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giovedì 4 settembre 2014

"Generazioni" di Remo Bodei, parte IX della presentazione


Nona parte della presentazione del libro di Remo Bodei
Generazioni. Età della vita, età delle cose. Editori Laterza, Roma-Bari 2014


Vediamo il terzo capitolo della seconda parte di Generazioni (pp. 51-60).

Bodei ricorda e cita la similitudine omerica, poi oraziana,  tra la vita stagionale delle foglie e quella poco meno effimera degli uomini (Iliade, VI, vv. 146-149 e XXI, vv. 462-466; Orazio, Ars poetica, vv. 60-62)
“In quanto tramiti tra il passato e il futuro, vite provvisoriamente inglobate in specifiche “fette di tempo (slices of time[1]), i singoli trascorrono la loro vita come automi miopi, senza essere in grado di rendersi completamente conto del mondo in cui sono caduti” (p. 52).

Ci sono persone della vita e  personaggi della letteratura che non possono nemmeno considerarsi tramiti per la vita successiva, in quanto non si riproducono.
L’Antigone di Sofocle raggiunge i morti non senza rimpianti.
Quando, per ordine di Creonte, viene portata nella caverna dove si ucciderà, rivolge queste parole al cadavere del fratello Polinice cui ha reso gli onori funebri con una “trasgressione santa”[2] del decreto del tiranno: “ Io ti ho reso onore giustamente secondo chi ha senno./Mai infatti se avessi avuto natura di madre di figli/né se fosse andato in putrefazione il mio sposo morto,/mi sarei caricata di questa penosa fatica contro la volontà dei cittadini/ In forza di quale principio dico questo?/ Lo sposo, morto uno, ce ne sarebbe stato un altro per me,/e un figlio, da un altro uomo, se avessi perduto questo,/ma siccome il padre e la madre sono racchiusi nell'Ade,/non c'è fratello che possa sbocciare mai più./Secondo tale norma certo, io ho onorato sopra tutti te,/e a Creonte sembrai errare in questo/e osare spaventosi delitti, o capo fraterno./ Ed ora mi trascina dopo avermi afferrata con le mani/priva di talamo, di imeneo, senza che abbia ricevuto/destino di nozze di qualsiasi sorta, né di allattamento di figli,/ma così deserta di amici io la sventurata/scendo viva nelle fosse dei morti/Per avere trasgredito quale legge degli dei? " (Antigone, vv. 904-921).
La figlia di Laio si sente l'ultima (loisqiva, Antigone, v. 895) dei Labdacidi.
Similmente il quindicenne Hanno Buddenbrook di T. Mann pose una riga sotto il suo nome nell'albero genealogico della famiglia, e quando il padre, il senatore Thomas, lo sgridò chiedendogli la ragione di tale monelleria, "il ragazzo, ritraendosi e portando una mano alla guancia, balbettò: "Credevo... credevo... non dovesse seguire altro"[3].
Vero è che il personaggio di Antigone, e non solo quello di Sofocle, o la persona di Giacomo Leopardi, hanno lasciato nella cultura e nella vita di molti un segno ben più profondo di tanti viventi passati sulla terra solo come le foglie appunto, o, peggio, al pari di creature  "quae natura prona atque ventri oboedientia finxit", che la natura foggiò chini a terra e schiavi del ventre, come scrive Sallustio all'inizio della monografia sulla congiura di Catilina.

“Per sopravvivere ogni cultura deve perciò trasmettere attraverso le generazioni lingue, idee, emozioni e valori entro i cui parametri ogni nuovo nato è tenuto a situarsi e orientarsi” (Generazioni, p. 52).

