Nona parte della presentazione del libro di Remo Bodei
Generazioni. Età della
vita, età delle cose. Editori Laterza, Roma-Bari 2014
Vediamo il terzo capitolo della seconda parte di Generazioni (pp. 51-60).
Bodei ricorda e cita la similitudine omerica, poi oraziana, tra la vita stagionale delle foglie e quella
poco meno effimera degli uomini (Iliade,
VI, vv. 146-149 e XXI, vv. 462-466; Orazio, Ars
poetica, vv. 60-62)
“In quanto tramiti tra il passato e il futuro, vite
provvisoriamente inglobate in specifiche “fette di tempo (slices of time[1]),
i singoli trascorrono la loro vita come automi miopi, senza essere in grado di
rendersi completamente conto del mondo in cui sono caduti” (p. 52).
Ci sono persone della vita e personaggi della letteratura che non possono
nemmeno considerarsi tramiti per la vita successiva, in quanto non si
riproducono.
L’Antigone di Sofocle raggiunge i morti non senza rimpianti.
Quando, per ordine di Creonte, viene portata nella caverna
dove si ucciderà, rivolge queste parole al cadavere del fratello Polinice cui
ha reso gli onori funebri con una “trasgressione santa”[2]
del decreto del tiranno: “ Io ti ho reso onore giustamente secondo chi ha
senno./Mai infatti se avessi avuto natura di madre di figli/né se fosse andato
in putrefazione il mio sposo morto,/mi sarei caricata di questa penosa fatica
contro la volontà dei cittadini/ In forza di quale principio dico questo?/ Lo
sposo, morto uno, ce ne sarebbe stato un altro per me,/e un figlio, da un altro
uomo, se avessi perduto questo,/ma siccome il padre e la madre sono racchiusi
nell'Ade,/non c'è fratello che possa sbocciare mai più./Secondo tale norma
certo, io ho onorato sopra tutti te,/e a Creonte sembrai errare in questo/e
osare spaventosi delitti, o capo fraterno./ Ed ora mi trascina dopo avermi
afferrata con le mani/priva di talamo, di imeneo, senza che abbia
ricevuto/destino di nozze di qualsiasi sorta, né di allattamento di figli,/ma
così deserta di amici io la sventurata/scendo viva nelle fosse dei morti/Per
avere trasgredito quale legge degli dei? " (Antigone, vv. 904-921).
La figlia di Laio si sente l'ultima (loisqiva, Antigone,
v. 895) dei Labdacidi.
Similmente il quindicenne Hanno Buddenbrook di T. Mann pose
una riga sotto il suo nome nell'albero genealogico della famiglia, e quando il
padre, il senatore Thomas, lo sgridò chiedendogli la ragione di tale
monelleria, "il ragazzo, ritraendosi e portando una mano alla guancia,
balbettò: "Credevo... credevo... non dovesse seguire altro"[3].
Vero è che il personaggio di Antigone, e
non solo quello di Sofocle, o la persona di Giacomo Leopardi, hanno lasciato
nella cultura e nella vita di molti un segno ben più profondo di tanti
viventi passati sulla terra solo come le foglie appunto, o, peggio, al pari
di creature "quae natura prona
atque ventri oboedientia finxit", che la natura foggiò chini a terra
e schiavi del ventre, come scrive Sallustio all'inizio della monografia sulla
congiura di Catilina.
“Per sopravvivere ogni cultura deve perciò
trasmettere attraverso le generazioni lingue, idee, emozioni e valori entro i
cui parametri ogni nuovo nato è tenuto a situarsi e orientarsi” (Generazioni, p. 52).
In effetti una cultura decade, a volte
sparisce quando le persone colte smettono di riprodursi con una specie di
suicidio della stirpe che si annienta con una civiltà diventata a loro
giudizio obsoleta e non più capace di dare speranze e ragioni di vita. Cassio
Dione racconta che Augusto nel 9 d. C. parlò agli sposati e ai celibi. Elogiò
i primi, meno numerosi, dicendo che erano cittadini benemeriti e fortunati:
infatti ottima cosa è una donna temperante, casalinga, buona amministratrice
e nutrice dei figli ("a[riston gunh;
swvfrwn oijkouro;" oijkovnomo" paidotrovfo" "(LVI,
3, 3) ed è una grande felicità lasciare il proprio patrimonio ai propri
figli; inoltre anche la comunità riceve vantaggi dal grande numero (poluplhqiva, LVI, 3, 7) di lavoratori e
di soldati.
