il Tartaro |
Riccardo
III, Atto IV
Riccardo
constata di essersi inoltrato tanto nel sangue (I am in so far in blood) che un delitto ne tira fuori un altro e
non c’è più posto per la pietà lacrimosa (IV, 2).
Macbeth
di Shakespeare inciamperà nel meccanismo del potere che è una scala i cui
gradini sono vite umane da calpestare: "That
is a step/On which I must fall down, or else o'erleap / For in my way it lies-Lat base leg-lectus- "
(I, 4), questo è un gradino sul quale devo cadere oppure scavalcarlo poiché si
trova sulla mia strada. Il gradino è Malcolm, un figlio del re ucciso.
Poi
(III, 4): ci sarà ancora sangue: blood
will have blood, sangue vuole sangue. Così le Erinni nell’Orestea
Quindi:
“I am in blood –stepped in, so far, that
should I wade- latino vadum- no more,
-returning were as tedious-taedium as go o’er” (Macbeth, III, 4) mi sono inoltrato nel sangue che se non passassi
il guado il tornare indietro sarebbe pericoloso come l’andare avanti. Cfr. il
tiranno che taglia le teste: Trasibulo di Mileto e Periandro di Corinto in
Erodoto, e i Tarquini in Tito Livio.
Riccardo
teme i propri nipoti (Edoardo e Riccardo) orfani-eredi del re Edoardo IV e
manda Tyrrel a ucciderli dicendo che sono nemici alla mia pace e turbatori del
dolce sonno (foes to my rest-foes from weak grade *pig we have gk. pikrovς) , and my sweet sleep’s disturber- lat.
disturbo, disperdo, distruggo, IV, 2). Cfr. la paura del tiranno, Edipo,
Creonte etc.
Cfr.
Macbeth che dicemi è sembrato di udire una voce gridare: “sleep no more! Macbeth does
murder sleep” ( II, 2) e la moglie aggiunge;
you lack the season of all natures, sleep (III, 4)
In
Tacito, Tiberio temeva dai migliori un pericolo per sè, dai peggiori disonore
per lo stato (ex optimis periculum sibi,
a pessimis dedĕcus publicum metuebat, Annales
, I, 80), e Domiziano invidiava e odiava Agricola per i suoi successi in
Britannia:"Id sibi maxime
formidolosum, privati hominis nomen supra principem attolli " ( Agricola [1]
, 39), gli faceva paura soprattutto il fatto che il nome di un suddito fosse
messo al di sopra di quello del principe.
Nell’Oedipus,
Creonte fa notare al cognato che con il suo sistema si circonda di odio ma
Edipo risponde che l'odio e la paura sono funzionali al potere:"Odia qui nimium timet/regnare nescit: regna
custōdit metus" (Oedipus,
vv. 703-704), chi teme troppo gli odi non sa regnare: la paura è la guardia dei
regni. Cfr. Il principe di
achiavelli.
Creonte
però ribatte che la paura diffusa dal tiranno torna su di lui:"Qui sceptra duro saevus imperio regit,/timet
timentes; metus in auctorem redit" (vv. 705-706), chi impugna
lo scettro crudelmente con dura tirannide teme quelli che lo temono; la paura
torna su chi la provoca.
Astiage
re dei Medi aveva fatto sposare la figlia Mandane al persiano Cambise di
lignaggio molto inferiore: "h\n ga;r dh; oJ Ku'ro" ou|to" hJmivono":
ejk ga;r duw'n oujk oJmoeqnevwn ejgegovnee, mhtro;" ajmeivnono",
patro;" de; uJpodeestevrou" (Erodoto, I, 91, 5). Sperava che
sarebbe nato un nipote scadente e incapace di impensierirlo poiché aveva fatto
due sogni inquietanti a proposito della progenie della figliola. Nel primo che
Mandane orinando sommergeva tutta l’Asia, nel secondo che partorisse una vite
che copriva tutta l’Asia (I, 107-108).
