il "pius Enea" visto da Raffaello particolare dell'affresco "Incendio di Borgo" |
Che cosa è la pietas (cfr. quella pelosa di Enea)
Devozione non è
mostrarsi spesso con il capo velato
Nec pietas ullast velatum saepe videri
né nel rivolgersi a una pietra vertier ad lapidem (1199),
visitare tutti i templi, gettarsi a terra, cospargere le are di molto sangue di
animali, nec votis nectere vota, intrecciare le offerte votive sed
mage pacata posse omnia mente tueri (1203)
“Temptat enim
dubiam mentem rationis egestas” (1211) travaglia la mente dubbiosa la
carenza di ragione
Bastano tuoni e fulmini
a spaventare gli sprovveduti. Quelli pieni di sensi di colpa hanno sempre
paura.
Perfino il
comandante di una flotta induperator classis (1227) se viene colto da
una tempesta nel mare si riempie di terrore.
L’arcaismo induperator
vuole dare dignitas allo stile.
Sentiamo Quintiliano:
“dignitatem dat antiquitas. Namque et sanctiorem et magis admirabilem
faciunt orationem, quibus non quilibet fuerit usurus… sed utendum modo, nec ex
ultimis tenebris repetenda” ( Institutio oratoria, VIII, 3, 24) non
bisogna cercare le parole fin nelle tenebre più lontane.
Usque
adeo res humanas vis abdita quaedam
Obterit
et pulchros fascis saevasque secures
Proculcare ac ludibrio sibi habere videtur (1232-5), fino a tal puntouna forza
nascosta calpesta le cose umane e sembra schiacciare e tenere a proprio
ludibrio i bei fasci e le scuri crudeli.
Questa vis
sconosciuta che calpesta le umane cose è la forza della natura.
Foscolo “e una
forza operosa le affatica/di moto in moto, (Dei Sepolcri 19-20)
Foscolo ha scritto Della
poesia, dei tempi e della religione di Lucrezio.
E Leopardi: Omai
disprezza-te, la natura, il brutto poter che, ascoso, a comun danno impera” (A
se stesso).
Quando ci sono i
terremoti Denique sub pedibus tellus cum tota vacillat- concussaeque
cadunt urbes dubiaeque minantur (1237), infine quando tutta la terra
vacilla e squassate cadono le città e restano in bilico minacciose, allora non
c’è da meravigliarsi se i mortali spregiano se stessi (se temnunt mortalia
saecla) e lasciano il mondo all’immaginario grande potere degli dèi.
Quindi le scoperte
aes atque aurum ferrumque repertumst
Et simul argenti pondus plumbique potestas (1241-2)
Con il fuoco videro
che questi metalli potevano essere liquefacta calore (1262) e forgiati e
prendere le forme volute di vari arnesi e ornamenti.
Le credenze
mitologiche attribuivano a Efesto l’invenzione della metallurgia, ad Atena
quella della tessitura, mentre l’epicureo Diogene di Enoanda dirà che hanno
dato origine alle arti aiJ creĩai kai; periptwvseiς meta; cronw/, i bisogni e le circostanze nel
tempo.
Nei tempi antichi
il bronzo aes adatto agli sforzi violenti era il metallo più pregiato e
l’oro giaceva negletto Nam fuit in pretio magis aes aurumque iacebat-
propter inutilitatem, hebeti mucrone retusum (1273-4) smussato nelle
deboli punte.
Nunc iacet aes, aurum in summum successit honorem
Sic volvenda aetas commutat tempora rerum così la storia che scorre cambia i turni
delle cose
Quod
fuit in pretio, fit nullo denique honore (1275-7)
Le armi e la guerra
Antiche armi:
arma antiqua manus ungues dentesque fuerunt
Et lapides et item silvarum fragmina rami pezzi di ramo
Et flamma atque ignes, postquam sunt cognita primum (1283-5) appena furono scoperti
Prima del ferro fu
trovato il bronzo che è più duttile e più abbondante.
Con il bronzo
dissodavano il suolo e facevano la guerra, poi trovarono il ferro.
Cfr. Erodoto il ferro è stato inventato per il male
dell'uomo: "ejpi; kakw'/
ajnqrwvpou sivdhro" ajneuvrhtai" (I, 68, 4).