Quindi l’imperatore parlò con parole di
biasimo ai non sposati che erano molto più numerosi. Voi, disse in sostanza,
siete gli assassini delle vostre stirpi e del vostro Stato. Voi tradite la
patria rendendo deserte le case e la radete al suolo dalle fondamenta:"a[nqrwpoi gavr pou povli" ejstivn, ajll' oujk oijkivai oujde; stoai; oujd j ajgorai;
ajndrw'n kenaiv" (LVI, 4, 1), gli uomini infatti in qualche
misura costituiscono la città, non le case né i portici né le piazze vuote di
uomini[4].
Poi Augusto accusò i celibi paragonandoli
ai briganti e alle fiere selvatiche: voi, disse, non è che volete vivere senza
donne, visto che nessuno mangia o dorme solo:"ajll' ejxousivan kai;
uJbrivzein kai; ajselgaivnein e[cein ejqevlete" (LVI, 4, 6-7), ma
volete avere la facoltà della dismisura e dell'impudenza. Infine il Princeps
senatus ammise che nel matrimonio e nella procreazione ci sono aspetti
sgradevoli (ajniarav tina), ma,
aggiunse, non mancano i vantaggi. Ci sono per giunta i premi promessi dalle
leggi:"kai; ta; para; tw'n novmwn a\qla", 8, 4).
Sono le leges
Iuliae che dovevano incentivare i matrimoni e costituire un deterrente
agli adultèri.
Tutto questo non bastò a frenare la corsa
già in atto verso i magna adulteria denunciati da Tacito all'inizio
delle Historiae (I, 2), mentre nella precedente Germania aveva messo in rilievo la serietà dei costumi degli abitanti
di questa regione.
Il
culmine della lode dei costumi germanici è nei capitoli 18 e 19: "severa
illic matrimonia, nec ullam morum partem magis laudaveris".
Dei matrimoni lo storiografo loda tutto:
anche l'uso che sia lo sposo a portare la dote, così l'uomo non vende la sua
dignità alle ricchezze della moglie. "Dotem non uxor marito, sed uxori
maritus offert ". L'intenzione moraleggiante, e polemica, diviene più
esplicita quando menziona gli adultèri: "paucissima in tam numerosa
gente adulteria ", quindi aggiunge: "nemo enim illic vitia ridet,
nec corrumpere et corrumpi saeculum vocatur " (19) e conclude il
capitolo associando all’adulterio l’aborto: " numerum liberorum finire
aut quuemqua ex agnatis necare flagitium habetur, plusque ibi boni mores valent
quam alibi bonae leges "[5].
Infatti:" corruptissima republica
plurimae leges (Annales III,
27).
Queste non hanno la forza di cambiare il
costume. Era diffuso, e prevalse, il mos
del celibato: “ prevalida orbitate”
(Annales 3, 25).
Ma torniamo a Bodei: “Il fenomeno della
compresenza di più generazioni in un dato periodo riceve luce dal modello di Ungleichzeitigkeit (non
contemporaneità) elaborato da Ernst Bloch[6]
in riferimento agli squilibri temporali, vale a dire alla non appartenenza
alle stesse condizioni e prospettive di quanti vivono sì nello stesso tempo
cronologico, ma non nello stesso tempo storico-culturale. Per esempio, gli
esponenti delle tribù delle Amazzoni o del Borneo, pur condividendo l’anno e
il giorno dei cittadini di una qualsiasi metropoli europea, non condividono
lo stesso tempo storico” (p. 53).
La discrepanza culturale tra contemporanei
del resto può essere interpretata in maniere molto varie, almeno in
letteratura, anche da personaggi diversi dello stesso autore: nelle Troiane[7] di
Euripide Andromaca accusa i Greci di essere loro i veri barbari: “w\ bavrbar j ejxeurovnte~ [Ellhne~ kakav-tiv tonde pai`da kteivnet j
oujde;n ai[tion; (764-765), o Greci inventori della barbarie, perché
uccidete questo bambino che non è colpevole di niente?
Nella successiva Ifigenia in Aulide[8],
la figlia di Agamennone dopo avere offerto la sua vita per la patria dice:"è
naturale che gli Elleni comandino sui barbari, e non i barbari, madre, sui
Greci: loro infatti sono schiavi, noi liberi"[9]
(vv. 1400-1401).
“La continuità della specie è assicurata
dalla costante sostituzione delle generazioni attraverso la nascita e la
morte dei singoli” (Generazioni, p.
53)
Alla continuità della specie infatti è
tributaria la vita e la morte di ciascun individuo
Vediamo Anassimandro definito da Nietzsche “il
primo scrittore filosofico dell’antichità”, un filosofo che si esprime con
“una scrittura lapidaria e grandiosamente stilizzata”[10].
