mercoledì 15 ottobre 2025

Fëdor Dostoevkij (1821-1881). Parte generale.


 

 Ambivalenza dei sentimenti e dei pesonaggi

 

Delitto e castigo (1866); L’idiota (1869); I fratelli Karamazov (1880)

D. ha contribuito a scoprire il principio più importante della psicologia moderna: l’ambivalenza dei sentimenti: Marmeladov gode della propria sofferenza, come pure Alexej-del Giocatore. Ci sono zone psichiche incontrollate dall’impotentia dei personaggi.

 Coesistono in Raskòlnikov criminalità e spirito di sacrificio, egoismo e generosità.  

Alexej, il giocatore: “Noi Russi siamo dotati di una personalità multiforme.

Svidrigàjolov è un pervertito e un benefattore, Sonja è la prostituta santa, l’idiota è un genio. Come Socrate, Cristo,  Seneca  i suoi personaggi sono segni di contraddizione, amati e odiati.

 

Aggiungo il Napoleone di Manzoni con i sentimenti contraddittori che suscita.

“Segno d’immensa invidia

E di pietà profonda

D’inestinguibil odio

E d’indomato amor” ( Il 5 maggio) vv. 57-60)

 

Cristo quale segno di contraddizione. Lo siamo un po’ tutti

 Cfr. N. T. Luca 2, 35: Simeone homo iste iustus et timoratus et spiritus sanctus erat in eo. aspettava di vedere il Cristo del Signore prima di morire.  E quando  vide puerum Iesum portato nel tempio dai genitori disse : “Nunc dimittis servum tuum Domine, secundum verbum tuum in pace”.

 Aveva infatti visto il lumen ad rivelationem gentium, la luce che illumina le genti   

Poi disse a Maria: “ecce positus est hic in ruinam et in resurrectionem multorum in Israel et in  signum cui contradicetur,  ut revelentur ex multis cordibus cogitationes segno cui si contraddirà perché siano svelati i pensieri da molti cuori. Anche a te, aggiunge Simone a Maria Simone, anche a te una spada trafiggerà l’anima (Luca, 2, 34-35)

 

I suoi personaggi sembrano sempre in attesa del giudizio universale.

Vogliono sfidare la sorte, darle uno schiaffo e mostrarle la lingua.

 

Regna una tensione terribile, spesso si scatena il caos. Il dionisiaco prevale sull’apollineo: la conclusione è irrazionalistica poiché la soluzione non viene dalla forza e dal rigore dell’intelletto ma piuttosto dal sacrificio della ragione, dalla vita stessa che prevale sulla dialettica.

 

La ratio per questi personaggi, non è, come per Seneca, naturae imitatio[1] ma semmai una limitazione o addirittura una contraffazione della natura.

 

Nel 1849, a 28 anni, Dostoevkij fu condannato a morte per la sua appartenenza a cerchie radicali e socialisteggianti.  Poi la pena fu ridotta a 4 anni di lavori forzati. Ne uscì cambiato e divenne un difensore dell’autorità, mistico, reazionario.

Comunque nella sua arte ha grande importanza la solidarietà con gli umiliati e gli offesi, una solidarietà fatta di compassione senza auspici rivoluzionari. Cfr. Giovanni Pascoli.

 

Si sente solidale soprattutto con il proletariato intellettuale come Raskolnikov; egli stesso si definiva “cavallo da posta” poiché lavorava sempre sotto l’assillo del contratto.

La gente colta dovrebbe congiungersi con il popolo ingenuo e credente.

 

Cfr. le Baccanti di Euripide su Dioniso

“Uguale al ricco e a quello di rango inferiore

concede di avere la

 gioia del vino che toglie gli affanni;

e porta odio a chi queste cose non stanno a cuore:

durante la luce e le amabili notti

passare una vita felice,

e saggia tenere la mente e l’anima lontane

dagli uomini straordinari;

ciò che la massa 

più semplice crede e pratica,

questo io vorrei accettare” (421-432)                                                                                

 

I suoi personaggi “eccezionali” come Myskin o Raskòlnikov sono esclusi da ogni classe sociale

“Noi non abbiamo contrasti di classe-scrisse-poiché l’anima russa è più grande dei contrasti di classe”.

