Nelle Vespe del 422, il
commediografo mette in rilievo la parzialità dell’Eliea che in origine era una
corte d’appello istituita da Solone, poi ampliata fino a seimila giudici.
All’Eliea erano affidati i processi che non
venivano attribuiti ai tribunali del sangue, all’Areopago,
I 6000 eliasti erano sorteggiati in numero di
600 per tribù. Unici requisiti avere compiuto 30 anni e il possesso dei diritti
politici. Aristofane mette in ridicolo un vecchio eliasta (Filocleone) fanatico
dei processi e di Cleone che del resto gli dà solo le briciole.
Filhliasthvς ejstin (87).
Il figlio, Bdelicleone che ha schifo (bdeluvssw,
provo disgusto) di Cleone, lo chiude in casa.
Il vecchio spasima perché vuole fare del male
(kako;n ti poih̃sai,
320 e cfr. 340),
Cerca di fuggire nascosto sotto un asino (178)
e in altri modi ma i servi di Bdelicleone, suoi carcerieri, lo bloccano
Il vecchio chiama in aiuto i colleghi eliasti,
un gruppo di vecchi che diventano come un nido di vespe se qualcuno li stuzzica:
hanno un pungiglione acutissimo (e[cousi ga;r
kai; kevntron ojxuvtaton 225-226) con il quale pungono (w\
kentoũsi) e con grandi salti
urlano.
Filocleone chiede aiuto contro il figlio che
non vuole lasciargli fare del male (340)
Il Coro minaccia i servi carcerieri
Schifacleone viene accusato di aspirare alla
tirannide
Il giovane ribatte che per loro tutto è
tirannide e congiura.
La tirannide è assai più a buon mercato del
pesce salato (pollw̃/
toũ tarivcouς
ejstin ajxiwtevra , 491) tanto che il suo nome gira per tutta la piazza (w{ste
kai; dh; tou[nomj aujth̃ς ejn ajgorã/
kulivndetai, 492)
Se uno che va a comprare il pesce chiede
scorfani (ojrfwvς) e non vuole
sardelle (membravdaς, 493), quello
che vende sardelle dice: “quest’uomo ha l’aria provviste per la tirannide” 495)
Se uno chiede della cipolla (ghvteion)
per condire le alici, l’ortolana lo guarda di traverso e fa: “ di’ un po’:
chiedi della cipolla per la tirannide?
Il secondo servo dice che il giorno prima una
puttana cui aveva chiesto di cavalcarlo, gli aveva chiesto se voleva ristabilire
la tirannide di Ippia.
La città dunque è piena di delatori e
Bdelicleone non vuole che il padre si alzi all’alba per frequentare sicofanti e
tribunali.
Filocleone dice al figlio quali sono i
vantaggi della sua carica: gli eliasti ricevono favori anche sessuali e non
devono rendere conto a nessuno (ajnupeuvqunoi
drw̃men, 587)
Anzi, davanti ai giudici dell’Eliea se la
fanno sotto i ricchi e i potenti (
ejgkecovdasiv m j oiJ ploutoũnteς
(627)
Ma il figlio Filocleone esorta il “babbino”(pappivdion,
655) a calcolare qual è il tributo (to;n
fovron) che Atene riceve dalle città alleate poi tutte le altre rendite
(tevlh, imposte, miniere,
mevtall j , mercati, porti,
confische 649). Sono duemila talenti. Gli stipendi dei 6000 eliasti arrivano 150
talenti (un talento equivalgono a 6000 dracme a 36 mila oboli)
Il vecchio ci rimane male: nemmeno la decima
parte?
E gli altri quattrini?
Il figlio risponde che vanno ai demagoghi che
adulano la folla e prendono cinquanta talenti alla volta dagli alleati
terrorizzandoli prima, poi facendosi corrompere
Tu ti accontenti di rosicchiare i rimasugli
del tuo potere (672) dice Bdelicleone a suo babbo.
Tu sei calcolato quasi niente (tre oboli)
mentre i demagoghi si pappano vasi di pesce marinato, vino, tappeti, cacio (turovn),
miele, sesamo, cuscini, coppe, mantelli, corone, collane, tazze, abbondanza e
buona salute e quelli cui tu credi di comandare nemmeno ti danno un capo
(skorovdrou kefalhvn, v. 679)
d’aglio per i tuoi pesciolini-
Insomma, demagoghi e adulatori traggono grandi
profitti, tu, se uno ti dà quei tre oboli (treĩς
ojbolouvς) sei felice. Eppure hai combattuto e hai faticato per la città
Ti lasci dare ordini da un giovincello rotto
in culo ( meiravkion katapuvgwn ,
687) che ti fa fretta, mentre lui non ha orari e prende una dramma (dracmhvn,
6 oboli). Inoltre prende denaro dagli accusati che assolve.