In effetti una cultura decade, a volte sparisce quando le persone colte smettono di riprodursi con una specie di suicidio della stirpe che si annienta con una civiltà diventata a loro giudizio obsoleta e non più capace di dare speranze e ragioni di vita. Cassio Dione racconta che Augusto nel 9 d. C. parlò agli sposati e ai celibi. Elogiò i primi, meno numerosi, dicendo che erano cittadini benemeriti e fortunati: infatti ottima cosa è una donna temperante, casalinga, buona amministratrice e nutrice dei figli ("a[riston gunh; swvfrwn oijkouro;" oijkovnomo" paidotrovfo" "(LVI, 3, 3) ed è una grande felicità lasciare il proprio patrimonio ai propri figli; inoltre anche la comunità riceve vantaggi dal grande numero (poluplhqiva, LVI, 3, 7) di lavoratori e di soldati.
Quindi l’imperatore parlò con parole di biasimo ai non sposati che erano molto più numerosi. Voi, disse in sostanza, siete gli assassini delle vostre stirpi e del vostro Stato. Voi tradite la patria rendendo deserte le case e la radete al suolo dalle fondamenta:"a[nqrwpoi gavr pou povli" ejstivn, ajll' oujk oijkivai oujde; stoai; oujd j ajgorai; ajndrw'n kenaiv" (LVI, 4, 1), gli uomini infatti in qualche misura costituiscono la città, non le case né i portici né le piazze vuote di uomini[4].
Poi Augusto accusò i celibi paragonandoli ai briganti e alle fiere selvatiche: voi, disse, non è che volete vivere senza donne, visto che nessuno mangia o dorme solo:"ajll' ejxousivan kai; uJbrivzein kai; ajselgaivnein e[cein ejqevlete" (LVI, 4, 6-7), ma volete avere la facoltà della dismisura e dell'impudenza. Infine il Princeps senatus ammise che nel matrimonio e nella procreazione ci sono aspetti sgradevoli (ajniarav tina), ma, aggiunse, non mancano i vantaggi. Ci sono per giunta i premi promessi dalle leggi:"kai; ta; para; tw'n novmwn a\qla", 8, 4).
Sono le leges Iuliae che dovevano incentivare i matrimoni e costituire un deterrente agli adultèri.
Tutto questo non bastò a frenare la corsa già in atto verso i magna adulteria denunciati da Tacito all'inizio delle Historiae (I, 2), mentre nella precedente Germania aveva messo in rilievo la serietà dei costumi degli abitanti di questa regione.
 Il culmine della lode dei costumi germanici è nei capitoli 18 e 19: "severa illic matrimonia, nec ullam morum partem magis laudaveris".
Dei matrimoni lo storiografo loda tutto: anche l'uso che sia lo sposo a portare la dote, così l'uomo non vende la sua dignità alle ricchezze della moglie. "Dotem non uxor marito, sed uxori maritus offert ". L'intenzione moraleggiante, e polemica, diviene più esplicita quando menziona gli adultèri: "paucissima in tam numerosa gente adulteria ", quindi aggiunge: "nemo enim illic vitia ridet, nec corrumpere et corrumpi saeculum vocatur " (19) e conclude il capitolo associando all’adulterio l’aborto: " numerum liberorum finire aut quuemqua ex agnatis necare flagitium habetur, plusque ibi boni mores valent quam alibi bonae leges "[5].
Infatti:" corruptissima republica plurimae leges (Annales III, 27).
Queste non hanno la forza di cambiare il costume. Era diffuso, e prevalse, il mos del celibato: “ prevalida orbitate” (Annales 3, 25).

Ma torniamo a Bodei: “Il fenomeno della compresenza di più generazioni in un dato periodo riceve luce dal modello di Ungleichzeitigkeit (non contemporaneità) elaborato da Ernst Bloch[6] in riferimento agli squilibri temporali, vale a dire alla non appartenenza alle stesse condizioni e prospettive di quanti vivono sì nello stesso tempo cronologico, ma non nello stesso tempo storico-culturale. Per esempio, gli esponenti delle tribù delle Amazzoni o del Borneo, pur condividendo l’anno e il giorno dei cittadini di una qualsiasi metropoli europea, non condividono lo stesso tempo storico” (p. 53).

La discrepanza culturale tra contemporanei del resto può essere interpretata in maniere molto varie, almeno in letteratura, anche da personaggi diversi dello stesso autore: nelle Troiane[7] di Euripide Andromaca accusa i Greci di essere loro i veri barbari: “w\ bavrbar j ejxeurovnte~  [Ellhne~ kakav-tiv tonde pai`da kteivnet j oujde;n ai[tion; (764-765), o Greci inventori della barbarie, perché uccidete questo bambino che non è colpevole di niente?
Nella successiva Ifigenia in Aulide[8], la figlia di Agamennone dopo avere offerto la sua vita per la patria dice:"è naturale che gli Elleni comandino sui barbari, e non i barbari, madre, sui Greci: loro infatti sono schiavi, noi liberi"[9] (vv. 1400-1401).