 

La tipicità di alcuni popoli europei (il Giocatore del 1886):

 

I Russi sono sregolati e tendono allo sperpero.

gli Inglesi sono per lo più goffi e ineleganti.

I Francesi sono commedianti, artefatti.

Tali mi apparivano a Debrecen negli anni 1966-1980.

Sono del resto capaci di forma, una forma ereditata, come un vestito.

Cfr. le smorfiette e le leziosaggini di Blanche in confronto alla durezza di Polina. I Francesi avevano già la forma quando i Russi erano ancora degli orsi

I Tedeschi sono soggetti all’autorità del Vater, poi dei vari capi (cfr. la Germania di Tacito). Tendono ad accumulare denaro e a giustiziare quelli diversi da loro.

 

In Delittio e castigo abbiamo una rappresentazione naturalistica della città moderna: un luogo pieno di cupa miseria con le bettole come nature morte. Eppure manca la polemica sociale.

L’autore ha una passione maniacale per lo studio dell’anima umana: “mi chiamano psicologo-scrive- ma non è esatto; io sono realista nel senso più alto: rappresento tutte le profondità dell’anima umana”. I suoi personaggi sono pensatori maniacali, in lotta con le loro idee, come Eracle con i mostri giganti.

 La loro attività incoercibile è il pensare e il dialogare. La critica mette in rilievo la struttura drammatica dei suoi romanzi, contrapponendoli all’ampio flusso epico di quelli di Tolstoj.

Questo descrive con ritegno costumi e atteggiamenti aristocratici (cfr. la sui neglegentia di Anna Karenina) spesso in autentici o immorali, mentre Dostoevskij  ama situazioni estreme, allucinate, caratteri esasperati, e rifugge dalla rappresentazione del normale, del quotidiano.

Un sottoproletariato,  diverso rispetto a quello di Pasolini.

Cerca il demoniaco, l’anormale, lo spettrale, il patologico anticipando vari aspetti del decadentismo. E’ una rivolta contro la visione scientifica, contro l’illuminismo che non salva e non valorizza le differenze, contro la dialettica di Hegel cui deve succedere la vita.

Come aveva già fatto Sofocle, D smonta il logos.

Nell’epilogo di Delitto e castigo leggiamo di Raskolnikov in Siberia, condannato a 8 anni di lavori forzati e finalmente innamorato di Sonia dopo molte resistenze mentali e tanto rimuginare:

“Quella sera non gli era possibile pensare a lungo ad una sola cosa né concentrarsi in un solo pensiero; non riusciva a ragionare su nessun problema: poteva soltanto sentire. Alla dialettica era subentrata la vita e nella sua coscienza si preparava ormai qualcosa di completamente, oscuramente diverso” (p. 620, Garzanti, 1973)

Intanto “Sonja era così felice da avere quasi paura della sua stessa felicità” (p. 621)

Quanto al “poteva soltanto sentire” di Raskolnikov  è una ripresa di quello che aveva detto Marmeladov ubriaco nella bettola di San Pietroburgo, quando  dice a Rodi che lo osserva: “Signor mio, forse tutto questo vi farà ridere, come gli altri, e io non faccio che infastidirvi con la stupidità di questi miserabili particolari della mia vita domestica; ma il fatto è che a me non fanno ridere! Poiché queste sono tutte cose che io sento” (p. 24)

 

 

Rodiòn Raskòlnikov viveva a San Pietroburgo in uno stambugio che sembrava più un armadio che una stanza.