Il frammento superstite dice che quanti
nascono devono morire kata; to; crewvn,
secondo il dovuto, siccome pagano reciprocamente il fio della loro
ingiustizia (didovnai ga;r auJta; divkhn
kai; tivsin ajllhvloi~ th`~ ajdikiva~) secondo l’ordine del tempo (kata; th;n tou' crovnou tavxin).
Sicché le generazioni si avvicendano come
le foglie che cadono per lasciare il posto a quelle della bella stagione
successiva.
“Ciascuna di esse rappresenta l’anello di
una catena che si inserisce tra i morti del passato, i nuovi nati e i loro
eventuali discendenti (dice l’Ecclesiaste,
per rafforzare la tesi che non vi è nulla di nuovo sotto il sole: “Una
generazione va, una generazione viene, ma la terra resta sempre la stessa”)[11].
Il legame diretto, fisico, tra le generazioni è dato, appunto, dai genitori,
coloro che lasciano sui figli la prima e decisiva impronta” (Generazioni, p. 53)
Bodei mostra “alcuni esempi di vicinanza o
distanza tra generazioni” (p. 54).
L’ideologia fascista, “legata al
dannunzianesimo, al futurismo, all’arditismo” insisteva su “giovinezza,
giovinezza, primavera di bellezza”, tuttavia il regime di Mussolini “per
mantenere il proprio equilibrio politico nei confronti della monarchia, dei
ceti moderati e, in parte, della Chiesa cattolica, specie dopo i patti Lateranensi,
deve appoggiarsi anche alla tradizione, all’autorità e all’autoritarismo,
concedendo così spazio alle vecchie generazioni” (p. 54).
Se è lecito fare un paragone con gli autori
della tragedia greca che volevano piacere al pubblico senza togliere niente alla
propria originalità, Eschilo utilizza il mito ma lo attualizza, Sofocle
polemizza con la sofistica dell’uomo misura di tutte le cose[12]
ma rappresenta grandi individualità che non rinunciano mai al proprio metro
con il quale misurano ogni cosa, Euripide scrive le Troiane contro la guerra, eppure nei suoi drammi compaiono spesso
versi che denunciano nefandezze da parte dei nemici spartani.
Torniamo a Generazioni dove Bodei presenta altri esempi
“In moti altri casi, invece, come all’epoca
di Padri e figli di Turgenev, del
1862, la generazione dei giovani nichilisti[13]
russi entra frontalmente in conflitto con quelle più anziane o, come è
accaduto più recentemente, la generazione del Sessantotto traccia una netta
ed esplicita linea di demarcazione tra se stessa e quelle precedenti[14]”
(p. 54).
Il ’68 per me e per molti della mia
generazione ha significato soprattutto l’emancipazione dai tabù e dai terrori
inculcatici in famiglia, nelle parrocchie e nelle scuole. Altre conquiste poi
si sono perdute ma questa è rimasta.
“Le rivolte generazionali-continua Bodei-
(e quelle studentesche in particolare) costituiscono per la loro estensione
un fenomeno recente. Ciò che caratterizza gli anni Sessanta del Novecento è,
infatti, il carattere ubiquo della rivolta. Da Berkeley a Parigi, da Berlino
a Tokyo, da Pisa a Milano, da Londra a Dublino si mobilita per contagio una
generazione che non ha conosciuto né la depressione, né la seconda guerra
mondiale, e che è stata motivata non soltanto dall’esempio dei movimenti
nazionali di liberazione delle ex colonie europee, dalle vicende di Cuba o
della guerra del Vietnam, ma anche dalla percezione del fallimento dei
partiti e dei sindacati nell’affrontare le sfide della storia e le nuove
generazioni dei popoli[15].”
(p. 56).
Albert
Camus inizia il suo libro L’homme
révolté (del 1951) con queste parole“Che cos’è un uomo in rivolta? Un
uomo che dice no”[16]
Nel
’68 noi giovani dicevamo di no all’ingiustizia, alla prepotenza, ai
privilegi, al conformismo. Questo ha poi prodotto nuovi conformismi che hanno
creato altri privilegi. Ne è rimasto fuori chi si è sottratto anche al
conformismo dell’anticonformismo. Per incapacità o per volontà di diventare
fino in fondo se stessi, a tutti i costi, come Antigone[17],
o come Leopardi che ora forse, grazie alla traduzione dello Zibaldone in inglese a al film di
Martone uscirà di nuovo dalla dimenticanza cui l’avevano confinato molti suoi
contemporanei e molti dei nostri in seguito al decadere dell’istruzione
scolastica:
“…obblio/Preme chi troppo all'età
propria increbbe”. (La Ginestra,
vv. 68- 69).