“La continuità della specie è assicurata dalla costante sostituzione delle generazioni attraverso la nascita e la morte dei singoli” (Generazioni, p. 53)

Alla continuità della specie infatti è tributaria la vita e la morte di ciascun individuo
Vediamo Anassimandro definito da Nietzsche “il primo scrittore filosofico dell’antichità”, un filosofo che si esprime con “una scrittura lapidaria e grandiosamente stilizzata”[10].
Il frammento superstite dice che quanti nascono devono morire kata; to; crewvn, secondo il dovuto, siccome pagano reciprocamente il fio della loro ingiustizia (didovnai ga;r auJta; divkhn kai; tivsin ajllhvloi~ th`~ ajdikiva~) secondo l’ordine del tempo (kata; th;n tou' crovnou tavxin).
Sicché le generazioni si avvicendano come le foglie che cadono per lasciare il posto a quelle della bella stagione successiva.

“Ciascuna di esse rappresenta l’anello di una catena che si inserisce tra i morti del passato, i nuovi nati e i loro eventuali discendenti (dice l’Ecclesiaste, per rafforzare la tesi che non vi è nulla di nuovo sotto il sole: “Una generazione va, una generazione viene, ma la terra resta sempre la stessa”)[11]. Il legame diretto, fisico, tra le generazioni è dato, appunto, dai genitori, coloro che lasciano sui figli la prima e decisiva impronta” (Generazioni, p. 53)
Bodei mostra “alcuni esempi di vicinanza o distanza tra generazioni” (p. 54).
L’ideologia fascista, “legata al dannunzianesimo, al futurismo, all’arditismo” insisteva su “giovinezza, giovinezza, primavera di bellezza”, tuttavia il regime di Mussolini “per mantenere il proprio equilibrio politico nei confronti della monarchia, dei ceti moderati e, in parte, della Chiesa cattolica, specie dopo i patti Lateranensi, deve appoggiarsi anche alla tradizione, all’autorità e all’autoritarismo, concedendo così spazio alle vecchie generazioni” (p. 54).

Se è lecito fare un paragone con gli autori della tragedia greca che volevano piacere al pubblico senza togliere niente alla propria originalità, Eschilo utilizza il mito ma lo attualizza, Sofocle polemizza con la sofistica dell’uomo misura di tutte le cose[12] ma rappresenta grandi individualità che non rinunciano mai al proprio metro con il quale misurano ogni cosa, Euripide scrive le Troiane contro la guerra, eppure nei suoi drammi compaiono spesso versi che denunciano nefandezze da parte dei nemici spartani.

Torniamo a Generazioni dove Bodei presenta altri esempi
“In moti altri casi, invece, come all’epoca di Padri e figli di Turgenev, del 1862, la generazione dei giovani nichilisti[13] russi entra frontalmente in conflitto con quelle più anziane o, come è accaduto più recentemente, la generazione del Sessantotto traccia una netta ed esplicita linea di demarcazione tra se stessa e quelle precedenti[14]” (p. 54).

Il ’68 per me e per molti della mia generazione ha significato soprattutto l’emancipazione dai tabù e dai terrori inculcatici in famiglia, nelle parrocchie e nelle scuole. Altre conquiste poi si sono perdute ma questa è rimasta.

“Le rivolte generazionali-continua Bodei- (e quelle studentesche in particolare) costituiscono per la loro estensione un fenomeno recente. Ciò che caratterizza gli anni Sessanta del Novecento è, infatti, il carattere ubiquo della rivolta. Da Berkeley a Parigi, da Berlino a Tokyo, da Pisa a Milano, da Londra a Dublino si mobilita per contagio una generazione che non ha conosciuto né la depressione, né la seconda guerra mondiale, e che è stata motivata non soltanto dall’esempio dei movimenti nazionali di liberazione delle ex colonie europee, dalle vicende di Cuba o della guerra del Vietnam, ma anche dalla percezione del fallimento dei partiti e dei sindacati nell’affrontare le sfide della storia e le nuove generazioni dei popoli[15].” (p. 56).

