Ritorno sulla vicenda
tragica di Stefano Cucchi i cui carnefici sono rimasti impuniti. Questa
assoluzione è uno schiaffo e un’offesa dolorosa inflitti alla madre Rita, al
padre Giovanni, e alla sorella Ilaria che sta rinnovando la storia dell’eroina di Sofocle,
Antigone, la quale sacrifica la sua giovane vita per onorare la memoria e il
cadavere del fratello Polinice.
La violenza esercitata
contro le donne viene giustamente esecrata più o meno da tutti.
Come è
possibile allora che dei ragazzi inermi vengano massacrati impunemente?
Alta e forte si deve levare la voce di condanna nei confronti di tali azioni orrende: violente e vili nello stesso tempo.
Alta e forte si deve levare la voce di condanna nei confronti di tali azioni orrende: violente e vili nello stesso tempo.
Se il ragazzo era
emaciato, se era logoro e consumato,
queste erano ragioni per dargli una
mano, non per tempestarlo di pugni furibondi.
Quando una donna
subisce violenza, si sente subito, giustamente, il dovere e il bisogno di cercare, di punire colui che ha compiuto tali infamie su infamie
con mani lorde di sangue. Nel caso di Stefano Cucchi, di Giuseppe Uva, di
Federico Aldrovandi gli assassini sono noti. Perché non vengono puniti o
subiscono pene non commisurate alla gravità del loro delitto infame?
Non devono esserci assassinati o violentati di serie A e di serie Z.
Il sangue sparso dal
corpo torturato e martoriato di un essere umano è troppo per tutti i secoli e
per tutta la terra, come sostiene umanamente Alessandro Manzoni [1].
Tali linciaggi barbarici
devono essere vietati quale tabù del genere umano. E chi trasgredisce questo
tabù deve subire anatemi e punizioni esemplari. Non la pena di morte, poiché
non va eliminata nemmeno la vita di chi non rispetta la vita.
Costoro però devono essere messi in condizione
di non ripetere il crimine.
Ma veniamo alla sorella
Ilaria che sembra incarnare il verso chiave (523) dell’Antigone di Sofocle: “non sono nata per condividere l’odio ma
l’amore”.
Ha fatto notare tra le
lacrime che “la giustizia è forte con i deboli e debole con i forti”. In
filigrana ritrovo quello che disse lo scita Anacarsi al legislatore Solone: “le
tue leggi sono come le ragnatele che trattengono le prede piccole e vengono
spezzate da quelle grosse”[2].
Si parla tanto di riforme, di cambiamenti, di ripartenza.
Si parla tanto di riforme, di cambiamenti, di ripartenza.
Ebbene, si facciano
leggi che mettano al primo posto il rispetto della vita.
A cominciare dalle vite
più deboli e più bisognose di aiuto.
Il rinnovamento buono è
quello che aiuta e favorisce la vita.
La quintessenza del
male consiste nel dnneggiarla.
L’imperatore Marco Aurelio ha scritto: “noi siamo nati per
darci aiuto reciproco (" pro;" sunergivan"), come i piedi, le mani, le palpebre, come le due
file dei denti. Dunque l'agire uno a
danno dell'altro è cosa contro natura ("to; ou\n ajntipravssein ajllhvloi" para;
fuvsin") [3].
Il danno non riguarda solo chi subisce violenza ma anche chi la infligge e chi la tollera, rendendosene complice in qualche modo.
Il danno non riguarda solo chi subisce violenza ma anche chi la infligge e chi la tollera, rendendosene complice in qualche modo.
Il male
perpetrato e lasciato correre esonda su tutti.
In Devotions upon Emergent Occasion John Donne [4]
ha scritto: "Nessun uomo è
un'isola conclusa in sé; ogni uomo è una parte del Continente, una parte del
tutto. Se il mare spazza via una zolla, l'Europa ne è diminuita, come ne fosse
stato spazzato via un promontorio... La morte di qualsiasi uomo mi diminuisce,
perché io appartengo all'umanità, e quindi non mandare mai a chiedere per chi
suona la campana ("for whom the bell
tolls "[5]); suona per te”.
I politici dunque si occupino di questi casi rendendo paradigmatica l’esecrazione e la punizione della violenza, da chiunque venga esercitata, a chiunque venga inflitta.
I politici dunque si occupino di questi casi rendendo paradigmatica l’esecrazione e la punizione della violenza, da chiunque venga esercitata, a chiunque venga inflitta.
Se lo facessero, darebbero un
segno, un segno buono di occuparsi del valore senza il quale gli altri sono
solo degli zero non preceduti da alcun numero successivo. Questo valore
fondante e avvalorante gli altri è la vita di donne, uomini, ragazze, ragazzi,
vecchie e vecchi.
Insomma la vita umana, la vita di tutti.
Giovanni Ghiselli.
g.ghiselli@tin.it
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[1] Precisamente: "Il sangue d'un uomo solo, sparso per mano del suo
fratello, è troppo per tutti i secoli e per tutta la terra"(Osservazioni sulla morale cattolica,
VII).
[2] Nella Vita di Solone scritta
da Plutarco troviamo un motto di Anacarsi che fu ospite e amico del legislatore
Ateniese. Lo Scita dunque derideva l’opera di Solone che pensava di frenare l’iniquità
dei cittadini con parole scritte le quali, diceva, non differiscono affatto
dalle ragnatele (mhde;n
tw`n ajracnivwn diafevrein, 5, 4), ma come quelle trattengono le prede deboli e piccole, mentre
saranno spezzate dai potenti e dai ricchi (uJpo; de; dunatw`n kai; plousivwn diarraghvsesqai).
[3] Ricordi , II, 1
[4] 1572-1631
[5] E', notoriamente, il titolo di un romanzo di Hemingway, 1940
questo articolo mi ha fatto piangere, pensando a come la fragilità e la debolezza sono state attaccate invece che difese...
RispondiEliminaA questo inno all'amore per l'umanità e per la vita del giovane Cucchi e di tutti gli esseri che popolano questa terra vorrei aggiungere le parole che Goncarov fa dire ad Oblomov
RispondiElimina" Tendete la mano all'uomo caduto per sollevarlo , o piangete lacrima amare su di lui , se egli è finito , ma non lo schernite. Amatelo , riconoscete voi stesso in lui e trattatelo nel modo in cui trattereste voi stessi".
Margherita Ghiselli