XI parte della presentazione del libro di Remo Bodei
Generazioni
Età della
vita, età delle cose. Editori Laterza, Roma-Bari 2014.
Vediamo il
capitolo 5 della seconda parte del libro
Bodei ricorda
che Alexis de Tocqueville nel secondo volume di La démocratie en Amérique,
del 1840, aveva già notato “la crisi e il mutato ruolo dei padri” (p. 65).
L’’individuo democratico infatti si disancora dai legami imposti dalla
tradizione e diviene “immemore dei suoi avi e per nulla interessato ai suoi
futuri discendenti. Si preoccupa appena dei figli, vive chiuso all’interno di
una piccola cerchia di familiari e amici e rischia così di rimanere murato
“nella solitudine del cuore”[1].
La perdita, o la
mancanza della tradizione, significa anche ignoranza del greco e del latino.
Alexis de
Tocqueville prevede il declino delle lettere antiche nella nuova società : “
E’ evidente che nelle società democratiche l’interesse degli individui,
così come la sicurezza dello stato, esigono che l’educazione della
maggioranza sia scientifica, commerciale e industriale, piuttosto che letteraria.
Il greco e il latino non devono essere insegnati in tutte le scuole, ma è
necessario che coloro che, per naturale tendenza o per fortuna, sono portati a
coltivare le lettere o predisposti a gustarle, trovino scuole in cui ci si possa
rendere perfettamente padroni della letteratura antica ed essere penetrati
interamente dal suo spirito. Poche università eccellenti varrebbero meglio, per
raggiungere lo scopo, di una moltitudine di cattivi collegi o di studi superflui
che si compiono malamente, impedendo di fare bene gli studi necessari. Tutti
coloro che hanno l’ambizione di eccellere nelle lettere, nelle nazioni
democratiche, devono spesso nutrirsi delle opere dell’antichità. E’ una
regola salutare. Non credo che le produzioni letterarie degli antichi siano
irreprensibili; penso solamente che esse hanno qualità speciali che possono
meravigliosamente servire a controbilanciare i nostri difetti particolari. Esse
ci sostengono dalla parte verso cui pendiamo”[2].
Ma torniamo a
Generazioni.
In alcuni paesi,
come quelli islamici, il ruolo dominante della figura paterna resiste alla
modernizzazione.
Nel mondo
occidentale però i padri “sembrano animati dal desiderio di essere coetanei dei
propri figli” (p. 67).
Lo stesso
atteggiamento si sta diffondendo in Giappone “dove il compenetrarsi di
tradizione e modernità veniva garantito dal fatto che nelle famiglie l’autorità
era costituita dal nonno e non dal padre (il che, grazie al salto di una
generazione, saldava i giovani a un anello più antico della catena del
passato)”.
La
modernizzazione che ha investito anche il Giappone non ha tolto ai nonni la
funzione di rappresentare la memoria storica delle famiglie, anche se “il loro
archivio vivente” non viene “sempre sufficientemente consultato e valorizzato”.
Credo che la
tecnologia contemporanea la quale potrebbe essere un valido sostegno del
ricordo, danneggi invece la memoria, come sosteneva Platone a proposito della
scrittura[3].
“Quando esiste,
il contributo dei nonni alla solidarietà familiare è però efficace” (p. 69). In
termini culturali, affettivi e pure economici.
Perché i vecchi
diano un aiuto, bisogna però che non siano bisognosi loro di averlo. In certi
casi possono costituire un onere “anche a causa della frequente alterazione del
loro carattere, che li rende insofferenti, smemorati o bisbetici” (p. 69)
Bodei ricorda il
Cato maior di Cicerone che qualifica certi vecchi del teatro romano come
credulos, obliviosos, dissolutos con una ripresa di alcuni caratteri del
teatro greco. Mi viene in mente Filocleone delle Vespe di Aristofane ,
molto meno saggio e maturo del figlio Bdelicleone. Oppure Cnemone, parzialmente
rieducato dal figliastro Gorgia nel Dyskolos di Menandro.
Quindi Bodei
cita alcuni versi (169-174) dell’Ars poetica di Orazio
Ricordo i due
conclusivi"difficilis, querulus, laudator temporis acti/se puero, castigator
censorque minorum" (vv. 173-174), difficile, lamentoso, elogiatore del
tempo trascorso da ragazzo, critico e censore dei giovani.
“Anche per
questo, come diceva Terenzio della vecchiaia, senectus ipsa est morbus[4]”
(Generazioni, p. 70). Un morbus che si può evitare solo con la
morte, un “favore” che gli dèi fanno ai giovani da loro prediletti secondo
Menandro poi citato da Leopardi come epigrafe di Amore e morte: “Muor
giovane colui ch’al cielo è caro”.
Comunque il
destino di morte, l’alienazione finale e definitiva riguarda tutti noi.