Filocleone comincia a pensarci su
Il figlio continua: sei sempre stato raggirato
da questi atteggiati ad amici del popolo (ujpo;
tw̃n dhmizovntwn, 699).
Vogliono che tu sia povero e arrabbiato per
aizzarti contro il loro nemici.
Potrebbero sostenere il popolo nel benessere
con i tributi delle città alleate. Con le mille città che pagano, potrebbero
mantenere 20 mila ateniesi a carne di lepre e formaggio, fra le corone, un
tenore di vita degno di Maratona.
Io ti tenevo chiuso volendo nutrirti e perché
non ti beffassero questi enfatici parolai dalla bocca aperta
bovskein ejqevlwn kai; mh; touvtouς-ejgcavskein
soi stomfavzontaς (720-721)
I vecchi eliasti oramai sono convinti da
Bdelicleone il quale per giunta promette di dare al babbo quanto giova a un
vecchio: farinata da leccare (covndron
leivcein) un mantello soffice (claĩnan
malakhvn) e una puttana che gli strofinerà il bischero (povrnhn
h{tiς to; pevoς
triyei, 739) e i lombi.
Il vecchio pare rinsavito.
Ma rimpiange i processi. Ora vorrebbe
processare Cleone
Il figlio gli propone di fare il giudice in
casa. Il salario (misqovς, 784)
glielo darà il lui e non dovrà dividerlo con nessuno
Filocleone gli dà anche il pitale (urinale,
ajmivς) come
favrmakon straggourivaς,
rimedio della stranguria (stravgx,
goccia, ou\ron, urina). Stenosi
delle vie urinarie. Poi gli offre il fuoco e un piatto di lenticchie (fakh̃)
da ingollare.
Il cane Labes (deformazione caricaturale di
Laches, lo stratego sconfitto in Sicilia ) ha rubato una caciotta siciliana.
Il figlio prega Apollo che tolga l’ortica
all’ira del padre e metta il miele al posto della mostarda. L’ojrghv
nella tragedia caratterizza il tiranno
Viene introdotto il cane accusato, Laches. Un
altro cane lo accusa.
Lo stratego Lachete combattè in Sicilia fu
processato per furto, e morì nel 418 a Mantinea.
Lacbes-Laches il cane accusato, secondo il
vecchio è il furto in persona. Il gallo messo lì per tenere sveglio Filocleone
sembra confermare. Il vecchio chiede il pitale e piscia (oujreĩ,
940)
Il cane non sa difendersi come Tucidide che
accusato rimase paralizzato nelle mascelle (v. 947).
Lo storiografo venne esiliato nel 425 per la
perdita di Anfiboli.
Ma potrebbe essere Tucidide figlio di Melesia,
l’antico avversario politico di Pericle.
Il figlio difende il cane dicendo che non ha
avuto una buona educazione; “non sa suonare la cetra”
kiqavrizein ga;r oujk ejpivstatai”
(959)
Bdelicleone fa anche entrare i bambini
(cuccioli di cane) per impietosire il giudice
Il vecchio si commuove e piange
Il figlio fa in modo che il padre assolva,
oujc eJkwvn, contro voglia, il cane
facendogli sbagliare l’urna del voto.
Il vecchio non si capacita: ha assolto
a[kwn (1002, senza volere)
Il figlio promette assistenza al padre che non
verrà più ingannato da Iperbolo, altro demagogo.
Segue la I Parabasi
Il coro durante la Parabasi è la voce di
Aristofane il quale rivendica il merito di non avere reso mezzane le sue muse e
di essersela presa non con gente dappoco ma con i più potenti con impeto degno
di Eracle.
Si è messo subito a lottare proprio con lo
zannuto (xusta;ς
tw̃/ karcarovdonti, 1031) .
E Cleone che ha la voce di un torrente rovinoso e fetore di foca e coglioni
immondi di Lamia[1]
e culo di cammello (prwkto;n de; kamhvlou,
1035)
Il poeta rimprovera il pubblico di non avere
apprezzato l’anno prima la sua commedia (423 le Nuvole , sconfitte dalla
Damigiana di Cratino. Verrà rifatta nel 419).
