NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

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lunedì 22 luglio 2013

Gli occhi


una delle mie zie

Ho celebrato spesso gli occhi delle mie donne, a partire da quelli di mia madre.
Con questo intervento voglio offrire a voi lettori una serie di considerazioni autorevoli sulla  “significazione degli occhi”. 

Parto da Leopardi.
“Espressione degli occhi. Perché si ha cura fino ab antico di chiudere gli occhi ai morti? Perché con gli occhi aperti farebbero un certo orrore. E questo orrore da che verrebbe? Non da altro che da un contrasto tra l’apparenza della vita, e l’apparenza e la sostanza della morte. Dunque la significazione degli occhi è tanta, ch’essi sono i rappresentanti della vita, e basterebbro a dare una sembianza di vita agli estinti” (Zibaldone, 2102).
L'importanza capitale degli occhi nel sembiante divino e umano viene chiarita dal poeta di Recanati anche in altre pagine dello Zibaldone: "Le Dee e specialmente Giunone, è chiamata spesso da Omero bow'pi"[1] (bowvpido") cioè ch' ha occhi di bue. La grandezza degli occhi del bue, alla quale Omero ha riguardo, è certo sproporzionata al viso dell'uomo. Nondimeno i greci intendentissimi del bello, non temevano di usare questa esagerazione in lode delle bellezze donnesche, e di attribuire e appropriar questo titolo, come titolo di bellezza, indipendentemente anche dal resto, e come contenente una bellezza in sé, contuttoché contenga una sproporzione. E in fatti non solo è bellezza per tutti gli uomini e per tutte le donne (che non sieno, come sono molti, di gusto barbaro) la grandezza degli occhi, ma anche un certo eccesso di questa grandezza... Dalle quali cose deducete
1°.Quanto sia vero che gli occhi sono la principal parte della sembianza umana, e tanto più belli quanto più notabili, e quindi quanto più vivi. E che in essi veramente si dipinge la vita e l'anima dell'uomo (e degli animali); e però quanto più son grandi, tanto maggiore  apparisce realmente l'anima e la vitalità e la vita interna dell'animale. (Né quest'apparenza è vana). Per la qual cosa accade che la grandezza loro è piacevole ancorché sproporzionata, indicando e dimostrando maggior quantità e misura di vita"(2546-2548). 

In effetti Dafni, l'innamorato del romanzo di Longo Sofista   nota che gli occhi di Cloe erano "megavloi kaqavper boov"" [2], grandi come quelli di una giovenca.
Il nesso tra lo sguardo e la brama amorosa viene evidenziato da Teocrito[3] quando, nell'Epitalamio di Elena, fa lodare la bellezza della sposa di Menelao da un coro di fanciulle spartane le quali mettono in rilievo che il desiderio è suscitato soprattutto dagli occhi di lei: "wJ"  JElevna, ta'" pavnte" ejp j o[mmasin  i{meroi ejntiv", come Elena nei cui occhi risiedono tutte le seduzioni (XVIII, 37).
Gli occhi infatti lanciano strali amorosi e pure li ricevono, talora con profonde ferite.
Saffo[4] nel frammento 2 D. lamenta la perdita dell'uso della lingua e degli occhi colpiti da paralisi in seguito alla visione dell'amata: "Appena infatti ti guardo per un momento, allora non / è permesso più che io dica niente / ma la lingua mi rimane spezzata… / E con gli occhi non vedo nulla (v 7-9 e v. 11).
Il primo stasimo dell’Ippolito di Euripide inizia con questa invocazione a Eros: “ [Erw~  e[rw~, o{ kat j ojmmavtwn-stavzei~ povqon” (vv. 525-526), eros, Eros che per gli occhi  versi il desiderio: "Eros ha sede infatti di preferenza negli occhi di colui o colei che desta la libido" ma "anche il ricevente percepisce attraverso la vista l'eros che emana dalla persona desiderabile: proprio alla vista della sua giovane compagna che parla scherzosamente col suo futuro sposo, Saffo è colta da un sentimento che, in tutti i suoi sintomi fisici, corrisponde certamente a quello dell'eros. Indipendentemente dall'etimologia proposta nella tradizione associazionista del Cratilo , basterà lasciare che Platone concluda il disegno di questo percorso fisiologico:  "Si chiama Eros perché scorre dall'esterno, e perché questo flusso, lungi dall'appartenere a colui che lo prova, si introduce attraverso gli occhi"[5].

