Catullo e Lesbia in un affresco di Ercolano |
La penultima e
l'ultima scena: esterno notte, interno notte. Congedo.
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Il cielo non era
sereno. Le foglie venivano mosse da un vento caldo e appiccicoso che
spostavano pure una nuvolaglia dai bagliori giallognoli. Una torre metallica,
forse un'antenna televisiva, stava dritta davanti a noi, visibile per delle
lucine rosse appoggiate sul traliccio di ferro che si poteva solo immaginare.
Sembravano piccoli fuochi ardenti come la nostra passione riaccesa dalle cattive
emozioni nell'oscurità morale, dove non esisteva o non era percepibile una
solida struttura etica e razionale.
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Andammo a casa
mia, questa è proprio l'ultima scena, ci spogliammo ancora una volta, ci
ritrovammo nudi e bramosi nel letto, e facemmo l'amore con gusto. Forse
avremmo trovato un nuovo equilibrio, da istrioni quali eravamo entrambi, nei
ruoli moderni di amanti non possessivi o
amanti-amici che dire si voglia. Oppure in quelli di Musa-poeta.
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Durante una
pausa, mi domandai quando avrei incontrato una donna autentica che avrebbe consentito
anche a me di non recitare.
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Dopo eravamo
allegri. Come la prima volta che avevamo fatto l'amore, nel novembre de '78,
forse anche di più, perché nelfrattempo le cose erano diventate più chiare.
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Verso l'una, tardi
ma non tanto da compromettere il lavoro della mattina seguente, la riportai a
casa sua e tornai nella mia dove per anni avrei dovuto scrivere il romanzo
facente epoca. Poi si sarebbe visto. Non c'era fretta. Il ritardare appunto è
epico. Misi la sveglia alle nove per correggere la prima e iniziare la
seconda pagina di questo grande lavoro, fiume epico che sta sfociando nel mare
dopo decenni che hanno disfatto tante cose e tante altre ne hanno create o
rinnovate. Nel pomeriggio sarei andato a scuola per gli scrutini, quindi in
bicicletta sul monte Donato o sulla Croara, oppure a correre i cinquemila
metri al campo sportivo Baumann. La sera sarei tornato a
prendere Desdemona per rivedere il mio scritto, ripassare l'Antigone,
cercare un poco di fresco e fare l'amore.
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Mi congedo da
quanti hanno letto questa mia lunga lezione scritta, rispondendo ad alcuni
dubbi che essa può avere suscitato. Ovviamente devo scrivere anche le domande
presunte.
Prima domanda: "A
chi dedico quest'opera mia nel momento in cui la concludo?"[3]
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A tutte le
persone che me l'hanno ispirata e vi sono presenti. Alle amanti, le
consanguinee, i consanguinei, le alunne, gli alunni, le amiche, gli amici, i
conoscenti vivi nella mia mente in questi decenni passati scrivendo e
pensando a quanto dovevo scrivere. In particolare però alle donne che hanno
creduto in me incoraggiandomi prima a vivere poi a scrivere: "namque vos solebatis meas esse aliquid
putare nugas"[4].
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Seconda domanda: "Quale
delle femmine umane presenti qua dentro, diverse donne grazie a Dio, e donne
diverse, quale ho amato di più?
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Quella che
considera se stessa la più amata di tutte.
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Terza domanda: “Perché
ho raccontato una storia prevalentemente amorosa?”
I malevoli
ignoranti anzi la definiranno pornografica, oscena, perché conto i baci[5].
Costoro non si intendono di letteratura, né di bellezza. Chi non è
completamente cretino o corrotto sa bene che il nostro romanzo tratta soprattutto di amore, ma anche di educazione,
sia mentale sia fisica, di scuola, di morale, di natura, e di politica.
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Perché ho messo
per ultimo l'elemento politico?
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Perché la
politica nel nostro paese è dominata dal capitale finanziario. Oramai né il
popolo, né il parlamento, né il governo decidono sulla vita della nazione. In
questa fase un uomo escluso dagli
arcani del potere, sebbene artista, può scrivere consapevolmente soltanto di
cose amorose e di rapporti con la natura. E pure su questi temi sarà in grado
di continuare solo finché la brama di lucro del Capitale sfrenato non avrà
annichilito tutte le menti capaci di pensare. Ma il pensiero non può essere annientato senza abolire l'umanità. Io credo
che il capitalismo prima di eliminare il genere umano dovrà
suicidarsi. Infatti sono rimasto ottimista come mi vedeva Päivi; sono
convinto che le donne e gli uomini, come disse Helena Sarjantola, non siano
soltanto materia, e credo che l'anima di tutte le cose sia il bene, che tutto
tenda al bene. Infatti se il male potesse prevalere, l'umanità si sarebbe già
estinta, e io non avrei scritto questo romanzo per amore dell'umanità.
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giovanni ghiselli
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arrivato a 151172 persone che lo hanno letto
Ricaverò e
rinnoverò altri capitoli di questa storia della formazione di una persona
attraverso l’amore, lo studio, il lavoro.
Tutti beni che
oggi vengono ostacolati in ogni modo
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[1] Cfr. Eneide, VI, 304, già piuttosto vecchio, ma
gagliarda e verde la mia vecchiaia. Nell’Eneide
si tratta di Caronte (deo invece di mihi), il traghettatore infernale
[2] Pervigilium Veneris, v. 89, quando
viene la mia primavera?
[3] Cfr.
Catullo, Carmi, 1, v.1.
[4] Infatti
voi eravate soliti pensare che le mie bagattelle valessero qualcosa. Cfr. Catullo,
Carmi, 1, vv. 3-4.
[5] Cfr.
Catullo, Carmi, 5, 7-10: "Da mi
basia mille, deinde centum, / dein mille altera, dein secunda centum, / deinde
usque altera mille, deinde centum, dein, cum milia
multa fecerimus…", dammi mille baci, poi cento, poi altri mille, poi
ancora cento, poi senza fermarti altri mille poi cento, poi, quando ne
avremo sommate molte migliaia…
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