Aristofane si definisce
ajlexivkakon, quello che tiene
lontano i mali e kaqarthvn (1043)
purificatore della sua terra (th̃ς
cwvraς th̃sde)
Le Nuvole dunque erano bellissime ma il
pubblico non le ha capite.
Per l’avvenire gli spettatori dovranno
apprezzare tra i poeti quelli che cercano di dire qualcosa di nuovo: i loro
pensieri dovranno essere conservati come le mele cotogne: renderanno le vesti
profumate di intelligenza.
I vecchi rivendicano il valore delle loro
chiome bianche: la loro vecchiaia vale più dei riccioli di molti giovanotti e
della loro impudicizia (1068-1070)
Le Vespe poi rivendicano il loro valore nelle
guerre persiane: qualcuno può meravigliarsi vedendo il corifeo
meson diesfhkwvmenon (con il vitino
di vespa, diasfhkovw (1072). Ma non
c’è niente di più virile di una vespa attica. Ne sanno qualcosa i persiani.
I tributi saccheggiati dai giovani li hanno
procurati loro, dopo avere preso città dei Medi.
Sono simile alle vespe perché sono iracondi.
Nei tribunali punzecchiano tutto (pavnta ga;r
kentoũmen e si procurano i
mezzi per vivere, 1113). Ma ci sono ad Atene anche tanti fuchi (khfh̃neς)
infingardi senza aculeo ( oujk e[conteς
kevntron, 115) e mangiano il frutto delle loro fatiche.
Chi non ha il pungiglione dunque, non deve
ricevere solo pochi oboli
Filocleone non vuole togliersi la veste da
giudice
Il figlio prova a dargli una veste persiana.
Poi sandali spartani
Quindi gli insegna a camminare con eleganza.
Al vecchio viene voglia di sculettare (sauloprwktiãn,
1173)
Prova a fare discorsi ma non ne è capace
Il figlio cerca di insegnargli l’educazione: a
stare in compagnia eujschmovnwς
(1210), in maniera decente.
Deve stendere le ginocchia e stendersi
ejn toĩς
strwvmasin, sui tappeti, gumnastikw̃ς
con mosse da atleta. Poi deve apprezzare qualcuno dei vasi, osservare il tetto,
ammirare i tendaggi della salsa. Lavarsi le mani e cenare.
Schifacleone finge di essere Cleone e
Filocleone lancia insulti al demagogo che rovinerà Atene. I due cantano canti
conviviali
Poi escono ed entra il coro per la II
Parabasi.
Gli eliasti ricordano Aminia che andò come
ambasciatore tra i Tessali e là stava con i Penesti: i poveri e gli schiavi, lui
che era il più peneste di tutti (penevsthς-w|n
e[latton oujdenovς (1273-1274). Aminia voleva armare i penesti contro
gli aristocratici
Poi viene sfottuto il famigerato Arifrade che
da solo col suo bell’ingegno, ha imparato a lavorare di lingua
glwttopoieĩn
ogni volta che entra nei bordelli (
eijς ta; porneĩ
j eijsiovnq j eJkastovte, 1283)
Già nella II Parabasi dei Cavalieri
del 424, era ricordato jArifravdhς
ponhrovς che ha fatto una invenzione :
“th;n ga;r
auJtoũ glw̃ttan
aijscraĩς hJdonaĩς
lumaivnetai
ejn kasaureivoisi leivcwn th;n
ajpovptuston drovson
Kai; moluvnwn th;n uJphvnhn
kai; kukw̃n
ta;ς
ejsceavraς (1283-1286)
Inquina la propria lingiua in turpi voluttà.
Leccando nei bordelli la rugiada buttata fuori
Imbrattando la barba e turbando le fiche.