Era sempre in arretrato con l’affitto e temeva di incontrare la padrona che viveva al piano di sotto. Il ragazzo attraversava uno stato di irritabilità e di tensione simile all’ipocondria[2]. Si era isolato dal resto del mondo. Era afflitto dalla miseria e non poteva pagare. Non temeva la padrona di casa ma non voleva darle spiegazioni. Era in una certa confidenza con lei poiché era stato fidanzato con la figlia di lei, poi morta, di lei.

 Dostoevskij dà piena cittadinanza all’ejnantivon, il contrario, mentre Hegel accettava solo l’ e[teron l’alterità superabile nella sintesi.

Cfr. Moosbrugger in Musil e   la diversità non condannata né disprezzata da Erodoto.

Dostoevkij riconosce e comprende non solo le diversità tra gli uomini ma anche le anomalie, le deviazioni, le mostruosità dei singoli individui. E’ doveroso ma non difficile difendere i diversi come i negri o le donne. Dpstoevskij difende il ragazzo che massacra le vecchie e spiana la strada ai mostri del decadentismo, a Moosbrugger che quando sentiva dire di una ragazza bocca di rosa, vedeva il volto della ragazza come una rosa da recidere con il coltello.

“Aveva detto a una ragazza bocca di rosa ma a un certo punto la parola cedeva nelle cuciture, il viso si trasfigurava e diventava una rosa; allora diventava irresistibile la tentazione di prendere un coltello e reciderla o di darle un colpo perché tornasse al suo posto” (L’uomo senza qualità, p. 232)

 

Comunque l’individualismo è un male che porta al caos e all’anarchia, il principium individuationis è la negazione dell’idea divina che si manifesta nel popolo. Raskòlnikov vuole provare a se stesso che può diventare un Napoleone, e la sua azione criminale è prima di tutto un esperimento mentale. La solitudine e la povertà l’hanno portato alla mania. Comunque l’arzigogolare che occupa mezzo libro non è volgare né stupido. Vuole ammazzare una vecchia usuraia e con i soldi di lei aiutare se stesso e i poveri. Una morte in cambio di cento vite: questa non è morale ma matematica. Raskolnikov è una vittima non solo dell’ingiustizia sociale ma anche delle suggestioni che provengono dalla cultura occidentale.

Il muro di Berlino, diceva Adriana Zarri, andrebbe rialzato.

L’invasione dell’Occidente è la tragedia vera. Dall’Occidente trabocca infelicità nella Russia.

 

I Demoni -1873-hanno avuto un cattivo maestro francofilo: Stepan Trofimovič Verchovenskij , il tutore di Nikolaj quando questi era un bambino, Nikolaj (Nikolas) Vsevolodovič Stavrogin il demone esteta e criminale.

 

La posizione di Raskolnikov quando vuole assimilarsi agli “straordinari” è il rovescio di quella del coro delle menadi di Euripide le quali affermano di volere

 tenere la mente e l’anima lontane

dagli uomini straordinari;

ciò che la massa 

più semplice crede e pratica,

questo io vorrei accettare (Baccanti, vv. 428-432).

 

Ci arriverà anche questo ragazzo dopo avere sofferto e compreso.

Napoleone, il cattivo modello di Raskolnikov , è uno squallido individuo in Guerra e pace (1869) di Tolstoj

 

 Seneca scrive su questi presunti grandi: Non sono invidiabili i ricchi, i potenti né i grandi duci che vincono i nemici. Hi quoque ut vincerent hostem, cupiditate victi sunt  costoro per vincere il nemico furono vinti dalla cupidigia  (…) tunc cum agere alios visi sunt, agebantur. Agebat infelicem Alexandrum furor aliena vastandi et ad ignota mittebat. (Ep. 94, 61), allora quando sembrarono spingere altri, erano spinti. La smania di devastare le terre altrui spingeva l’infelice Alessandro e lo mandava verso l’ignoto ( che sarebbe stato meglio non conoscere, cfr. Alexandros di Pascoli)   

Ai grandi duci massacratori di popoli mancano le caratteristiche che rendono umano un uomo: il dubbio filosofico, la sensibilità artistica, la comprensione, la compassione.