Torniamo
a Bodei che passa in rassegna le classificazioni assegnate alle generazioni
più recenti “da sociologi e storici talvolta pertinenti, talvolta arbitrarie” (Generazioni, p. 56).
“Dopo la generazione eroica che ha
attraversato le esperienze traumatiche delle due guerre mondiali (…) e, direttamente
o indirettamente la violenza dei regimi totalitari, viene la generazione
“pratica” di quelli nati attorno al 1945, che, come si diceva in Germania, al
mestiere delle armi dei loro padri preferiscono la professione del dentista
e, più in generale, vanno in cerca di lavori sicuri e redditizi” (p. 57).[18]
“In
tempi più vicini a noi vi si aggiunge la generazione X, quella dei baby boomers e che è costituita da
quanti sono nati tra il 1964 e il 1979 (per alcuni essa si prolunga però fino
agli anni Novanta)” (p. 57)
Negli
anni Sessanta l’espressione “generazione X” era usata “per descrivere la
gioventù britannica dei punk, che
(come dice il termine, indica chi è giù di tono o ciò che è marcio) designa
quanti hanno rinunciato a ogni speranza di cambiare il mondo e sono segnati
dal nichilismo, dal rifiuto dei valori precedenti e, soprattutto, dalla
sensazione di rappresentare una generazione perduta”, (p. 57)
Si vede che il nichilismo, come il
classicismo per fare un esempio quasi antitetico è una “forma ritmica” della
storia culturale europea[19].
“I
suoi esponenti seguono meno i dettami della tradizione e rivendicano, ad
esempio, l’omosessualità e i legami sentimentali non sanciti dal matrimonio.
Si tratta, inoltre, della prima generazione ad aver conosciuto una pandemia
globale come l’AIDS, con le sue infauste conseguenze, che si riflettono anche
sulle generazioni successive con la nascita di orfani e bambini che hanno già
contratto la malattia”. (p. 58)
Nel Satyricon
troviamo quasi una anticipazione del gay pride in questi versi sotadei cantati da un cinaedus:"huc
huc convenite nunc, spatalocinaedi,/pede tendite, cursum addite, convolate
planta,/femore facili, clune agili et manu procaces,/molles, veteres, Deliaci
manu recisi" (23, 2-3):"qua qua radunatevi qua languidi
cinedi, stendete il piede, aggiungete la corsa, volate con la pianta, voi di
coscia agile, di natica svelta, e sfrontati di mano, morbidi, consumati,
castrati dalla mano del Celiaco.
Giovenale nella II satira si scaglia contro i tristes
obscaeni (v. 9), gli accigliati sconci, presunti filosofi, i quali, de
virtute locuti/clunem agitant (vv.20-21), dopo avere parlato della virtù,
agitano le natiche.
Interessante è il giudizio, pieno di antipatia,
con il quale l'imperatore Adriano esiliò Giovenale secondo la Yourcenar:"ne avevo abbastanza
di quel poeta ampolloso e corrucciato, non mi piaceva il suo grossolano
disprezzo per l'Oriente e la Grecia, le sue affettate simpatie per la
cosiddetta austerità dei nostri padri, e quel miscuglio di descrizioni
particolareggiate del vizio e declamazioni inneggianti alla virtù che
stuzzica i sensi del lettore e ne rassicura l'ipocrisia"[20].
“Dopo la generazione X si è parlato della
generazione Y (o dei Millennials),
ma giornalisti e sociologi si sono sbizzarriti nel coniare definizioni come Generation Golf (riferendosi a quella
che ha vissuto gli anni Ottanta del secolo scorso con un certo benessere), Shampoo Generation (in cui i ruoli tra genitori e figli cambiano rispetto
ai modelli del Sessantotto, con madri contestatrici e figli conformisti o
“teenager globali” [21])
o, ancora, Fun Generation, Fear Generation, o Generation.
I tratti distintivi loro attribuibili
consistono nell’aver sperimentato la nascita e l’influenza della televisione
commerciale, in particolare dei reality
shows, e lo sviluppo delle nuove tecnologie (da quelle legate alle
scienze della vita e alla mappatura del DNA sino ai computer, dai cellulari
ai social networks, acquistando in
questo ultimo campo familiarità e competenze di cui, nella stessa misura,
sono prive le precedenti generazioni)”. (p. 59)
Il cambiamento o addirittura il
rovesciamento del ruolo tradizionale tra figli e genitori, mi fa venire in
mente, estremizzando e drammatizzando, la confusione tra le generazioni
dovuta all’incesto come la presentano Sofocle nell’Edipo re e Seneca nell’Oedipus.