Albert Camus inizia il suo libro L’homme révolté (del 1951) con queste parole“Che cos’è un uomo in rivolta? Un uomo che dice no”[16]
Nel ’68 noi giovani dicevamo di no all’ingiustizia, alla prepotenza, ai privilegi, al conformismo. Questo ha poi prodotto nuovi conformismi che hanno creato altri privilegi. Ne è rimasto fuori chi si è sottratto anche al conformismo dell’anticonformismo. Per incapacità o per volontà di diventare fino in fondo se stessi, a tutti i costi, come  Antigone[17], o come Leopardi che ora forse, grazie alla traduzione dello Zibaldone in inglese a al film di Martone uscirà di nuovo dalla dimenticanza cui l’avevano confinato molti suoi contemporanei e molti dei nostri in seguito al decadere dell’istruzione scolastica:
 “…obblio/Preme chi troppo all'età propria increbbe”. (La Ginestra, vv. 68- 69).

Torniamo a Bodei che passa in rassegna le classificazioni assegnate alle generazioni più recenti  “da sociologi e storici  talvolta pertinenti, talvolta arbitrarie” (Generazioni, p. 56).
 “Dopo la generazione eroica che ha attraversato le esperienze traumatiche delle due guerre mondiali (…) e, direttamente o indirettamente la violenza dei regimi totalitari, viene la generazione “pratica” di quelli nati attorno al 1945, che, come si diceva in Germania, al mestiere delle armi dei loro padri preferiscono la professione del dentista e, più in generale, vanno in cerca di lavori sicuri e redditizi” (p. 57).[18]

“In tempi più vicini a noi vi si aggiunge la generazione X, quella dei baby boomers e che è costituita da quanti sono nati tra il 1964 e il 1979 (per alcuni essa si prolunga però fino agli anni Novanta)” (p. 57)
Negli anni Sessanta l’espressione “generazione X” era usata “per descrivere la gioventù britannica dei punk, che (come dice il termine, indica chi è giù di tono o ciò che è marcio) designa quanti hanno rinunciato a ogni speranza di cambiare il mondo e sono segnati dal nichilismo, dal rifiuto dei valori precedenti e, soprattutto, dalla sensazione di rappresentare una generazione perduta”, (p. 57)

Si vede che il nichilismo, come il classicismo per fare un esempio quasi antitetico è una “forma ritmica” della storia culturale europea[19].

 “I suoi esponenti seguono meno i dettami della tradizione e rivendicano, ad esempio, l’omosessualità e i legami sentimentali non sanciti dal matrimonio. Si tratta, inoltre, della prima generazione ad aver conosciuto una pandemia globale come l’AIDS, con le sue infauste conseguenze, che si riflettono anche sulle generazioni successive con la nascita di orfani e bambini che hanno già contratto la malattia”. (p. 58)

Nel Satyricon troviamo quasi una anticipazione del gay pride in questi versi sotadei cantati da un cinaedus:"huc huc convenite nunc, spatalocinaedi,/pede tendite, cursum addite, convolate planta,/femore facili, clune agili et manu procaces,/molles, veteres, Deliaci manu recisi" (23, 2-3):"qua qua radunatevi qua languidi cinedi, stendete il piede, aggiungete la corsa, volate con la pianta, voi di coscia agile, di natica svelta, e sfrontati di mano, morbidi, consumati, castrati dalla mano del Celiaco.
 Giovenale  nella II satira si scaglia contro i tristes obscaeni (v. 9), gli accigliati sconci, presunti filosofi, i quali, de virtute locuti/clunem agitant (vv.20-21), dopo avere parlato della virtù, agitano le natiche.
 Interessante è il giudizio, pieno di antipatia, con il quale l'imperatore Adriano esiliò Giovenale secondo la Yourcenar:"ne avevo abbastanza di quel poeta ampolloso e corrucciato, non mi piaceva il suo grossolano disprezzo per l'Oriente e la Grecia, le sue affettate simpatie per la cosiddetta austerità dei nostri padri, e quel miscuglio di descrizioni particolareggiate del vizio e declamazioni inneggianti alla virtù che stuzzica i sensi del lettore e ne rassicura l'ipocrisia"[20].

