Racconterò questo a suo tempo. Prima di quella caduta vivemmo diversi mesi piuttosto felici nei quali fruimmo di un piacere sessuale festoso e gioioso. Ma quando la festa e la gioia avrebbero dovuto evolversi in felicità, questa trovò ostacoli insuperabili nei nostri caratteri e nelle nostre esperienze passate. Non eravamo abbastanza buoni, intelligenti e maturi quindi degni di tale beatitudine che è solo di breve intervallo superata da quella divina.
Forse la raggiungeremo dopo la morte.
Nei mesi del grande piacere, i migliori furono quelli invernali marzo compreso, quando sulla metà del pomeriggio celebravamo il nostro rito festoso quotidiano. Ifigenia mi telefonava, io andavo a prenderla in una strada non visibile dalle finestre di casa sua, poi la portavo a casa mia dove si faceva l’amore almeno tre volte: dicevamo che era appena la sufficienza e in genere, dato che eravamo entrambi erotici e ambivamo all’atletismo sessuale, si seguitava a oltranza mettendo a repentaglio la lena. Ma finivamo sempre con vicendevoli congratulazioni per la potenza amorosa fisica e pure mentale manifestata nel grande letto.
Poi scendevamo dal podio dove ci eravamo premiati a vicenda e parlavamo di scuola, di cinema, di teatro, dei nostri allievi, dei parenti, dei colleghi, commiserandoli in genere, delle ultime letture fatte cercandovi sempre analogie o differenze con i nostri vissuti. Ci piaceva paragonarci ai grandi amatori, ai giovani e belli di successo. Alcibiade era il personaggio ricordato più spesso. Insomma avevamo parecchi interessi comuni e argomenti di conversazione significativi per entrambi. Ifigenia faceva commenti appropriati e osservazioni acute. Spesso prendeva spunto da quanto sentiva dire da me. Io, che cercavo di insegnarle il meglio di quanto sapevo, la guardavo come una mia discepola. A dirla tutta, la vivevo anche come una quasi figlia. Lei mi osservava con totale fiducia e ammirazione che contraccambiavo: imparava alla perfezione quanto le insegnavo. Finalmente avevo trovato uno scopo preciso e nobile: aiutare a crescere una creatura che mi somigliava e poteva succedermi su questa terra. Avevo la possibilità di favorirne i progressi, di farle acquistare fiducia in se stessa, potenza, felicità.
Ifigenia da parte sua con l’innata curiosità, la volontà di imparare, con l’ascolto che mi donava, mi stimolava a leggere, a pensare, a ricordare. Con l’attenzione che rivolgeva al mio aspetto mi motivava a fare sport, a mangiare soltanto il necessario e solo quando avevo tanta fame, insomma a rispettare il mio corpo.
Tutto sommato eravamo felici, quasi del tutto.
Bologna 14 aprile 2025 ore 18, 05 giovanni ghiselli
p. s.
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