Nella Pace (del 421) Arifrade fa segno
di portargli Teoria , ben lavata, con il sedere in ordine, un culo da festa
quinquennale. Ma Trigeo dice che Arifrade si getterà su di lei e le tracannerà
tutto il brodo: “to;n zwmo;n aujth̃ς
porospeswn ejklayetai (ejklavptw
, v. 885),
zwmovς
era anche il brodo nero deglo Spartani
La conclusione della II parabasi delle
Vespe ricorda i contrasti tra Aristofane e Cleone
Nel 426 Aristofane sferrò il primo grande
attacco a Cleone con i Babilonesi che denunziava l'imperialismo ateniese
e lo sfruttamento imposto alle città alleate: nel 427 anzi Mitilene, che aveva
cercato di uscire dalla lega delio-attica, era stata riassoggettata con estrema
durezza che il demagogo avrebbe voluto inasprire ancora di più dando a tutti i
potenziali ribelli l'esempio di un vero e proprio genocidio. Per fortuna, come
vedremo in Tucidide che lo definisce "il più violento (biaiovtato")
dei cittadini.. e il più capace di persuadere (piqanwvtato")
il popolo (III, 36) la proposta criminale di Cleone non passò. Prevalse Diodoto,
e vennero comunque uccisi un migliaio di Mitilenesi.
In seguito alla coraggiosa denuncia dei
Babilonesi , rappresentato alle Dionisie, festa cui partecipavano i
rappresentanti delle città alleate, Cleone accusò Aristofane di avere diffamato
il popolo davanti agli stranieri. Lo ricorda l'autore negli Acarnesi (vv.
377 e sgg.) non senza compiacimento per essersela cavata, mentre nella parabasi
dei Cavalieri (anno 424) si giustifica del fatto di non avere curato la
regia dei drammi precedenti diretti da Callistrato:
" non per stoltezza gli è capiato di indugiare
ma poiché riteneva che mettere su una commedia è l'impresa più difficile di
tutte", ajlla; nomivzwn/kwmw/didaskalivan
ei\nai calepwvtaton e[rgon aJpavntwn"(vv. 515-516).
Veniamo agli ultimi versi delle Vespe
(1292-1473)
Un servo ha preso delle bastonate da
Filocleone e chiama beate le tartarughe per la loro corrazza: “ijw;
celw̃nai makavriai toũ
devrmatoς (1292) e tre volte beate per la copertura sui fianchi.
Un altro servo lo chiama
paĩ,
garzone, poiché le ha prese.
Il primo servo biasima il vecchio pestifero e
avvinazzato e uJbristotovtatoς, il
più violento della compagnia. Dopo essersi riempito saltava, ballava,
scoreggiava e rideva (1305) come un asinello rimpinzato d’orzo
Teofrasto, un cattivo poeta tragico, delicato
com’è torceva la bocca. E il vecchio lo insultò.
Arriva Filocleone con una danzatrice discinta.
I due sono inseguiti da una folla ostile
Un convitato
(sumpovthς ) dice
su; dwvseiς
au[rion touvtwn divkhn (1332), domani ce la pagherai: ti citeremo in
giudizio.
Ma il vecchio ora non sopporta nemmeno di
sentire parlare dei processi- a\rav gj i[sq
j –wJς oujd j ajkouvwn
ajnevcomai-dikw̃n
(1335-1336)
Poi mostra le forme della ragazza e dice:
tavde m j ajrevskei: bavlle khmouvς
(1339), queste mi piacciono, butta via i coperchi delle urne!
Quindi si rivolge alla ragazza chiamandola
piccolo maggiolino dorato e le chiede di prendere in mano la sua…corda (cfr. co’
‘sta pioggia e co’ ’ sto vento).
La corda è fradicia (sapro;n
to; sconivon, 1342) ma una stropicciatine non le dispiacerebbe. “Devi
mostrarti grata a questo bischero poiché ti ho portata via abilmente quando
stavi per fare come le sporcaccione con gli invitati. Se mi farai un bel
servizio, io, quando sarà morto mio figlio, ti renderò libera e mia concubina,
w\ coirivon, bella troietta-1353.
Cfr. il vecchio Feodor Karamazov: “Intanto
sono ancora un uomo, non ho che 55 anni, ma voglio esserlo per una ventina di
anni ancora, e sarà proprio allora, quando sarò vecchio e ripugnante, ed esse
non vorranno più saperne di me, che mi occorreranno i quattrini! Ora sto
accumulando denaro quanto più posso, sempre di più, unicamente per me caro
figlio mio, Aljekjei Feodorovitc, perché voglio vivere fino al termine dei miei
giorni nella sozzura, sappiatelo. La sozzura è dolce: tutti la oltraggiano e
tutti ci vivono; solo, tutti lo fanno di nascosto; io, invece, lo faccio
apertamente. E proprio per questa mia franchezza, tutti gli altri si sono
accaniti contro di me” ( I fratelli Karamazov, IV, 2, il padre, p.235)
Filocleone dunque dice che non è ancora
padrone delle sue sostanza perché ancora giovane e troppo sorvegliato (nevoς
gavr eijmi kai; fulavttomai sfovdra) 1355
Il mio figlioletto mi fa la guardia
to, ga;r uJivdion threĩ
me , lui è duvskolon,
intrattabile e avaro uno che spacca il cumino. Ma io sono l’unico padre che ha.