 

Altra deformazione psichica è quella dell’Adolescente  (1875) Dolgoruki che vuole diventare un Rotschild per giungere alla potenza che gli darà l’isolamento.  Cfe. L’Adriano della Yourcenar.

Il ragazzo cerca l’isolamento e la potenza nel denaro. I personaggi principali di Dostoevskij del resto si inchinano davanti a un’idea, non di fronte al vitello d’oro. La malattia di questi personaggi secondo Lukács deriva dagli squilibri della società, come la grande miseria nella città moderna. La povertà fa scattare un desiderio morboso di rivalsa e successo.

 

Nota è l’interpretazione di Bachtin Il romanzo polifonico di Dostoevskij (1968).

 Dice che  esso opera una sorta di carnevalizzazione della vita , ossia un ribaltamento dei legami sociali convenzionali e tende a mettere a nudo i rapporti veri tra gli uomini. L’uomo supera la reificazione e diviene portatore di idea. Raskolnikov  uccide la vecchia e non usa il denaro, non apre nemmeno il borsellino. Ivàn Karamazov è uno di quelli cui non occorrono milioni per trovare una soluzione al proprio pensiero. Cfr. la mirabile leggenda del grande Inquisitore. I fratelli Karamazov è del 1880-

 

 Formule e categorie sono annientate perché annichiliscono la vita vivente. I precedenti di questa letteratura carnevalizzata sarebbero il dialogo socratico e la satira menippea.  Socrate indagava, cercava la verità attraverso domande provocatorie (ajnavkrisi", investigazione polemica) e la suvgkrisi", il confronto tra punti di vista diversi

Nella satira menippea denominata dal filosofo cinico Menippo di Gadara (III a. C.) l’ironia socratica diventa comicità.

 

 

Secondo Pirandello Socrate è pure umorista: cerca di mettersi nei panni degli altri. Invero per confutarli  

“In Aristofane non abbiamo veramente il contrasto, ma soltanto l’opposizione. Egli non è mai tenuto tra il sì e il no[1]  egli non vede che le ragioni sue, ed è per il no testardamente, contro ogni novità, cioè contro la retorica, che crea demagoghi, contro la musica nuova, che, cangiando i modi antichi e consacrati, rimuove le basi dell’educazione, e dello Stato, contro la tragedia di Euripide che snerva i caratteri e corrompe i costumi, contro la filosofia di Socrate, che non può produrre che spiriti indocili e atei, ecc.  (…) la burla è satira iperbolica, spietata. Aristofane ha uno scopo morale, e il suo non è mai dunque il mondo della fantasia pura (…) Nessuno studio della verisimiglianza: egli non se ne cura perché si riferisce di continuo a cose e persone vere (…) e non crea una realtà fantastica come, ad esempio, lo Swift.  Umorista non è Aristofane ma Socrate (…) Socrate ha il sentimento del contrario ; Aristofane ha un sentimento solo, unilaterale” (L’umorismo p. 44).

 

Il Satyricon è l’epressione più alta di questo genere. Si creano situazioni eccezionali, anormali, onde provocare idee e sperimentarle.

Labirinti, bordelli, cene mostruose, gli heredipětae di Crotone.

Nel mondo guasto raffigurato dal Satyricon  c'è un ribaltamento che riguarda una città interaCrotone dove si svolge l'ultima parte del romanzo (116-141) una urbs antiquissima et aliquando Italiae prima, antichissima e che una volta era stata la prima d'Italia; quando però ci arrivano Encolpio, Eumolpo e Gitone la sua gente si divide in  due categorie: ricchi senza eredi e cacciatori di eredità.

 

In Petronio e Dostoevskij non mancano  elementi  di naturalismo sordido come lupanari, bettole con ubriaconi, prigione, case degradate.