“Dopo la generazione X si è parlato della generazione Y (o dei Millennials), ma giornalisti e sociologi si sono sbizzarriti nel coniare definizioni come Generation Golf (riferendosi a quella che ha vissuto gli anni Ottanta del secolo scorso con un certo benessere), Shampoo Generation (in cui i ruoli tra genitori e figli cambiano rispetto ai modelli del Sessantotto, con madri contestatrici e figli conformisti o “teenager globali” [21]) o, ancora, Fun Generation, Fear Generation, o Generation.
I tratti distintivi loro attribuibili consistono nell’aver sperimentato la nascita e l’influenza della televisione commerciale, in particolare dei reality shows, e lo sviluppo delle nuove tecnologie (da quelle legate alle scienze della vita e alla mappatura del DNA sino ai computer, dai cellulari ai social networks, acquistando in questo ultimo campo familiarità e competenze di cui, nella stessa misura, sono prive le precedenti generazioni)”. (p. 59)

Il cambiamento o addirittura il rovesciamento del ruolo tradizionale tra figli e genitori, mi fa venire in mente, estremizzando e drammatizzando, la confusione tra le generazioni dovuta all’incesto come la presentano Sofocle nell’Edipo re e Seneca nell’Oedipus.

Bodei quindi ricorda i condizionamenti derivati “dalla crisi economica, dal sempre più marcato prevalere della finanza sull’industria, dalla precarietà e vulnerabilità dell’esistenza e dalla disoccupazione di massa. In questi ultimi decenni il rapporto tra le generazioni si è quindi sostanzialmente modificato” (p. 59)
L’autore ne evidenzia cause ed effetti: “la forte diminuzione della natalità in Europa, Nord America e Australia attira in queste aree geografiche gli abitanti degli altri continenti dove la natalità è assai più elevata e la povertà maggiormente diffusa”.

Credo che la diminuzione della natalità sia dovuta in parte all’egoismo degli individui, in parte alla sfiducia nel futuro, in parte alla crescente difficoltà nello stabilire rapporti di affetto e di amore. Nel Sessantotto era cresciuta la fiducia dell’umanità in se stessa, come, secondo Benedetto Croce, avvenne nel 1848 quando “l’umanità visse uno di quei rari momenti nei quali la lieta fiducia di sé stessa e del suo avvenire tutta la riempie, e, ampliandosi nella purezza di questa gioia, essa si fa buona, e vede attorno a sé fratelli, e ama”[22]. In seguito stragi e guerre hanno mortificato tutto.

Concludo questa parte lasciando l’ultima parola a Remo Bodei: “Nelle zone relativamente più ricche del pianeta l’invecchiamento della popolazione e l’immigrazione hanno quindi incentivato un diverso rapporto tra le generazioni, specie tra gli occupati e i disoccupati e tra i pensionati e le persone in età lavorativa. Si è nel frattempo accentuata la distanza fra gli strati più bisognosi e quelli più agiati, cui si tenta di porre rimedio mediante politiche, spesso più suggerite che attuate, basate sull’aiuto ai maggiormente bisognosi (tecnicamente sull’introduzione del salario di cittadinanza, del salario minimo, del reddito minimo garantito o del reddito di partecipazione” (p. 60)

Questo libro verrà presentato a Bologna nella libreria Feltrinelli di piazza di Porta Ravegnana, alle 18 del 17 settembre
Ecco l’annuncio
Dialogo con Remo Bodei.
Intervengono Walter Tega e Francesca Emiliani
Presiede Gianni Ghiselli
Di R.Bodei: “Generazioni. Età della vita, età delle cose”.