Catullo[6], traducendo l'ode della poetessa greca, denuncia con spavento la totale afonia e l'oscuramento visivo che nasce da un'occhiata amorosa: "nam simul te, / Lesbia, aspexi, nihil est super mi / postmodo vocis, / lingua sed torpet… gemina teguntur-lumina nocte. " (51, 6-9, 11-12), infatti appena ti vedo, Lesbia, non mi rimane nemmeno un filo di voce in bocca, ma la lingua si paralizza... gli occhi si coprono di una doppia notte.
Quale attrattiva di Cinzia ha catturato Properzio[7] per sempre se non gli occhi? La prima elegia dei quattro libri del "romano Callimaco" si apre nel nome e con gli occhi di Cinzia: "Cynthia prima suis miserum me cepit ocellis " (I, 1, 1), Cinzia per prima ha preso me infelice con i suoi occhi; una cattura non solo dolorosa ma anche definitiva: "Mi neque amare aliam neque ab hac desistere fas est: /  Cynthia prima fuit, Cynthia finis erit " (I, 12, 19-20),  io non posso amare un'altra né staccarmi da lei: Cinzia è stata la prima, Cinzia sarà l'ultima.
La fedeltà del poeta, nella sua immaginazione, andrà oltre la morte.
Gli occhi, ribadisce più avanti Properzio, per chi ancora non l'avesse capito, sono i comandanti nella guerra amorosa:"si nescis, oculi sunt in amore duces " (II, 15, 12).

Già Cicerone aveva scritto: “Oculos autem natura nobis, ut equo aut leoni saetas, caudam, auris, ad motus animi declarandos dedit” (De oratore, 3, 222), gli occhi poi la natura ce li ha dati per esprimere i moti dell’animo, come al cavallo, o al leone, le setole, la coda, le orecchie.
Non solo nel campo amoroso è capitale l'importanza degli occhi: nel De oratore di Cicerone, Crasso afferma che ogni forza espressiva sta nel viso e in esso appunto la supremazia è tutta degli occhi:"in ore sunt omnia, in eo autem ipso dominatus est omnis oculorum " (III, 221). I nostri vecchi, continua l'oratore, non approvavano che si mascherasse neppure Roscio[8]:"animi est enim omnis actio et imago animi vultus, indices oculi", infatti ogni gesto viene dall'animo e il volto è l'immagine dell'animo, e gli occhi sono i rivelatori. 