Bodei cita di
nuovo Orazio: “Omnes eodem cogimur, omnium/ versatur urna serius ocius/sors
exitura et nos in aeternum/exilium impositura cumbae” (Carmina, 2, 3,
vv. 25-28), tutti siamo spinti alla stessa meta, di tutti è agitata nell’urna la
sorte che presto o tardi uscirà e ci caricherà sulla barca verso l’eterno
esilio” (p. 71)
Su questo tema aggiungo la traduzione mia
della prima e delle ultime due strofe dell’Ode 2, 14 dello stesso
autore:
“Ahi, in fuga, Postumo, Postumo,
spariscono gli anni, e la devozione non
recherà
una sosta alle rughe e alla vecchiaia
che incalza e alla morte invitta
(….)
bisogna lasciare la terra e la casa
e la sposa piacente, né di queste piante che
coltivi
alcuna ti seguirà, tranne gli odiosi
cipressi, effimero padrone.
Un erede più degno consumerà i Cècubi
conservati con cento chiavistelli e bagnerà
il pavimento con vino di lusso,
migliore di quello delle cene dei pontefici”.
Quindi Bodei rileva il fatto che, nonostante
la perdita di autorità dei padri e dei nonni, “la famiglia diventa
l’ammortizzatore principale degli effetti negativi provocati dall’abbassamento
delle prestazioni del welfare state” (p. 71). Ecco allora che “una
percentuale sempre crescente di giovani adulti vive con i genitori, pari al 19
per cento circa degli uomini tra i 25 e i 34 anni a fronte del 14 per cento nel
2005” (p. 71).
Se mi è consentito un ricordo personale, nel
1963, quando conclusi il mio ciclo di elementari, medie, liceo a Pesaro, decisi
di andare a studiare Lettere antiche non a Urbino, ma a Bologna per cominciare a
vivere da solo. All’epoca il welfare state assegnava il presalario ai
meritevoli non facoltosi.
Condivido ancora quanto ha scritto Pavese
:"C'è qualcosa di più triste che invecchiare, ed è rimanere bambini"[5].
Sentiamo anche E. Fromm:
" Rimanendo legato alla natura, alla madre o al padre, l'uomo riesce quindi a
sentirsi a suo agio nel mondo, ma, per la sua sicurezza, paga un prezzo
altissimo, quello della sottomissione e della dipendenza, nonché il blocco del
pieno sviluppo della sua ragione e della sua capacità di amare. Egli resta un
fanciullo mentre vorrebbe diventare un adulto"[6].
Cito le parole
conclusive del capitolo II, 6 di Generazioni: “Chiamati a volte
‘generazioni boomerang’, questi giovani sono costretti a rimanere in casa, o a
ritornarvi dopo la laurea, perché non possono permettersi una vita indipendente.
Anche costumi come il matrimonio risentono, almeno per il momento, della
mancanza di un reddito di sicurezza: In un anno solo (il 2010), il numero delle
coppie che vivevano insieme senza sposarsi ha fatto un balzo in avanti del 13
per cento” (p. 72)
Giovanni Ghiselli
p. s.
Questo libro verrà presentato a
Bologna nella libreria Feltrinelli di piazza di Porta Ravegnana, alle 18 del 17
settembre.
Ecco l’annuncio:
Dialogo con Remo Bodei .
Intervengono Walter Tega
e Francesca Emiliani
Presiede Gianni Ghiselli
Di R.Bodei: “Generazioni. Età
della vita, età delle cose”.
[1] A. de Tocqueville,
La démocratie en Amérique, in Ouvres complètes, sotto la direzione
di J.- P. Mayer, M. Lèvy Frères, Paris 1951 sgg., tomi 1-3, trad. it La
democrazia in America, in Scritti politici, 2 voll., a cura di N.
Matteucci, Utet, Torino 1968-1969, vol II, pp. 549, 590-
[2] La democrazia in
America, p. 480.
[3]
Una confutazione efficace dei benefici
operati dalla scrittura nei confronti della memoria si trova nel mito di
Theuth del Fedro . Il dio Theuth si reca dal re Thamus e gli
presenta le sue invenzioni elogiandole: i numeri, il calcolo,
l'astronomia, la geometria, il tavoliere, i dadi, e le lettere; di
queste in particolare dice:"renderanno gli Egiziani più saggi e più
capaci di ricordare: è stato trovato un farmaco della memoria e della
sapienza"(274e); ma il "re di tutto quanto l'Egitto", rispose:" tu,
essendo il padre della scrittura, per benevolenza hai detto il contrario
di quanto essa può. Questa infatti produrrà dimenticanza nelle anime di
coloro che l'hanno imparata, per incuria della memoria, poiché per
fiducia nella scrittura, ricordano dall'esterno, da segni estranei, non
dall'interno, essi da se stessi: dunque non hai trovato un farmaco della
memoria ma del ricordo"( ou[koun mnhvmh~, alla; uJpomnhvsew~,
favrmakon hu|re~, 275a).
[4] Terenzio, Phormio,
v. 575. Per Terenzio si veda Minarini, La palliata cit. pp.
19-30. Più in generale, per la figura del senex ivi, pp. 1-30.
Sulla vecchiaia nel mondo greco-romano, ma nella prospettiva della morte
e del suicidio, H. Brandt, Am Ende des Lebens. Alter, Tod und Suizid
in der Antike, Beck, München 2010
[5] Il mestiere di
vivere , 24 dicembre 1937.
[6] E. Fromm, La
rivoluzione della speranza , p. 80.
Mi piace il riconoscimento della figura dei nonni. Giovanna Tocco
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