lunedì 12 maggio 2025

Ifigenia XCIX. Le ferite antiche si riaprono.


 

Ifigenia è un nome circondato da un alone letterario, eppure profano;  l’alone di Helena,  la finlandese amata nel 1971, è pure sacro.

Mi accingo a procedere nel racconto della storia con la bella italiana. Cercherò di rendere interessante quanto di personale scrivo in modo che nei miei amori ciascun lettore possa riconoscere qualche cosa dei propri.

La sera del 30 giugno Ifigenia con una coppia di amici suoi e con il suo bambolotto più caro, chiamato Cicciobello, partì per Misano dove avrebbe passato il mese di luglio in una casetta presa in affitto e sulla spiaggia gremita.

Rammento bene quella piccola casa perché c’ero stato un paio di volte, poi mi tornava in mente quando ero a Debrecen dove non cercavo l’amore come negli anni passati, bensì affaticavo il cervello chidendomi perché Ifigenia non mi scrivesse, o per quale altra ragione non arrivasse l’espresso promesso, falso dilemma.

Pensavo  all’amante silente tra le pareti della sua stanza di notte, o nella cucina a bere il caffè dopo il riposo nel letto, non agitato, speravo, e scosso da chissà quale tanghero.

A quella casetta prossima al mare indirizzavo la posta ogni giorno  senza ricevere mai l’agognata risposta. Come succedeva con la mamma bella e bruna negli anni Cinquanta quando ero a Moena con la zia Giulia, e la madre mia si trovava a Pesaro dove spedivo lettere e cartoline senza ricevere mai nulla da lei. Accadrà di nuovo con Päivi dopo la mia visita in Finlandia nel settembre del 1974 e l’aborto mai comunicato.

Helena Augusta invece mi scrisse presto  e mi rese conto di quanto aveva deciso.  Lasciandomo solo e pure libero e con buoni ricordi.

 Ecco perché è diventata la suprema, la sublime tra le donne amanti incontrate in questa vita mortale. Non mi ha mai ingannato. Un’eccezione.

 

A mano a mano che i giorni passavano e la posta promessa non arrivava, si ripeteva l’antico dolore del bambino che si sentiva abbandonato, sicché  il silenzio ostinato  riapriva la ferita, e l’amore per Ifigenia diveniva ogni giorno più brutto, ulcerato con un’infezione che generava  dolore, risentimento, rancore.  Sospettavo, ma non volevo ancora ammetterlo con tutto me stesso, che non rispondere  significa non amare la persona in attesa, siccome ci sono altri piaceri da ricevere e dare.  Avrei dovuto approfittarne per fare altre esperienze anche io, se fossi stato meno pazzo. C’era una tedesca di Berlino est che mi corteggiava assiduamente ma io la frequentavo solo da amico. Tra l’altro questa ragazza aveva un eloquio, pur in inglese, più ricco di contenuti interessanti, ossia politici, dello sciocchezzaio sentimentale, falso oltretutto, cui mi ero assuefatto negli ultimi mesi. Tali donne se ci piacciono per motivi carnali, dobbiamo prenderle come sono, senza soffrire se non sono colte né intelligenti né oneste come la ragazza madre di Cristo o Maria Goretti da Corinaldo l’idolo dell’amico evaso dal seminario di Cesena.

Le femmine non sante sono incarnazioni della carne. Volerle diverse da come sono è u[bri~, è dismisura mentale e morale. Al ritorno Ifigenia voleva continuare con me: se avessi avuto una relazione con la germanica, la bionda Silvia,  avrei avuto l’anima in pace. Ma ero mezzo pazzo. E scemo del tutto: in quel mese caddi in balìa del mio côté deficiente evidenziato dalla zia Rina. Sono ancora pentito di non avere fatto l’amore con quella ragazzona tedesca che anche solo parlando mi insegnava tanto.

Del resto nei due anni seguenti con Ifigenia ho imparato molto altro sul male da tale maestra.

 

Bologna 12 maggio 2025 ore 11, 23. giovanni ghiselli-

p. s

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