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giovedì 11 settembre 2014

"Generazioni" di Remo Bodei, parte XI della presentazione

XI  parte della presentazione del libro di Remo Bodei

Generazioni
Età della vita, età delle cose.  Editori Laterza, Roma-Bari 2014.
Vediamo il capitolo 5 della seconda parte del libro
Bodei ricorda che Alexis de Tocqueville nel secondo volume di La démocratie en Amérique, del 1840, aveva già notato “la crisi e il mutato ruolo dei padri” (p. 65). L’’individuo democratico infatti  si disancora dai legami imposti dalla tradizione  e diviene “immemore dei suoi avi e per nulla interessato ai suoi futuri discendenti. Si preoccupa appena dei figli, vive chiuso all’interno di una piccola cerchia di familiari e amici e rischia così di rimanere murato “nella solitudine del cuore”[1].
La perdita, o la mancanza della tradizione, significa anche ignoranza del greco e del latino.
Alexis de Tocqueville prevede il declino delle lettere antiche nella nuova società : “ E’ evidente che nelle società democratiche l’interesse degli individui, così come la sicurezza dello stato, esigono che l’educazione della maggioranza sia scientifica, commerciale e industriale, piuttosto che letteraria. Il greco e il latino non devono essere insegnati in tutte le scuole, ma è necessario che coloro che, per naturale tendenza o per fortuna, sono portati a coltivare le lettere o predisposti a gustarle, trovino scuole in cui ci si possa rendere perfettamente padroni della letteratura antica ed essere penetrati interamente dal suo spirito. Poche università eccellenti varrebbero meglio, per raggiungere lo scopo, di una moltitudine di cattivi collegi o di studi superflui che si compiono malamente, impedendo di fare bene gli studi necessari. Tutti coloro che hanno l’ambizione di eccellere nelle lettere, nelle nazioni democratiche, devono spesso nutrirsi delle opere dell’antichità. E’ una regola salutare. Non credo che le produzioni letterarie degli antichi siano irreprensibili; penso solamente che esse hanno qualità speciali che possono meravigliosamente servire a controbilanciare i nostri difetti particolari. Esse ci sostengono dalla parte verso cui pendiamo”[2].
Ma torniamo a Generazioni.
In alcuni paesi, come quelli islamici, il ruolo dominante della figura paterna resiste alla modernizzazione.
Nel mondo occidentale però i padri “sembrano animati dal desiderio di essere coetanei dei propri figli” (p. 67).
Lo stesso atteggiamento si sta diffondendo in Giappone “dove il compenetrarsi di tradizione e modernità veniva garantito dal fatto che nelle famiglie l’autorità era costituita dal nonno e non dal padre (il che, grazie al salto di una generazione, saldava i giovani a un anello più antico della catena del passato)”. 
La modernizzazione che ha investito anche il Giappone non ha tolto ai nonni la funzione di rappresentare la memoria storica delle famiglie, anche se “il loro archivio vivente” non viene “sempre sufficientemente consultato e valorizzato”.
Credo che la tecnologia contemporanea la quale potrebbe essere un valido sostegno del ricordo, danneggi invece la memoria, come sosteneva Platone a proposito della scrittura[3].
“Quando esiste, il contributo dei nonni alla solidarietà familiare è però efficace” (p. 69). In termini culturali, affettivi e pure economici.
Perché i vecchi diano un aiuto, bisogna però che non siano bisognosi loro di averlo. In certi casi  possono costituire un onere “anche a causa della frequente alterazione del loro carattere, che li rende insofferenti, smemorati o bisbetici” (p. 69)
Bodei ricorda il Cato maior di Cicerone che qualifica certi vecchi del teatro romano come credulos, obliviosos, dissolutos  con una ripresa di alcuni caratteri del teatro greco. Mi viene in mente Filocleone delle Vespe di Aristofane , molto meno saggio e maturo del figlio Bdelicleone. Oppure Cnemone,  parzialmente rieducato dal figliastro Gorgia nel Dyskolos di Menandro.
Quindi Bodei cita alcuni versi (169-174) dell’Ars poetica di Orazio
Ricordo i due conclusivi"difficilis, querulus, laudator temporis acti/se puero, castigator censorque minorum" (vv. 173-174), difficile, lamentoso,  elogiatore del tempo trascorso da ragazzo, critico e censore dei giovani.
“Anche per questo, come diceva Terenzio della vecchiaia, senectus ipsa est morbus[4]” (Generazioni, p. 70). Un morbus che si può evitare solo con la morte, un “favore” che gli dèi fanno ai giovani da loro prediletti secondo Menandro poi citato da Leopardi come epigrafe di Amore e morte: “Muor giovane colui ch’al cielo è caro”.