Arriva il figlio insultandolo: stupido e
compressore di fica (coirovqliy,
1364 coĩroς
e qlivbw, comprimo). Mi sembra che
tu abbia bisogno di una bella bara (poqeĩn
ejrãn tj e[oikaς
wJraivaς soroũ, 1365)
Hai rubato la flautista ai convitati
Quale flautista? (poivan
aujlhtrivda;) 1369 chiede il vecchio e nega che sia una ragazza. E’ una
fiaccola che brucia in piazza in onore degli dèi (ejn
ajgorã/ qeoĩς
da;ς kavetai, 1373)
Non vedi che è screziata?
E quel nero nel mezzo cos’è?-le donne erano
brune, non come nei poemi omerici-
E’ la pece (hJ
pivtta) che viene fuori quando brucia.
E quello dietro non è
prwktovς , il culo?
No, è un ramo della fiaccola che sporge (o[zoς)
Il figlio vuole portargliela via: tanto so
bene che sei fradicio e non ce la fai (se
kai; nomivsaς sapro;n –koujde;n
duvnasqai drãn, 1380)
Il vecchio minaccia il figlio di fargli gli
ematomi sotto gli occhi (uJpwvpia)
come fece una volta un vecchio pugile a uno giovane a Olimpia quando Filocleone
era osservatore ufficiale (ejqewvroun ejgwv)
Passa una donna che si lagna di essere stata
urtata per cui ha fatto cadere a[rtouς
dek j dieci pani da un obolo
La donna li vuole denunciare davanti agli
ispettori del mercato (pro;ς
tou;ς ajgoranovmouς, 1406):
testimone sarà Cherefonte, il discepolo di Socrate già messo in caricatura nelle
Nuvole (vv. 104, 144, 504)
Filocleone mena il can per l’aia dicendo
assurdità.
Arriva un uomo che vuole querelare per
violenza.
Bdelicleone dice che pagherà
Il padre ammette di averlo preso a botte e a
sassate e gli chiede di stabilire la multa. Ma l’uomo ha paura.
Filocleone si esprime di nuovo con un
nonsense.
Il figlio lo biasima, ma il vecchio continua a
snocciolare storielle assurde su cani, sibariti e scarabei.
Il Coro invidia il vecchio che si è fatto
furbo e si darà tutto alle delizie e alle mollezze (metapeĩsetai-ejpi;
to; trufw̃n kai; malakovn
(1455)
Non è facile cambiare abitudini, ma a volte il
contatto con le idee degli altri provoca questo effetto.
Molte lodi riceverà il figlio Bdelicleone
dia; th;n filopatrivan kai; sofivan
(1465)
Quel giovane è amabile
ajganovς e di buone maniere, assai
godibili
E’ riuscito a rendere migliore suo padre.
Il vecchio intanto entrato in casa, sentito il
flauto, continua a danzare per tutta la notte le danze di Tespi, l’iniziatore
della tragedia (534 a. C.)
Poi torna in scena Filocleone vestito da
Polifemo e vuole continuare la danza.
Canta che la testa del femore gira agile nelle
sue articolazioni ejn a[rqroiς
toĩς hjmetevroiς-strevfetrai
calara; kotulhdwvn (1494-5)
Un servo dice :
manika;; pravgmata, cose da matti
Il vecchio sfida a gara i suoi rivali
tragediografi
Entra un ballerino vestito da granchiolino che
accetta la sfida, figlio di Carcino, un poeta tragico messo in ridicolo
Filocleone lo beffeggia, poi arriva un altro
granchiolino
Il vecchio dice che se li mangia tutti e due.
Poi entra un terzo, strisciando e Filocleone
domanda se è un tappo o una tarantola
E’il padre, il paguro piccino che fa le
tragedie
Filocleone chiede la salsa per mangiare quello
sciame di scriccioli
Il Coro fa una danza finale invitando tutti a
ballare alzando le gambe.
Il padre sarà contento dei tre scriccioli
saltatori
Escono tutti danzando (1537)
[1] Mostro che si ciba di carne umana.
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