Come nel carnevale c’è l’abolizione dei divieti, l’eliminazione dell’ordinamento gerarchico e di ogni etichetta.

Questa letteratura carnevalizzata svela elementi nascosti della società, ne mostra il lato latente (cfr. ajlhvqeia). Freud a sua volta toglie le mutande al borghese

 

Il potere è spesso un male

Il culmine dei capovolgimenti portati dalla vita è il tuvranno" che diventa farmakov" nella tragedia greca, o la prostituta Sonia che diventa santa, l’assassino che diviene filantropo.

 

 

Nel Riccardo II   (III, 2)  di Shakespeare si legge che la Morte tiene la  sua corte nella corona cava che cinge le tempie mortali di un re e là siede beffarda schernendo il suo stato e con un ghigno alla sua pompa

Riccardo II[2] deposto da Bolingbroke che sarà Enrico IV espone “le tristi storie delle morti dei re”

For within the hollow crown

That rounds the mortal temples of a king

Keeps death his court; and there the antic sits,

Scoffing his state and grinning at his pomp.

 

Seneca nell’Oedipus fa dire al protagonista: “ Quisquamne regno gaudet? O fallax bonum/quantum malorum fronte quam blanda tegis"(vv.7-8), qualcuno gode del regno? O bene ingannevole, quanti mali copri sotto una facciata così lusinghiera!. Sono parole di Edipo che dà inizio al dramma descrivendo l'infuriare della pestilenza.

Nelle Phoenissae Giocasta chiede a Polinice di rinunciare alla guerra poiché il premio che spetta al vincitore non è desiderabile: anzi  Eteocle pagherà il fio del successo a caro prezzo, con il solo fatto di essere re:"poenas, et quidem solvet graves: regnabit "(v.645).

Manzoni riprende questo tovpo" nell' Adelchi  quando il protagonista ferito consola il padre sconfitto:"Godi che re non sei; godi che chiusa/all'oprar t'è ogni via: loco a gentile,/ad innocente opra non v'è: non resta/che far torto, o patirlo. Una feroce/ forza il mondo possiede, e fa nomarsi/Dritto.." (V, 8). E' il diritto del più forte, il potere smascherato: viene tolta la maschera  (demitur persona, manet res)

Il regno è quasi sempre una tirannide: un bene scivoloso, un potere claudicante, in particolare quello di Edipo lo zoppo e dei suoi figli.

 

Viene tolta la maschera non solo alle persone ma anche alle cose

Non hominibus tantum sed rebus persona demenda est et reddenda facies sua (Seneca, Ep. 24, 13)

 Cfr. Lucrezio: “ Quo magis in dubiis hominem spectare periclis/convenit adversisque in rebus noscere qui sit;/nam verae voces tum demum pectore ab imo/eliciuntur <et> eripitur persona, manet res " (De rerum natura, III, 55-58), tanto più è necessario provare la persona nei pericoli rischiosi e conoscerne la qualità nelle situazioni sfavorevoli; infatti le parole autentiche allora finalmente escono dal fondo del cuore e si strappa la maschera, rimane la sostanza.

 

Bachtin trova che Delitto e castigo sia una menippea cristianizzata

 

Raskilnikov provoca Sonia dicendole che Napoleone non si fermava davanti ai delitti: “io ho semplicemente ucciso un pidocchio inutile e dannoso. Per avere ragione bisogna osare molto. Chi è capace di sputare sulle cose diventa il loro legislatore. Cfr. la Medea di Euripide: tolmhtevon tavde (1050).

 

C’è il confronto con la fede di Sonja che lo invita a baciare la terra insozzata da lui stesso , ad accettare la sofferenza, a capire a riscattarsi con essa:  tw'/ pavqei mavqo" /Eschilo, Agamennone, 177[3].