Comunque il destino di morte, l’alienazione finale e definitiva riguarda tutti noi.
Bodei cita di nuovo Orazio: “Omnes eodem cogimur, omnium/ versatur urna serius ocius/sors exitura et nos in aeternum/exilium impositura cumbae” (Carmina, 2, 3, vv. 25-28), tutti siamo spinti alla stessa meta, di tutti è agitata nell’urna la sorte che presto o tardi uscirà e ci caricherà sulla barca verso l’eterno esilio” (p. 71)
Su questo tema aggiungo la traduzione mia della prima e delle ultime  due strofe dell’Ode 2, 14 dello stesso autore:
“Ahi, in fuga, Postumo, Postumo,
spariscono gli anni, e la devozione non recherà
 una sosta alle rughe e alla vecchiaia
che incalza e alla morte invitta
(….)
bisogna lasciare la terra e la casa
e la sposa piacente, né di queste piante che coltivi
alcuna ti seguirà, tranne gli odiosi
cipressi, effimero padrone.
Un erede più degno consumerà i Cècubi
conservati con cento chiavistelli e bagnerà
il pavimento con vino di lusso,
migliore di quello delle cene dei pontefici”.
Quindi Bodei rileva il fatto che, nonostante la perdita di autorità dei padri e dei nonni, “la famiglia diventa l’ammortizzatore principale degli effetti negativi provocati dall’abbassamento delle prestazioni del welfare state” (p. 71). Ecco allora che “una percentuale sempre crescente di giovani adulti vive con i genitori, pari al 19 per cento circa degli uomini tra i 25 e i 34 anni a fronte del 14 per cento nel 2005” (p. 71).
Se mi è consentito un ricordo personale, nel 1963, quando conclusi il mio ciclo di elementari, medie, liceo a Pesaro, decisi di andare a studiare Lettere antiche non a Urbino, ma a Bologna per cominciare a vivere da solo. All’epoca il  welfare state assegnava il presalario ai meritevoli non facoltosi.
Condivido ancora quanto ha scritto Pavese :"C'è qualcosa di più triste che invecchiare, ed è rimanere bambini"[5].
Sentiamo anche E. Fromm: " Rimanendo legato alla natura, alla madre o al padre, l'uomo riesce quindi a sentirsi a suo agio nel mondo, ma, per la sua sicurezza, paga un prezzo altissimo, quello della sottomissione e della dipendenza, nonché il blocco del pieno sviluppo della sua ragione e della sua capacità di amare. Egli resta un fanciullo mentre vorrebbe diventare un adulto"[6].
Cito le parole conclusive del capitolo II, 6 di Generazioni: “Chiamati a volte ‘generazioni boomerang’, questi giovani sono costretti a rimanere in casa, o a ritornarvi dopo la laurea, perché non possono permettersi una vita indipendente. Anche costumi come il matrimonio risentono, almeno per il momento, della mancanza di un reddito di sicurezza: In un anno solo (il 2010), il numero delle coppie che vivevano insieme senza sposarsi ha fatto un balzo in avanti del 13 per cento” (p. 72)
Giovanni Ghiselli
p. s.
Questo libro verrà presentato a Bologna nella  libreria Feltrinelli di piazza di Porta Ravegnana, alle 18 del 17 settembre.
Ecco l’annuncio:
Dialogo con Remo Bodei .
Intervengono Walter Tega e Francesca Emiliani
Presiede Gianni Ghiselli
Di R.Bodei: “Generazioni. Età della vita, età delle cose”.
  

[1] A. de Tocqueville, La démocratie en Amérique, in Ouvres complètes, sotto la direzione di J.- P. Mayer,  M. Lèvy Frères, Paris 1951 sgg., tomi 1-3, trad. it La democrazia in America, in Scritti politici, 2 voll., a cura di N. Matteucci, Utet, Torino 1968-1969, vol II, pp. 549, 590-
[2] La democrazia in America, p. 480.
[3] Una confutazione efficace dei benefici operati dalla scrittura nei confronti della memoria si trova nel mito di Theuth del Fedro  . Il dio Theuth  si reca dal re Thamus e gli presenta le sue invenzioni elogiandole: i numeri, il calcolo, l'astronomia, la geometria, il tavoliere, i dadi, e le lettere; di queste in particolare dice:"renderanno gli Egiziani più saggi e più capaci di ricordare: è stato trovato un farmaco della memoria e della sapienza"(274e); ma il "re di tutto quanto l'Egitto", rispose:" tu, essendo il padre della scrittura, per benevolenza hai detto il contrario di quanto essa può. Questa infatti produrrà dimenticanza nelle anime di coloro che l'hanno imparata, per incuria della memoria, poiché per fiducia nella scrittura, ricordano dall'esterno, da segni estranei, non dall'interno, essi da se stessi: dunque non hai trovato un farmaco della memoria ma del ricordo"( ou[koun mnhvmh~, alla; uJpomnhvsew~, favrmakon hu|re~, 275a).
[4] Terenzio, Phormio, v. 575. Per Terenzio si veda Minarini, La palliata cit. pp. 19-30. Più in generale, per la figura del senex ivi, pp. 1-30. Sulla vecchiaia nel mondo greco-romano, ma nella prospettiva della morte e del suicidio, H. Brandt, Am Ende des Lebens. Alter, Tod und Suizid in der Antike, Beck, München 2010
[5] Il mestiere di vivere  , 24 dicembre 1937.
[6] E. Fromm, La rivoluzione della speranza , p. 80.

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