anticorinzia. Cimone venne ostracizzato nel 461. L’ostracismo
serviva già a regolare i conti tra i partiti.
Ingratitudini reciproche
Lisistrata dunque rinfaccia questo
aiuto dell'ateniese Cimone e l’ingratitudine degli Spartani che hanno devastato
l’Attica più volte.
Il Pritano le dà ragione. Lo Spartano ammette
il loro torto e ammira il culo della Pace, indicibilmente bello: “ ajdikivome": ajll j oj
prwktov" a[faton wJ" kalov"
(1148)
Lisistrata poi, per par condicio,
rimprovera gli Ateniesi ingrati verso gli Spartani che cacciarono Ippia nel 510
e liberarono la povli" dalla tirannide.
Quindi lo Spartano elogia Lisistrata
come la donna più buona e il Pritano dice di non avere mai visto kuvsqon kallivona
1158 una fica più bella (cfr. cunnus).
Ora euripidaristofaneggio, come
Cratino.
Tale richiesta di pace si trova anche
nelle Fenicie di Euripide rappresentate nello stesso periodo di tempo
(tra il 411 e il 409).
Giocasta strappa a Eteocle l’aura
eschilea del re preoccupato del bene comune. La madre contrappone all’ambizione
del figlio l’ jisovthς, l’uguaglianza, una norma del cosmo come si vede
nella distribuzione di ore di luce e di buio, uguali nel corso dell’anno. La
brama del più è invece il principio della discordia. Contro le trame
oligarchiche.
Tucidide ricorda che nello stesso governo dei
Quattrocento prevalevano invidie e rancori poiché nessuno voleva l’uguaglianza
ma ciascuno pretendeva di essere il primo. Tali sforzi portarono alla rovina di
una oligarchia nata da una democrazia (VIII, 89, 3).
Giocasta dunque professa un atto di
fede nella democrazia e nell’uguaglianza e nella pace.
Il più ha soltanto un nome: tiv d’ ejsti; to; plevon; o[nomj e[cei movnon ( 553) , poiché ai saggi basta il necessario (ejpei; tav g j ajrkounq j
iJkana; toi'ς ge swvfrwsin 554), le ricchezze non sono proprietà privata dei
mortali (ou[toi ta;
crhvmat j i[dia kevkthntai brotoiv 555), noi siamo curatori di cose che gli dèi
possiedono (ta;
tw'n qew'n d j e[conteς ejpimelouvmeqa, 556) e quando essi vogliono ce le ritolgono o{tan de; crhv/zw's j , au[t j
ajfairou'ntai pavlin (557).
Nella Consolatio ad Marciam (10, 2) Seneca scrive:"mutua accepimus. Usus fructusque noster est ", abbiamo
ricevuto delle cose in prestito. L'usufrutto è nostro
A Polinice Giocasta fa notare che i
favori di Adrasto sono ajmaqei'ς cavriteς (569) favori
disumani e tu sei venuto qua porqhvswn povlin a distruggere
la città ajsuvneta, dissennatamente (Cfr. le Troiane).
Alla fine del Prologo, Poseidone dice:
" E’ stolto tra i mortali chi devasta le città- mw`ro~ de; qnhtw`n
o[sti~ ejkporqei` povlei~-
consegnando al deserto templi e tombe, luoghi sacri
dei morti: egli stesso dopo
deve morire” (vv. 95-97) .
Euripide attraverso Giocasta si
rivolge ai politici ateniesi di quegli anni: mevqeton to; livan, mevqeton ( imp. aor m. duale di meqivhmi.
584), abbandonate l’eccesso, abbandonatelo. E’ un monito alla parte oligarchica
e a quella democratica.
Bologna 4 aprile 2025 ore 18, 09 giovanni ghiselli
p. s.
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