Dagli occhi parte la ricerca amorosa anche secondo Ovidio[9], poeta tutt'altro che incline a suggerire la fedeltà eterna.
Il Sulmonese che consiglia di usare l'argomento "tu mihi sola places" come mezzo di seduzione, fa scattare l'operazione erotica dallo sguardo scrutante dell'uomo il quale deve individuare e mettere nel mirino la preda adatta, ossia non impossibile:"elige cui dicas " tu mihi sola places". /  Haec tibi non tenues veniet delapsa per auras; / quaerenda est oculis apta puella tuis" (Ars amatoria [10], vv. 42-44), scegli una cui dire: "tu sola a me piaci". Questa non ti verrà incontro scendendo per i soffi leggeri dell'aria; con i tuoi occhi devi cercare la ragazza adatta.
Nell'esordio poetico degli Amores [11] , e con il tono del lusus  ironico di derivazione callimachea, lontano comunque dal pathos di Catullo e di  Properzio, Ovidio aveva scritto:"Non mihi mille placent, non sum desultor amoris" ( I, 3, 15) a me non ne piacciono mille, non sono un saltimbaco dell'amore.
 L'ironia porta al lettore l'eco rovesciata di questa affermazione. 
Nella Vita Nuova di Dante[12] si ritrovano gli occhi della donna mirabile che ingentilisce l'oggetto dei suoi sguardi: "Ne li occhi porta la mia donna Amore, /  per che  si fa gentil ciò ch'ella mira/ (cap. XXI, sonetto Ne li occhi porta, vv. 1-2). " Dico sì come questa donna riduce questa potenzia in atto secondo la nobilissima parte de li suoi occhi", commenta l'autore stesso. 
 La potenza dello sguardo di lei del resto può anche avere effetti paralizzanti, non senza vaghi echi catulliani :"ov'ella passa, ogn'om ver lei si gira, / e cui saluta fa tremar lo core, /ì che, bassando il viso, tutto smore…" (Ne li occhi porta, vv. 3-5. Gli echi catulliani sono più evidenti nel sonetto Tanto gentile del XXVI capitolo:"  Tanto gentile e tanto onesta pare / la donna mia quand'ella altrui saluta, / ch'ogne lingua deven tremando muta, / e li occhi no l'ardiscon di guardare… Mostrasi sì piacente a chi la mira, / che dà per li occhi una dolcezza al core" (vv. 1-4, 9-10).
Sant' Agostino nel Secretum ricorda a Francesco Petrarca[13]  la pericolosità dello sguardo femminile: se contemplare un bel corpo infiamma la lussuria, un leggero volger d'occhi  risveglia l'amore che si era assopito: "spectata corporis species, luxuriam incendit; levis oculorum flexus, amorem dormitantem excitat " ( III, 50). 

 Il tovpo" dell'amore ispirato solo o soprattutto dagli occhi si trova anche in Pene d'amore perdute  di Shakespeare[14]:  Biron in preda a un amore "pazzo come Aiace" cerca di resistergli per non finire ammazzato come una pecora, ma nella donna che lo ha stregato, Rosalina, c'è qualche cosa di irresistibile: "Oh, ma il suo occhio... per la luce del giorno, se non fosse per il suo occhio io non l'amerei; sì, per i suoi due occhi!... Dagli occhi delle donne io traggo questa dottrina: essi scintillano senza posa di un vero fuoco prometeico (From women’s eyes this doctrine I derive: they sparkle still the right Promethean fire),, e rappresentano i libri, le arti, le accademie che mostrano, contengono e alimentano il mondo intiero; senza di loro nessuno può eccellere in cosa alcuna" (IV, 3).
foto di Polina Oshmyanskaya
  
Sicché l'amore  viene attivato e tenuto vivo soprattutto dagli occhi.
Proseguo con una una lettera di Guy de Maupassant (1850-1893) :" Vorrei, soprattutto, rivedere i vostri occhi, i vostri due occhi. Perché il nostro primo pensiero è sempre per gli occhi della donna che amiamo? Come ci ossessionano, come ci rendono felici, o infelici, questi piccoli enigmi chiari, impenetrabili e profondi, queste piccole macchie blu, nere o verdi, che senza cambiare forma né colore, esprimono, volta a volta, l'amore, l'indifferenza e l'odio, la dolcezza che placa ed il terrore che agghiaccia più di tante parole in eccesso e meglio dei gesti più espressivi"[15].

Gli occhi delle donne che ci attirano non sono solo delle cose belle  secondo Proust (1871-1922) insomma non sono soltanto materia:"Se pensassimo che gli occhi di una ragazza come quella non sono che una brillante rotella di mica, non saremmo così avidi di conoscere e di unire a noi la sua vita. Ma sentiamo che quel che riluce in quel disco pieno di riflessi non è dovuto unicamente alla sua composizione materiale; che sono, ignote a noi, le nere ombre delle idee che quell'essere si fa a proposito delle persone e dei luoghi che conosce…le ombre, anche, della casa in cui rientrerà, i progetti ch'essa fa o altri han fatti per lei; e soprattutto che è lei, con i suoi desideri, le sue simpatie, le sue repulsioni, la sua oscura e incessante volontà"[16].

