Tornai a casa rattristato anche io. Non erano nemmeno le sette di sera ed era già notte. Il sole mi aveva tolto il suo favore, sicché ero caduto in disgrazia. Senza il conforto del dio luminoso avevo perduto il sostegno del mio difficile procedere sulla via del chiarimento di quanto volevo.
Non ricordavo nemmeno se l’avevo baciata o mi ero lasciato baciare.
Certo, desideravo portarmela a letto, come no?, magari congedando le altre due che non potevano reggere il confronto con lei per l’aspetto assai meno lepido e tutto il resto meno inquietante ma anche molto meno attraente.
Quelle però mi portavano a casa prelibatezze varie preparate da loro, mentre questa, a quanto avevo capito, non sapeva cuocere nemmeno un uovo sodo. Per giunta aveva un marito grosso e ringhioso come un molosso che poteva azzannarmi con quel ceffo e quei denti forti da cane sanguinario. Non so se i suoi denti fossero pure lunghi perché davanti a mariti siffatti fuggo via spaventato, ma so che nella prosodia il molosso è un piede formato da tre sillabe lunghe: nequiquam per esempio.
E i cerberi della mia scuola si sarebbero astenuti dal mordere vedendoci amoreggiare?
Insomma la ragazza era deliziosa ma una relazione con lei poteva anche rovinarmi. Sicché, afflitto dal buio del cielo e da quello della mia povera mente, mi domandavo: “posso azzardare un assenso alla sua e alla mia concupiscenza?”. Non ne ero sicuro.
D’altra parte era arrivato il tempo di decidere se valeva la pena di correre il rischio: dovevo darle una risposta se non volevo perdere del tutto l’intraprendente e bella ragazza che aveva mille altre possibilità oltre questa con me, e non mi avrebbe permesso di eludere ancora a lungo la sua richiesta già iterata.
E io senza essere né andaluso, né giovinetto né bello ero rimasto ogni volta ritrosetto. Ridicolmente
Bologna 4 aprile 2025 ore 9, 57 giovanni ghiselli
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