NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

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mercoledì 20 giugno 2018

Lucrezio, "De rerum natura". V libro. parte 9 - FINE

frammento di Alcmane

Il primo cantore delle fanciulle di Sparta, fiere e graziose ad un tempo, è Alcmane.
Vediamo un frammento che ha il nome dell'autore ed è una dichiarazione di poetica o di teoria compositiva basata sull'osservazione e mimèsi del mondo naturale, e, in particolare, del canto degli uccelli(92 D.):
"queste parole e il canto Alcmane
trovò, mettendo in lingua umana
la voce delle pernici” (evph tavde kai; mevlo" Alkmavn-eu\re geglwssamevnan - kakkabivdwn o[pa sunqevmeno~).

Lucrezio, nel finale del V libro narra che l'incivilimento umano passa anche attraverso il canto e la musica che furono preceduti dall'imitazione del gorgheggiare degli uccelli:"at liquidas avium voces imitarier ore/ante fuit multo quam levia carmina cantu/concelebrare homines possent aurisque iuvare "(vv.1379-1381), ma l'imitare con la bocca le limpide voci degli uccelli avvenne molto prima che gli uomini potessero modulare con il canto poesie dolci e dilettare le orecchie.
 Questa teoria passa anche attraverso Democrito, il filosofo della teoria atomistica, contemporaneo di Socrate:"nelle arti più importanti noi siamo stati i discepoli degli animali... degli uccelli canori, del cigno e dell'usignolo nel canto, mediante l'imitazione"(fr.68 B 154 DK).

Tum ioca, tum sermo, tum dulces esse cachinni –consuerant (1396-7)
Allora i contadini si incoronavano di fiori e percuotevano con il piede la madre terra duriter et duro terram pede pellere matrem (1402)
 unde oriebantur risus dulcesque cachinni (1403).

Cfr. Orazio Carm. III, 18: “gaudet invisam pepulisse fossor/ter pede terram” (vv. 14-15)
lo zappatore gioisce di aver battuto tre volte
col piede l'odiata terra. E’ la festa delle None di dicembre il 5 dicembre.

Poiché allora tutto allora vigoreggiava più nuovo e meraviglioso. Ora si suona e si danza e con maggiore regolarità, ma non se ne ricava una dolcezza maggiore quam silvestre genus capiebat terrigenarum (1411) di quella che prendeva la stirpe silvestre dei figli della terra.

Cfr. la colazione sull’erba di Manet (1863) che forse auspica la cura di Anteo
Cfr. il carme 61 di Catullo, un epitalamio in gliconei: “Ne diu taceat procax/fescennina iocatio” (vv. 126-127), non rimangano a lungo in silenzio gli sfacciati scherzi fescennini.

Di nuovo Orazio
I Fescennini erano motteggi rustici in versi alterni. Inizialmente erano scherzi innocui, scambiati tra i contadini, antichi, forti e lieti del poco, "agricolae prisci, fortes parvoque beati "(Orazio, Epistole, II; 1 v.139).
Questi condita post frumenta (140) dopo avere riposto il frumento, levantes tempore festo-corpus et ipsum animum (141) , cum sociis operum et pueris et coniuge fida (142) Tellurem porco, Silvanum lacte piabant, si propiziavano la terra con un porco, Silvano con il latte , Floribus et vino Genium memorem brevis aevi (144-145) e offrivano vino con fiori al Genio che ci ricorda la brevità della vita.
Per tale usanza Fescennina inventa licentia, si trovò la licenza fescennina la quale
versibus alternis opprobria rustica fudit (146) che scagliava motteggi rusticani in versi alterni. Questa libertà gradita nelle ricorrenze annuali lusit amabiliter, donec iam saevus apertam- in rabiem coepit verti iocus et per honestas- ire domos impune minax " (vv. 148-149) scherzò piacevolmente finché lo scherzo già crudele cominciò a cambiarsi in aperta rabbia e ad andare impunemente minaccioso per le case onorate ", così venne approvata una legge punitiva per impedire che alcuno fosse oltraggiato da versi infamanti (malo carmine quemquam descrībi, 153-154).

Con le scoperte venne in odio la ghianda, e non si usarono più giacigli di erba e di foglie. Così la veste di pelle ferina per la quale pure si ammazzavano. Ora si ammazzano per la porpora e l’oro.
Quo magis in nobis, ut opinor, culpa resedit (1425)
Una colpa maggiore perché delle pelli c’era bisogno mentre non ne abbiamo della porpora e dell’oro per ripararci dal freddo.
Il genere umano in curis consumit inanibus aevum (1431)
Non conosce quale sia il possesso della misura: ha sospinto in alto mare la vita e ha scatenato dal fondo grandi onde di guerra
Et belli magnos commovit funditus aestus (1435)
Poi fu trovata la scrittura e arrivarono i poeti
L’esperienza ha insegnato a usare tutte le scoperte: navi, coltivazione dei campi, mura, leggi, armi, strade, e i vantaggi e i piaceri della vita
Praemia, delicias quoque vitae funditus omnis (1450)
La ragione spingeva gli uomini in alto artibus ad summum donec venere cacumen ( 1457), finché con le arti raggiunsero la vetta suprema.
Poi, per la rationis egestas, la caduta.
Fine V canto

La Penna. La tensione fra inquietudine e serenità e l’esasperazione dei contrasti sono le fonti principali di quella violenza espressionistica così evidente nel poeta preaugusteo: qualche cosa quella violenza deve alla tradizione enniana, molto più all’originalità di Lucrezio, uno dei maggiori lirici che siano mai esistiti” (La Penna, Da Lucrezio a Persio, Sansoni, Milano, 1995, p. 28)

Espressionismo di Ennio
Negli Annales di Ennio c'è un combattente che muore cercando la luce con gli occhi:"Oscitat in campis caput a cervice revulsum,/semianimesque micant oculi lucemque requirunt " (vv. 483-484 Skutsch) apre la bocca nei campi la testa staccata dal collo, e semivivi brillano gli occhi cercando la luce.
Del resto non solo gli occhi dell'eroe o del milite gregario, ma quelli dell'uomo che non butta via la vita "cercan morendo - il Sole[1]"; così il moribondo di Foscolo; così Osvald che invoca il sole alla fine degli Spettri di Ibsen.


FINE


[1]Foscolo, Dei Sepolcri , vv. 121-122.

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