venerdì 25 dicembre 2020

6 incontri sulla tragedia greca. Secondo assaggio

Credo che questi aperitivi diano un nutrimento più sano e soddisfacente di quello ingoiato nelle cosiddette happy hours degli Infelici Molti.


Mimèsi e catarsi

L’arte dunque nell’imitare la realtà ne coglie l’universale e la bellezza

 

Oscar Wilde  in La decadenza della menzogna  (del 1889) rovescia questi termini sostenendo che non è l’arte a imitare la vita, ma il contrario: "La  vita imita l'arte assai più di quanto l'arte imiti la vita (...) Un grande artista inventa un tipo, e la vita tenta di copiarlo, di riprodurlo in forma popolare ( ...) I greci, con il loro rapido istinto artistico, capirono questo, e mettevano nella stanza della sposa la statua di Ermes o di Apollo, affinché ella potesse generare figli altrettanto ben formati delle opere d'arte che contemplava nell'estasi o nel dolore. Sapevano che la vita non solo guadagna dall'arte la spiritualità, la profondità del pensiero e del sentimento, il turbamento o la pace dell'anima, ma che essa può formarsi sulle stesse linee e colori dell'arte, e può riprodurre la dignità di Fidia come la grazia di Prassitele (...) Schopenhauer ha analizzato il pessimismo che caratterizza il pensiero moderno, ma Amleto lo ha inventato. Il mondo è diventato triste perché una volta una marionetta fu malinconica.

Il nichilista, quello strano martire che non ha fede, che va al patibolo senza entusiasmo, e muore per quello in cui non crede, è un prodotto puramente letterario. Esso fu inventato da Turgenev e completato da Dostoevskij"[1] 


Con Aristotele l'arte si risolleva dalla condanna inflittale da Platone: essa non è la copia di una copia che ci allontana di un grado dalla realtà delle idee; anzi ci fa vedere l'universale. Allora non è vero  che i poeti riproducano solo l’apparenza superficiale, né che suscitino emozioni e trasgressioni disordinate.

 

 Infatti  L'altro concetto fondamentale della Poetica  di Aristotele è quello di catarsi :"La tragedia è dunque imitazione di azione seria e compiuta (mivmhsi~ pravxew~ spoudaiva~ kai; teleiva~) che, con una certa estensione e con parola ornata (hJdusmevnw/ lovgw/)

(…) di attori che agiscono, e non attraverso un racconto, per mezzo di pietà e terrore, compie la purificazione da tali affezioni" (di j ejlevou kai; fovbou peraivnousa th;n tw'n toiouvtwn paqhmavtwn kavqarsin, 1449b, 28).

 

Catarsi e mimesi nell’Amleto di Shakespeare

Non molto diversamente l’Amleto di Shakespeare che dice: “I have heard - that guilty creatures, sitting at a play, - have, by the very cunning of the scene, - been struck so to the soul that presently - they have proclaim’d their malefactions” (Hamlet, II, 2), io ho udito che delle persone colpevoli, davanti a un dramma, sono state colpite dall’abilità della scena, fin dentro l’anima, in maniera tale che hanno confessato subito i loro misfatti.  

   

Più avanti anche la teoria della mimesi è espressa  dall’Amleto di Shakespeare: egli definisce “the purpose of playing”,  lo scopo dell’arte drammatica, “ whose end, both at the first and now, was and is, to hold as ‘twere, the mirror up to nature” ( Hamlet, III, 2),  il cui fine, all’inizio come ora, è sempre stato quello di reggere, per così dire, lo specchio alla natura.

 

giovanni ghiselli

 



[1] In O. Wilde, Opere , trad. it. Mondadori, Milano, 1982, pp. 222-224

Nessun commento:

Posta un commento

Ifigenia CLXXXI La fedeltà mal riposta. Il rimpianto della rosa bianca trascurata.

  Il sole aveva sbaragliato le nubi. Mi tolsi la maglietta per   l’abbronzatura che va ripassata, come le lezioni. Mi guardai il petto e i...