[1] Burnett, Generation, cit. p. 26., per cui attraverso le generazioni il tempo diventa divisibile in fette (sliceable)
[2]o[sia panourghvsas j”, Antigone, v. 74.
[3]T. Mann, I Buddenbrook, p. 335.
[4] ll problema del calo demografico, adesso di nuovo attuale, era stato posto già nel II secolo a. C., per il mondo ellenico, da Ocello lucano e da Polibio il quale viceversa notava la virtù delle matrone romane. Nel libro XXXVI delle Storie viene ricordata la crisi demografica della Grecia, una carenza di bambini e un generale calo di popolazione ("ajpaidiva kai; sullhvbdhn ojliganqrwpiva", XXXVI 17, 5) che hanno rese deserte le città, senza guerre né epidemie. In questo caso non si tratta di interrogare o di supplicare gli dèi poiché la causa del male è evidente: gli uomini hanno cominciato ad abbandonarsi all'arroganza, all'avarizia, alla perdita di tempo, a non volersi sposare, o se si sposavano, a non allevare i figli, tranne uno o due per poterli lasciare nel lusso. Basta poco dunque perché le case restino deserte, e, come succede per uno sciame di api, così anche le città si indeboliscano. Il rimedio è evidente: cambiare l'oggetto dei nostri desideri o fare leggi che costringano a crescere i figli generati. Non occorrono veggenti né operatori di magie!
[5] L’aborto viene biasimato con particolare indignatio da Giovenale che attribuisce alle donne ricche il ricorso sistematico a questa pratica. Le donne povere si sottopongono ancora ai pericoli del parto: “sed iacet aurato vix ulla puerpera lecto./Tantum artes huius, tantum medicamina possunt,/quae steriles facit atque homines in ventre necandos/ conducit." (VI, 594-597), ma sui letti d'oro è difficile che giaccia una puerpera. Tanto possono le arti, tanto i filtri di colei che le rende sterili e si prende in appalto uomini da ammazzare nel ventre.
 Il marito di queste matrone che abortiscono del resto non ha da lagnarsene, poiché la gravidanza portata avanti lo avrebbe reso "padre" di un Etiope.
[6] E. Bloch, Erbschaft dieser Zeit (1935), ora in Gesamtausgabe, vol. 4, Suhrkamp, Frankfurt a. M. 1962, pp. 112, 108, 109 (per un inquadramento rinvio a Bodei, Multiversum. Tempo e storia un Ernst Bloch, Bibliopolis, Napoli, 1983, pp. 15-53)
[7] Del 415 a. C.
[8] Rappresentata postuma nel 405 a, C.
[9] Demostene nella III Olintiaca (del 348) vuole convincere gli Ateniesi a soccorrere la città della Calcidica contro Filippo di Macedonia e afferma che una volta il re di Macedonia obbediva agli Ateniesi ed era giusto che essendo quello un barbaro che obbedisse ai Greci (24)
[10] La filosofia nell’età tragica dei Greci, p. 49
[11] Ecclesiaste, 1, 4.
[12] Di questa idea attribuita a Protagora da varie fonti, riporto la formulazione del Cratilo (385e) di Platone: “ w{sper Prwtagovra" e[legen, levgwn pavntwn crhmavtwn mevtron ei\nai a[nqrwpon", come diceva Protagora che l'uomo è misura di tutte le cose. Per Sofocle invece, misura di tutte le cose è Dio.
 Tolstoj ribadisce tale fede insita in ogni religione nel suo romanzo più noto: “Per noi, con la misura del bene e del male dataci da Cristo, non esiste nulla di incommensurabile, e non c'è grandezza là dove non c'è semplicità, bene, verità", Guerra e pace, pag.1607.
Seneca trova la misura di Dio troppo grande per la maggior parte delle cose terrene: “sciam omnia angusta esse mensus deum " (Naturales quaestiones, I, 17), saprò che tutto è meschino dopo aver misurato dio
[13] “Il nichilista, quello strano martire che non ha fede, che va al patibolo senza entusiasmo, e muore per quello in cui non crede, è un prodotto puramente letterario. Esso fu inventato da Turgenev e completato da Dostoevskij" O. Wilde, La decadenza della menzogna (del 1889) trad. it. in Opere, Mondadori, Milano, 1982, p. 224. Ndr.