 

Anche lo Starez Zossima dei Fratelli Karamazov  bacia la terra, muore baciando la terra: “si lasciò scivolare dolcemente dalla poltrona sul pavimento, e inginocchiandosi, si chinò col viso fino a toccar terra, si prosternò, allargò le braccia in croce; e come invaso dall’estasi, baciando la terra e pregando (come appunto aveva insegnato a fare), serenamente e gioiosamente rese l’anima a Dio”[4]. Alioscia segue l’esempio del maestro: “Una notte fresca e calma fino all’immobilità avvolse la terra (…) Alioscia rimase a guardare per un momento quello spettacolo, poi, ad un tratto, si gettò con la faccia a terra come se l’avessero falciato. Egli non sapeva perché l’abbracciasse, non si rendeva conto della ragione per cui gli fosse venuta quella terribile voglia di baciarla, di baciarla tutta; ma egli la baciava piangendo, singhiozzando, inondandola delle sue lacrime, e giurando, in uno slancio impetuoso, di amarla, di amarla eternamente. “Inonda la terra delle tue lacrime di gioia, e amale, codeste tue lacrime…”, disse una voce nella sua anima”[5].

Si pensi alla “cura di Anteo”, un gigante libico che uccideva i viandanti e acquisiva forza dal contatto con sua madre, che poi è la madre di tutti, la Terra. Ercole dovette sollevarlo dal suolo e togliergli il contatto con la madre per strozzarlo:"La civilizzazione e l'intellettualità son belle cose, son grandi cose, non vogliamo certo negarlo. Ma senza quella che noi un giorno definiremo la compensazione di Anteo, sono rovinose per l'uomo e creano la malattia"[6].

 

In ogni caso non si deve mai perdere l’amore per la vita terrena e per la stessa terra:“ Bleibt mir der Erde treu, meine Brüder, mit der Macht euer Tugend! Restatemi fedeli, fratelli miei, alla terra con tutta la forza della vostra virtù! Il vostro amore, che tutto dona, e la vostra conoscenza servano il senso della terra”. Così parla Zarathustra (…) Bacia la terra e amala incessantemente, insaziabilmente-dice lo starets Zosima-cerca questa estasi e questa esaltazione. Bagna la terra con le lacrime della tua gioia e ama queste tue lacrime”[7].



[1] Caratteristica dell’umorismo cfr. parte II cap. quarto.

[2] Riccardo II Plantageneto (Bordeaux, 6 gennaio 1367Pontefract, 14 febbraio 1400) è stato re d'Inghilterra dal 1377 al 1399. La tragedia di Shakespeare è del 1595.

[3]  E, poco più avanti :"goccia invece del sonno davanti al cuore/il  penoso rimorso, memore delle pene inflitte; e anche/sui recalcitranti arriva il momento della saggezza" ( kai; par j a[-konta" h\lqe swfronei'n , Agamennone,  vv. 179-181).

[4] F. Dostoevskij, I fratelli Karamazov, p. 407.

[5] F. Dostoevskij, I fratelli Karamazov, p. 451.

[6] T. Mann. Carlotta a Weimar, p. 403.

[7] D. Merezkovskij, Tolstòj  e Dostoevskij., p. 366.

 

 

 

 

 

 

Il giudice istruttore Porfiri Petrovič  di Delitto e castigo consiglia a Rskolnikov

 di abbandonarsi alla vita senza ragionare : il flusso della vita lo riporterà a riva e lo rimetterà in piedi.

To; mevllon h[xei, il futuro verrà (Eschilo, Agamennone,  1240).

 

 Il punto di incontro dei due ragazzi reietti, l’assassino e la prostituta, askolnikov è la lettura del Vangelo.

“Un mozzicone di candela illuminava con luce fioca  nella misera stanza l’assassino e la peccatrice stranamente riuniti nella lettura del libro eterno”.

 

Provocatoria del pensiero e dei sentimenti è la tendenza a confutare i luoghi comuni e i dogmi dei più.

La prostituta Sonja è una peccatrice che ha venduto se stessa, ma nemmeno una goccia di vera depravazione era entrata nel suo cuore.  

