lunedì 12 maggio 2025

Parole armate che non uccidono devono essere impiegate contro le armi che compiono stragi.


 

I due principali personaggi del Nuovo Testamento non escludono dal loro linguaggio le parole forti. Parole armate e non cruente contro gli atti sanguinari di chi magari celebra verbalmente la pace.

Nel Vangelo di Matteo il primo che usa parole ruggenti è Giovanni Battista il santo che chiamo l’onesto Giovanni per distingurerlo da tanti altri che portano indegnamente il suo nome.

 

 Questo Giovanni onesto indossava un indumento di peli di cammello e una cintura di pelle intorno ai fianchi.

Nessuna pompa vestiaria dunque, né cibi preparati da cuochi celebri: “esca autem eius erat locustae et mel silvestre”.

Il santo onesto apostrofa i sadducei e i farisei chiamandoli progenies viperarum, gennhvmata ejcidnw`n in greco.

Quindi menziona la scure già pronta a tagliare l’albero quae non facit fructum bonum (Matteo III, 4 e 7)

Più avanti parla lo stesso Cristo di cui Giovanni è stato provdromo~. Gesù dunque apostrofa gli scribi e i farisei ipocriti e li minaccia “Vae vobis” chiamandolo sepolcri imbiancati fuori ma dentro pieni di ossa di morti e di putredine come sono loro stessi, cioè pieni di ipocrisia e di ingiustizia. Quindi li chiama anche lui serpenti e razza di vipere (Matteo, 23, 23 ss).

Del resto lo stesso Cristo dice di non essere venuto a portare pace sulla terra ma la spada (Matteo, 10, 34). Un gladium che separi il male dal bene, la vita volta al bene da quella malvagia diretta al male.

Un cristiano perciò non dovrebbe esitare a impiegare parole forti e dure, parole armate che non uccidono e devono essere scagliate contro chi invece usa armi che perpetrano massacri esecrandi.

Qui habet aures audiendi audiat (Matteo, 11, 11) 

Bologna 12 maggio 2025 ore 20, 57 giovanni ghiselli

p. s.

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