Riccardo
continua dicendo a se stesso che i figli di Edoardo riposano nel grembo di
Abramo, che Anne ha dato la buona notte a questo mondo, e che Elisabetta la
figlia di Edoardo ambita dal bretone Richmond (Lancaster) sarà invece sua
moglie: andrà da lei: “To her I go, a
jolly thriving wooer-to woo of oscure origin-” (IV, 3, 43), vado da lei,
giulivo, prospero corteggiatore.
Qui
il deforme rasenta il comico.
Il
marcire del potere
La
regina Margherita entra e, come se avesse sentito, commenta dicendo che la prosperità
comincia a essere troppo matura e a gocciolare nella putrida bocca della morte:
so now prosperity-prosperitas-prosperus-
begins to mellow –and drop into the rotten mouth of death (IV, 4)
Il
maturare o il marcire dell’amore
Se
l'amore può diventare una malattia anche grave, bisogna capire presto quale
legame diventerà deleterio e togliergli il tempo: "Nam mora dat vires:
teneras mora percoquit uvas/et validas segetes, quae fuit herba, facit" (Remedia amoris, vv. 83-84),
infatti il tempo fornisce le forze: il tempo fa maturare bene le uve acerbe e
rende spighe rigogliose quella che era erba.
Il
tempo porta a maturazione i frutti dei campi e pure quelli della sventura,
dunque, prima di offrire il collo a un giogo amoroso bisogna prevederne gli sviluppi: "Quale
sit quod amas, celeri circumspice mente,/et tua laesuro subtrahe colla iugo " (vv. 89- 90), abbraccia
con rapido sguardo la qualità di quello che ami, e togli via il collo da un
giogo che potrà ferirti.
Ogni
passo verso il potere è segnato da violenza e delitti.
La
lotta per il potere appare sfrondata di ogni mitologia: è una lotta spietata
tra uomini vivi che siedono alla stessa tavola. Uomini vivi perché S. è un
grande. Tornano sempre gli stessi nomi, Riccardo, Edoardo, Enrico, come gli Agamennone,
Elettra, Oreste, Edipo. nella tragedia greca
La
regina Margherita, vedova di Enrico VI, dice alla regina Elisabetta, vedova di
Edoardo IV: “io avevo un Edoardo[2]
finché un Riccardo non lo uccise, io avevo un marito finché un R. non lo
uccise; tu avevi un Edoardo finché un R. non lo uccise, tu avevi un Riccardo[3]
finché un Riccardo non lo uccise” (Riccardo III, IV, 4).
Sempre
lo stesso lamento delle madri dei re trucidati. Perfino i nomi sono gli stessi.
Margherita
aggiunge che Riccardo è grand tyrant of
the earth, un carnal cur, un
cagnaccio carnivoro, un tenebroso emissario dell’inferno.
Nel
mito di Er, Platone racconta del grande tiranno Ardieo
Un
esempio negativo molto evidente di cui Er aveva sentito dire era quello del
grande criminale Ardieo (jArdiai`o~ oJ mevga~, Repubblica 615 c).
Costui era diventato tiranno in una città della Pamfilia, mille anni prima, e
aveva ucciso padre, fratello, non senza molte altre scelleratezze. Chi l’aveva
incontrato disse che quell’orribile criminale non sarebbe mai arrivato nel
prato del consesso festoso. Infatti era uno di quelli così inguaribilmente
malvagi (ti~
tw`n ou{tw~ ajniavtw~ ejcovntwn eij~ ponhrivan, 615c) che non potevano risalire
dal Tartaro. La maggior parte di questi incurabili erano tiranni. Quando si
avvicinavano alla bocca d’uscita, questa emetteva un muggito (ejmuka`to). Allora
intervenivano uomini a[grioi, diapuvroi ijdei`n (615 e) selvaggi, infuocati a
vedersi che afferravano tali delinquenti e li portavano via. I pessimi come
Ardieo, venivano legati mani, piedi e testa, buttati a terra, scorticati,
trascinati fuori strada su piante spinose e gettati nel Tartaro.
CONTINUA
Giovanna Tocco
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