Anche Svevo (1861-1928)  ha capito che l'attrazione più forte esercitata dalla donna deriva dal fulgore dei suoi occhi: "Quand'egli le parlò, essa levò rapidamente gli occhi e glieli rivolse sulla faccia così luminosi, che il mio povero principale ne fu proprio abbattuto…Non so se a questo mondo vi siano dei dotti che saprebbero dire perché il bellissimo occhio di Ada adunasse meno luce di quello di Carmen e fosse perciò un vero organo per guardare le cose e le persone e non per sbalordirle"[17].

T. Mann (1875-1955) spiega, a ragione, che l'amore è suscitato e mantenuto soprattutto dall'attrazione del volto, e in questo degli occhi, siccome significativi del carattere della persona: "C' era stato uno spazio non più lungo di due palmi fra il suo viso e quello di lei, quel viso dalla forma strana eppure nota da tanto tempo, una forma che gli piaceva come null'altro al mondo, una forma esotica e piena di carattere...ciò che lo aveva colpito ancora maggiormente erano stati gli occhi, quegli occhi sottili, quegli occhi da Kirghiso dal taglio schiettamente affascinante, occhi d'un grigio azzurro o d'un azzurro grigio come i monti lontani, che, a volte, con un curioso sguardo di traverso non destinato certo a vedere, potevano oscurarsi, fondersi in una tinta velata notturna"[18]. Molto più avanti[19] si legge :" Quando il desiderio carnale...s'è fermato sopra una persona con un determinato viso, allora si parla d'amore. Io non desidero soltanto il suo corpo, la sua carne; anzi dico che se nel suo viso qualche cosa anche piccola fosse diversamente conformata, probabilmente non desidererei più neppure il suo corpo...Questo dimostra che amo l'anima sua e l'amo con l'anima. Poiché l'amore per il viso è amore spirituale".

Un altro romanzo di Thomas Mann
“Gli uomini di sentimento sono pieni di espressione, perché l’espressione nasce dal bisogno del sentimento di farsi valere, un bisogno che si mostra senza inibizioni, apertamente…Rachele era bella e graziosa. Lo era in una maniera nello stesso tempo mansueta e birichina, che veniva dall’anima, ma si vedeva-e anche Giacobbe lo vedeva perché lei lo guardava-che spirito e volontà trasformati in senno e coraggio muliebri, erano le segrete sorgenti che alimentavano quella grazia; tanto espressiva era la sua persona, tanto aperta e pronta alla vita nella fermezza dello sguardo…la cosa più bella e graziosa era il suo modo di guardare, era lo sguardo dei suoi occhi neri, dal taglio lievemente obliquo, uno sguardo che la miopia stranamente trasfigurava e addolciva, in cui, lo diciamo senza esagerazione, la natura aveva raccolto tutte le attrattive che essa può dare a uno sguardo umano: una notte profonda, liquida, mite, dolcissima, una notte eloquente, piena di serietà e di ironia, uno sguardo che Giacobbe non aveva o credeva di non avere ancora mai visto…Era giunto alla meta, e la fanciulla con gli occhi pieni di dolce oscurità che pronunciava il nome di suo padre lontano era la figlia del fratello[20] di sua madre[21]…Quanto a Lia, non appariva meno ben formata di Rachele, era anzi più alta e imponente, ma offriva un esempio caratteristico di quel singolare deprezzamento che una figura perfetta subisce quando si accompagna a un volto brutto. Aveva bensì abbondantissimi capelli color cenere…Ma i suoi occhi di un verde-grigio convergevano malinconicamente strabici in direzione del naso lungo e rosso, e arossate erano anche le palpebre colpite da infezione, arrossate le mani che cercava di nascondere , come pure lo sguardo strabico su cui abbassava continuamente le ciglia con una specie di dignità pudica. ‘Ecco qua’, pensò Giacobbe osservando le due sorelle, ‘la luna scema e la luna piena!’”[22].