Ovidio[1] nel I libro delle Metamorfosi[2] descrive un’ età prossima alla nostra [3],
un’età non più redimibile, quella del male integrale, quando omne
nefas , ogni empietà, irrompe nel genere umano:
"fugitque pudor verumque fidesque;/in quorum subiere
locum fraudesque dolusque/insidiaeque et vis et amor sceleratus habendi./…effodiuntur
opes, inritamenta malorum/ iamque nocens ferrum ferroque nocentius aurum/
prodierat: prodit bellum, quod pugnat utroque,/sanguineaque manu crepitantia
concutit arma./ Vivitur ex rapto; non hospes ab hospite tutus,/non socer a
genero, fratrum quoque gratia rara est [4]./Imminet exitio vir
coniugis, illa mariti;/lurida terribiles miscent aconita novercae;/filius ante
diem patrios inquirit in annos./Victa iacet pietas, et Virgo caede madentes,/ultima
caelestum, terras Astraea reliquit" (I, 129-131 e 140-150) e fuggì il
pudore la sincerità, la fiducia; e al posto di questi valori subentrarono le
frodi, gli inganni, le insidie e la violenza e l'amore criminale del
possesso…si estraggono dalla terra le ricchezze, stimolo dei mali; e già il
ferro funesto[5] e, più funesto del ferro,
l'oro[6] era
venuto alla luce : venne alla luce la guerra, che combatte con l'uno e con
l'altro, e con mano sanguinaria scuote ordigni che scoppiano. Si vive di
rapina; l'ospite non è al riparo dall'ospite, non il suocero dal genero, anche
l'accordo tra fratelli è poco frequente. Il marito minaccia di rovina la
moglie, questa il marito; mescolano squallide pozioni velenose le terrificanti
matrigne; il figlio scruta la morte anzi tempo negli anni del padre. Giace
sconfitta la pietas e la
Vergine Astrèa , ultima dei celesti, ha lasciato le terre
sporche di strage.
CONTINUA
[1] Vedi anche 13. 2.
[2] Poema epico di quindici
libri in esametri. Narra la storia del mondo dall'origine all'età contemporanea
attraverso racconti che hanno in comune il tema della metamorfosi. Fu composto
fra l'1 e l'8 d. C.
[3] “L’età ferrea non siamo
noi, data che questa umanità sarà poi cancellata dal diluvio (cfr. v. 188:
diversamente Esiodo, Op. 175).
L’effetto di romanizzazione è accompagnato dall’eco di un passo del carme 64 di
Catullo (397 sgg.) sulla decadenza che segue all’età eroica e da echi più
generici della tematica delle guerre civili e delle proscrizioni a Roma. I
tempi narrativi accompagnano questa illusione di “presentizzazione” del mito,
dato che a partire dal v. 140 una sequenza di perfetti e piuccheperfetti cede
il passo a un blocco di verbi al presente; cfr. Landolfi 1996, pp. 84 e 88 sg.
Nonostante tutti questi indizi concomitanti, il poeta non dice, come Esiodo, di
vivere nell’età ferrea, mentre più tardi ammetterà di essere parte della razza
“pietrosa”, iniziata dopo il diluvio (cfr. v. 414 sg.)”, Alessandro Barchiesi
(a cura di) Ovidio Metamorfosi,
volume I, p. 172. Noi siamo un genus
durum experiensque laborum, una razza dura e rotta alle fatiche, in quanto
nati dalle pietre lanciate da Deucalione e Pirra (Ovidio, Metamorfosi, I, 411-415). In questo modo i due vecchi “non
sostenendo, come erano sconfortati e disdegnosi della vita, di dare opera alla
generazione… restaurarono la specie umana” (Leopardi, Storia del genere umano).
[4] Lucrezio
afferma che gli uomini, credendo di sfuggire al terrore della morte,
gonfiano gli averi col sangue civile, e ammassano avidi le ricchezze,
accumulando strage su strage, godono crudeli dei tristi lutti fraterni, e odiano e temono le mense dei consanguinei
"et consanguineum mensas odere
timentque " (De rerum natura
, III, 73).
[5]E' un topos antitecnologico
che risale a Erodoto :" ejpi; kakw'/ ajnqrwvpou sivdhro"
ajneuvrhtai, ( Storie,
I, 68) , il ferro fu scoperto per
il male dell'uomo. Euripide nelle Fenicie attribuisce alla strage un cuore di
ferro:"sidarovfrwn…fovno"
" (vv. 672-673). Del resto, anche il ferro, come l’oro e altri metalli può
avere significati diversi, persino contrastanti: “nos e terrae cavernis ferrum elicimus, rem ad colendos agros
necessariam, nos aeris argenti, auri venas penitus abditas invenimus et ad usum
aptas et ad ornatum decoras” (Cicerone, De
natura deorum, 2, 151), noi estraiamo dalle cavità sotterranee il ferro,
attrezzo necessario per coltivare i campi, noi troviamo vene di bronzo,
d’argento, di oro nascoste in profondità appropriate per l’uso e confacenti
all’abbellimento.
[6] Si può pensare a quello
nero: il petrolio per il quale si è versato tanto sangue. Che il ferro e l'oro creino
discordia tra gli uomini portando differenziazioni economiche e sociali lo
afferma anche Platone nelle Leggi (679b).
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