 

Cfr. La logica aperta al contrasto nelle  Coefore  di Eschilo (461) :"  [Arh"  [Arei xumbalei', Divka/ Divka.

 

Raskolnikov le si inginocchia davanti poiché la ragazza è un simbolo della sofferenza umana e nella sofferenza c’è un’idea.

Tutto si svolge sulla soglia o sulla strada dove si vivono momenti di crisi. All’autoreostoevkij interessa il tempo della crisi, mentre salta quello biografico.

 

Anche nell’Idiota  (1869) c’è la carnevalizzazione. Myskin è un eccentrico pieno di diversità dalla gente usuale: è privo di ogni diffidenza, non mente, non dà importanza al denaro, non occupa alcuna posizione che possa limitare la sua umanità. E’ del tutto anomalo: non sa cosa sia la malafede e arriva ad amare il rivale Rogožin che ha cercato di ucciderlo. Dove compare il principe si rompono le barriere della menzogna e si crea la sincerità carnevalesca. Vedi l’episodio del vaso cinese.

Un libro di critica non privo di arbìtri dilettanteschi ma nemmeno di spunti interessanti è quello di Merezkoskij Tolstoj  e Dostoevski del 1902.

Secondo questo autore, D mostra che il pensiero scientifico dal Rinascimento in poi ha portato l’Europa sull’orlo dell’abisso dove cadrà se non tornerà a volgersi verso la religione. I Demoni (1873), i terroristi, sono stati educati male, pervertiti da un intellettuale occidentalista.

 

Stepan Trofimovič cattivo maestro di Nikolaj Stavrogin

L’essenza dei tempi moderni è il nichilismo che è la negazione di Dio e si trova tanto nel liberalismo quanto nel comunismo. Wille zum Nichts la volontà del nulla.

 

 

 Bisogna tornare al popolo russo, alla terra russa, al cristianesimo.  Dostoevskij sente che la civiltà occidentale sta per esplodere siccome l’Europa è piena di egoismo, odio, diffidenza. La scienza moderna si occupa di quisquilie inutili o dannose. L’unica scienza utile è quella del bene e del male.

Cfr.  Platone e il massimo oggetto di scienza

La scienza deve renderci liberi di giungere a vedere l’idea del bene. L’uomo ispirato dalla visione del bene-ijdeva tajgaqou' il massimo oggetto di scienza[3]- ha tutte le virtù e sa affrontare tutti gli imprevisti della vita. E’ la dialettica che ci porta a vedere l’idea del bene che è fonte dell’ajlhvqeia e dell’oujsiva, della non latenza e dell’essere.

 

Mevgiston mavqhma, il massimo oggetto di scienza, la conoscenza massima  è l'idea del Bene, (cfr.Platone, Repubblica, 505a:"hJ tou' ajgaqou' ijdeva mevgiston mavqhma").

 

Aggiungo queste parole dell’ Alcibiade II un dialogo platonico sul quale ha indirizzato la mia attenzione meno di due anni fa il rimpianto amico Carlo Flamigni.

SW. `Or´j oân, Óte g' œfhn kinduneÚein tÒ ge tîn ¥llwn

™pisthmîn ktÁma, ™£n tij ¥neu tÁj toà belt…stou ™pist»mhj

kekthmšnoj Ï, Ñlig£kij mn çfele‹n, bl£ptein d t¦ ple…w

tÕn œconta aÙtÒ, «r' oÙcˆ tù Ônti Ñrqîj ™fainÒmhn lšgwn;   

vedi dunque, dice Socrate ad Alcibiade, quando dicevo che il possesso delle altre scienze se uno non possiede la scienza di quanto è ottimo (l'idea del Bene), di rado giova, mentre per lo più danneggia chi ce l'ha, non ti sembra che io parlavo dicendo quanto è sostanzialmente corretto? 