Gli occhi sono comunque legati all'amore e al sesso
Gli occhi che Edipo si colpisce da solo sono, secondo Freud, il simbolo dei genitali:"l'accecamento con cui Edipo si punisce dopo aver scoperto il proprio crimine è, a quel che testimoniano i sogni, un sostituto simbolico dell'evirazione"[23].
"Si deve tenere presente che, nella mitologia classica, gli occhi presentano spesso un legame con l'amore e con la sessualità, e in particolare con i genitali maschili: numerose sono le rappresentazioni vascolari di falli con occhi. Forse il gesto dell'autoaccecamento di Edipo racchiude anche un significato di simbolica castrazione, di autopunizione per i delitti sessuali commessi. Infliggendo una punizione ai suoi occhi, Edipo punisce la parte del suo corpo che si è macchiata di colpa nei confronti della madre"[24].


Giovanni Ghiselli



[1] Per esempio in Iliade, I, 551 e 568 ndr..
[2] Le avventure pastorali di Dafni e Cloe , I, 17. Romanzo ellenistico, composto tra il II e il III secolo d. C.
[3] Teocrito siracusano (310 ca-250 ca a. C.) visse tra Siracusa, Coo e Alessandria alla corte di Tolomeo II filadelfo. Abbiamo un corpus di 30 idilli e 24 epigrammi.
[4] Poetessa greca dell'isola di Lesbo. Visse tra il VII e il VI secolo. Scrisse liriche in dialetto eolico.
[5] C. Calame, I Greci e l'Eros, p.14.
[6] Vissuto tra l'84 e il 54 a. C. Ha lasciato un Liber di 116 carmi in metro vario.
[7] Nato ad Assisi nel 49 a. C. circa, morto a Roma intorno al 15a. C., ha scritto quattro libri di elegie. Il primo fu pubblicato nel 28, il secondo e il terzo nel 22, il quarto nel 16 a. C. I primi tre cantano l'amore per Cinzia, il IV, quello delle elegie romane, racconta per lo più miti, riti della tradizione, episodi della storia di Roma e italica.
[8]  Attore comico famoso morto nel 62 a. C. Pare fosse molto strabico.
[9] Nato a Sulmona nel 43 a. C., morto a Tomi, sul mar Nero nel 17/18 d. C.
[10] Tre libri, in distici elegiaci, di insegnamenti sull'amore: i primi due usciti tra l'1 a. C. e l'1 d. C.; il terzo poco dopo. .
[11]  Raccolta di elegie in tre libri. La prima edizione è di poco posteriore al 20 a. C.; la seconda, rielaborata, uscì quasi venti anni dopo, intorno all' 1 a. C.
[12] Firenze 1265-Ravenna 1321.
[13] Arezzo 1304-Arquà 1374.
[14] Stratford on Avon 1564-Warwickshire 1616. Love's labour's lost è del 1594-1505.
[15] Le plus belles lettres d'amour , tratto da Lunario dei giorni d'amore, p. 502.
[16] All'ombra delle fanciulle in fiore, p. 397.
[17]La coscienza di Zeno , Dall'Oglio, Milano, 1938, p. 317 e p. 319.
[18]La montagna incantata , trad. it. Dall'Oglio, Milano, 1930, vol., I, p. 163.
[19]P. 304 del II vol.
[20] Labano ndr
[21] Rebecca ndr
[22] T. Mann, Giuseppe e i suoi fratelli, La storia di Giacobbe, pp. 265 ss.
[23] Compendio di psicoanalisi, in Freud Opere , volume 11, p. 617, n. 1.
[24] D. Puliga e Silvia Panichi, In Grecia, p. 199.

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