Pensavo: “strano che gli possa chiedere un talamo in prestito se non vi hanno giaciuto insieme, o per lo meno non c’è una grande confidenza tra loro. Eppure diceva di averlo conosciuto solo alcune ore fa.
Del resto sarebbe ancora più strano che gli chiedesse la camera quasi in mia presenza e per fare l’amore con me, se fosse già il suo ganzo.
Probabilmente vuole ingelosire me con lui e lui con me.
Oppure gli promette di lasciarlo osservare noi due che facciamo l’amore attraverso una finestrella con vista scovata da loro, per rendere più piccante l’empio concubitus che attueranno appena sarò partito”.
Mi vennero in mente due contubernali italiani presenti a Debrecen nel 1971 i quali nel lasciarmi a disposizione la nostra camera a quattro letti perché potessi fare l’amore con Elena, poi mi pregarono di amoreggiare in quello di fronte alla porta, in modo che potessero osservarci a turno dal buco della serratura. Non dissi di no, perché mi serviva la stanza, ma coprii la toppa appendendo un asciugamano alla maniglia.
Dopo mi diedero del Giuda e io mi scusai dicendo che era stata quella pia donna a premunirsi da ogni possibile spionaggio. Quei due bizzarri borsisti erano famigerati in tutto il collegio per le irruzioni nelle docce dove le ragazze russe si muovevano sotto lo scroscio. Appena li vedevano, le sovietiche pudibonde si coprivano le parti intime con le mano e gridavano come aquile. Dopo un paio di volte venne chiamata la polizia che ammanettò e rinchiuse per qualche ora quei disturbatori dalle menti turbate.
Vedevo Ifigenia che continuava a parlare con il tipo dai pochi capelli biondi.
Mi dicevo: “Non la capisco. Dopo centinaia di orgasmi, migliaia di pensieri sul suo conto e tante parole scambiate con lei non so chi sia questa giovane donna, né che cosa voglia da me. Né quanto posso aspettarmi da lei. Mi sto chiedendo da tempo se la sua bellezza mi sia ancora utile o mi danneggi portandomi soltando grandi pene.
Magari un giorno questa Sfinge troverà l’Edipo che risolverà enigmi troppo difficili per me. Oppure Dio, chiunque Egli sia, mi manderà un segno magari durante il mese di Debrecen”.
Sarebbe andata proprio così, come vedrai lettore.
Dopo una decina di minuti Ifigenia tornò, dicendo che la stanza le era stata negata perché già promessa a un altro.
“Quello è un lenone che subaffitta la cella fornicis ai clienti della povrnh, che lo mantiene”, pensai.
Noi due finimmo da un’affittacamere matta. Un altro luogo equivoco.
Ifigenia precisò di non esserci mai stata prima. Ne aveva solo sentito parlare. Questa scusa non richiesta riattizzò i sospetti, ma tacqui perché volevo fare una scorpacciata di sesso poi partire.
Facemmo l’amore diverse volte con gusto triste, una depravata voluptas. Alle tre della notte eravamo sazi e ci salutammo con una formula che avremmo continuato a usare sebbene già allora fosse discrepante rispetto ai fatti: “Ti amo. Fidati. Mi fido.”
Arrivai a Bologna che era già quasi l’aurora. Non sapevo che cosa sarebbe accaduto. “Lascia fare al destino- mi dissi- il futuro verrà e parlerà svelando ogni latenza”.
Bologna 19 maggio 205
ore 15, 38
giovanni ghiselli
p. s.
Sto andando a tenere una conferenza nella biblioteca Ginzburg di Bologna. Inizierò alle 17
Questo è il link per seguire da lontano.
Presenterò l’Ulisse di Joyce confontato con quello di Omero
https://meet.google.com/sjy-euew-hxx?authuser=0&hs=122&ijlm=1744810639363
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p. s.
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