Alcibiade  dà ragione a Socrate il quale aggiunge

Ð d d¾ t¾n kaloumšnhn polumaq…an te kaˆ polutecn…an

kekthmšnoj, ÑrfanÕj d ín taÚthj tÁj ™pist»mhj, ¢gÒ-

menoj d ØpÕ mi©j ˜k£sthj tîn ¥llwn, «r' oÙcˆ tù Ônti

dika…wj pollù ceimîni cr»setai, ¤te omai ¥neu kubern»tou

diatelîn ™n pel£gei, crÒnon oÙ makrÕn b…ou qšwn; éste

sumba…nein moi doke‹ kaˆ ™ntaàqa tÕ toà poihtoà, Ö lšgei

kathgorîn poÚ tinoj, æj ¥ra poll¦ mn ºp…stato

œrga, kakîj dš, fhs…n, ºp…stato p£nta.  (Alcibiade II 147b)

 e chi possiede la cosiddetta conoscenza enciclopedica e politecnica , ma sia privo di questa scienza (del Bene), e venga spinto da ciascuna delle altre, non farà uso sostanzialmente di una grande tempesta senza un nocchiero, continuando a correre sul mare, non a lungo del resto? Sicché mi sembra che anche qui capiti a proposito quello che dice il poeta criticando uno che effettivamente sapeva molte cose ma le sapeva tutte male 

 

Seneca deplora le quisquilie degli studi letterari: Quaeris Ulixes ubi erraverit potius quam efficias ne nos semper erremus? (Ep., 88, 7).

O dove abbia errato Ulisse piuttosto che fare in modo di non essere noi a errare?

 

 

A me personalmente interessa la lotta contro la reificazione dell’uomo e dei rapporti umani nella società capitalistica.

Dostoevkij fu conservatore, slavofilo e ostile al socialismo, ma credo che possa essere comunque impiegato in senso antiborghese. Egli lottava contro il nichilismo e il nichilista adoratore del nulla è il borghese meschino che ricava identità dal denaro e dal possesso della roba.

 

Bologna 15 ottobre 2025 ore 16, 47 giovanni ghiselli

p. s.

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[1] Quid est ergo ratio? Naturae imitatio. Quod est summum hominis bonum? Ex naturae voluntate se gerere (Ep. 66,  39).

 

[2] to; uJpocovndrion, è una parte dell’addome dove si pensava che avesse sede la malinconia

[3] mevgiston mavqhma, il massimo oggetto di scienza, la conoscenza massima  è l'idea del Bene, (cfr.Platone, Repubblica, 505a:"hJ tou' ajgaqou' ijdeva mevgiston mavqhma"). Aggiungo con un’associazione forse non del tutto arbitraria queste parole dell’ Alcibiade II di Platone

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tÕn œconta aÙtÒ, «r' oÙcˆ tù Ônti Ñrqîj ™fainÒmhn lšgwn;   

vedi dunque, dice Socrate ad Alcibiade, quando dicevo che il possesso delle altre scienze se uno non possiede la scienza di quanto è ottimo (l'idea del Bene), di rado giova, mentre per lo più danneggia chi ce l'ha, non ti sembra che io parlavo dicendo quanto è sostanzialmente corretto? 

Alcibiade  dà ragione a Socrate il quale aggiunge

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kathgorîn poÚ tinoj, æj ¥ra poll¦ mn ºp…stato

œrga, kakîj dš, fhs…n, ºp…stato p£nta.  (Alcibiade II 147b)

 e chi possiede la cosiddetta conoscenza enciclopedica e politecnica , ma sia privo di questa scienza (del Bene), e venga spinto da ciascuna delle altre, non farà uso sostanzialmente di una grande tempesta senza un nocchiero, continuando a correre sul mare, non a lungo del resto? Sicché mi sembra che anche qui capiti a proposito quello che dice il poeta criticando uno che effettivamente sapeva molte cose ma le sapeva tutte male 

 

 


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