[14] Sulla folta letteratura relativa alla generazione del Sessantotto e le sue caratteristiche nel quadro della storia del Novecento, cfr. L. S. Feuer, The Conflict of Generations. The Character and Significance of Student Movement, HarperCollins, London 1969; 1968. A Student Generation in Revolt, a cura di R. Fraser et al., Pantheon Books, New York 1988; L. Sciolla, L. Ricolfi, Vent’anni dopo. Una generazione senza ricordi, il Mulino, Bologna 1989. A proposito del caso tedesco, su cui esiste una vasta documentazione, si vedano: G. Aly, Unser Kampf: 1968-ein irritierter Blick zurück, Fischer, Frankfurt a. M. 2008; P. Schneider, Rebellion und Wahn. Mein ’68. Eine autobiographische Erzählung, Kiepenheuter § Witsch, Köln 2008; R. Langhans, Ich bin, s. Die ersten 68 Jahre, Blumenbar Verlag, München 2008. 
[15] 1968. A Stude t Generation in Revolt cit. Più in generale, sulla modalità di trasmissione delle operazioni politiche cfr. H. Butterfield, The Discontinuità between the Generations in History. The Effect of Trasmission of Political Experience, Cambridge University Press, London 1972.
[16] Trad. it. Bompiani, Milano 1957.
[17] Ricordata da Camus come autrice di “una rivolta reazionaria” in quanto la ragazza si rivolta “in nome di una tradizione”. Camus segnala anche il Prometeo di Eschilo, prima di Satana, tra gli autori di una “rivolta metafisica”. Tuttavia aggiunge: “Non si può scordare che il “Prometeo apportatore del fuoco”, ultimo termine della trilogia eschilea, annunciava il regno del ribelle perdonato. I greci non esarcebano nulla. Nelle loro estreme audacie, restano fedeli a quella misura che avevano deificata” (L’uomo in rivolta, cit., p. 36)
L’aborto viene biasimato con particolare indignatio da Giovenale che attribuisce alle donne ricche il ricorso sistematico a questa pratica. Le poveracce si sottopongono ancora ai pericoli del parto: “sed iacet aurato vix ulla puerpera lecto./Tantum artes huius, tantum medicamina possunt,/quae steriles facit atque homines in ventre necandos/ conducit." (VI, 594-597), ma sui letti d'oro è difficile che giaccia una puerpera. Tanto possono le arti, tanto i filtri di colei che le rende sterili e si prende in appalto uomini da ammazzare nel ventre.
 Il marito di queste matrone che abortiscono del resto non hanno da lagnarsene, poiché la gravidanza portata avanti lo avrebbe reso "padre" di un Etiope.
L’aborto viene biasimato con particolare indignatio da Giovenale che attribuisce alle donne ricche il ricorso sistematico a questa pratica. Le poveracce si sottopongono ancora ai pericoli del parto: “sed iacet aurato vix ulla puerpera lecto./Tantum artes huius, tantum medicamina possunt,/quae steriles facit atque homines in ventre necandos/ conducit." (VI, 594-597), ma sui letti d'oro è difficile che giaccia una puerpera. Tanto possono le arti, tanto i filtri di colei che le rende sterili e si prende in appalto uomini da ammazzare nel ventre.
 Il marito di queste matrone che abortiscono del resto non hanno da lagnarsene, poiché la gravidanza portata avanti lo avrebbe reso "padre" di un Etiope.
[18] Di questa generazione veramente fanno parte molti dei ragazzi del ’68, e il loro, il nostro movimento (chi scrive è del ’44) non è partito con il miraggio dell’arricchimento o della carriera, almeno non erano questi gli obiettivi dichiarati, anche se forse non pochi già allora ci miravano e alcuni li hanno pure raggiunti.
[19] “Ernst Howald (Die Kultur der Antike, 1948) ha potuto indicare la rinascita del "classico" come ‘la forma ritmica’ della storia culturale europea" S. Settis, Futuro del 'classico', p. 84.
[20] Memorie di Adriano, p. 217.
[21] Si veda il romanzo di D. Coupland, Shampoo Planet, Pocket Books, New York 1992, trad. It. Generazioni Shampoo, Corbaccio, Milano 1994. Coupland è autore di un precedente romanzo, Generation X. Tales for an Acceleretad Culture, St. Martin Press, New York 1991. Negli Stati Uniti i Millenials (ossia i nati tra il 1980 e il 2000) soffrirebbero di disturbi narcisistici della personalità tre volte di più di quelli che hanno sessantacinque anni, ma avrebbero molte qualità positive (cfr. J. Stein, The New Greatest Generation. Why Millenials Will Save, in “Time”, 20 maggio 2013, pp. 30-35.
[22] B. Croce, Storia d’Europa nel secolo decimonono, p. 149. Croce si riferisce al 1848.

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