Bodei quindi ricorda i condizionamenti
derivati “dalla crisi economica, dal sempre più marcato prevalere della
finanza sull’industria, dalla precarietà e vulnerabilità dell’esistenza e
dalla disoccupazione di massa. In questi ultimi decenni il rapporto tra le
generazioni si è quindi sostanzialmente modificato” (p. 59)
L’autore ne evidenzia cause ed effetti: “la
forte diminuzione della natalità in Europa, Nord America e Australia attira
in queste aree geografiche gli abitanti degli altri continenti dove la
natalità è assai più elevata e la povertà maggiormente diffusa”.
Credo che la diminuzione della natalità sia
dovuta in parte all’egoismo degli individui, in parte alla sfiducia nel
futuro, in parte alla crescente difficoltà nello stabilire rapporti di
affetto e di amore. Nel Sessantotto era cresciuta la fiducia dell’umanità in
se stessa, come, secondo Benedetto Croce, avvenne nel 1848 quando “l’umanità
visse uno di quei rari momenti nei quali la lieta fiducia di sé stessa e del
suo avvenire tutta la riempie, e, ampliandosi nella purezza di questa gioia,
essa si fa buona, e vede attorno a sé fratelli, e ama”[22].
In seguito stragi e guerre hanno mortificato tutto.
Concludo questa parte lasciando l’ultima
parola a Remo Bodei: “Nelle zone relativamente più ricche del pianeta
l’invecchiamento della popolazione e l’immigrazione hanno quindi incentivato
un diverso rapporto tra le generazioni, specie tra gli occupati e i
disoccupati e tra i pensionati e le persone in età lavorativa. Si è nel
frattempo accentuata la distanza fra gli strati più bisognosi e quelli più
agiati, cui si tenta di porre rimedio mediante politiche, spesso più suggerite
che attuate, basate sull’aiuto ai maggiormente bisognosi (tecnicamente
sull’introduzione del salario di cittadinanza, del salario minimo, del
reddito minimo garantito o del reddito di partecipazione” (p. 60)
Questo
libro verrà presentato a Bologna nella libreria Feltrinelli di piazza di
Porta Ravegnana, alle 18 del 17 settembre
Ecco
l’annuncio
Dialogo
con Remo Bodei.
Intervengono
Walter Tega e Francesca Emiliani
Presiede
Gianni Ghiselli
Di
R.Bodei: “Generazioni. Età della vita,
età delle cose”.
|
[1] Burnett, Generation,
cit. p. 26., per cui attraverso le generazioni il tempo diventa divisibile in
fette (sliceable)
[3]T. Mann, I Buddenbrook, p. 335.
[4] ll problema
del calo demografico, adesso di nuovo attuale, era stato posto già nel
II secolo a. C., per il mondo ellenico, da Ocello lucano e da Polibio il quale
viceversa notava la virtù delle matrone romane. Nel libro XXXVI delle Storie viene ricordata la crisi
demografica della Grecia, una carenza di bambini e un generale calo di
popolazione ("ajpaidiva
kai; sullhvbdhn ojliganqrwpiva",
XXXVI 17, 5) che hanno rese deserte le città, senza guerre né epidemie. In
questo caso non si tratta di interrogare o di supplicare gli dèi poiché la
causa del male è evidente: gli uomini hanno cominciato ad abbandonarsi all'arroganza, all'avarizia, alla perdita di
tempo, a non volersi sposare, o se si sposavano, a non allevare i figli,
tranne uno o due per poterli lasciare nel lusso. Basta poco dunque perché le
case restino deserte, e, come succede per uno sciame di api, così anche le
città si indeboliscano. Il rimedio è evidente: cambiare l'oggetto dei nostri
desideri o fare leggi che costringano a crescere i figli generati. Non
occorrono veggenti né operatori di magie!
[5] L’aborto viene biasimato con particolare indignatio
da Giovenale che attribuisce
alle donne ricche il ricorso sistematico a questa pratica. Le donne povere si
sottopongono ancora ai pericoli del parto: “sed iacet aurato vix ulla puerpera lecto./Tantum artes huius, tantum
medicamina possunt,/quae steriles facit atque homines in ventre necandos/
conducit." (VI, 594-597), ma sui letti d'oro è difficile che
giaccia una puerpera. Tanto possono le arti, tanto i filtri di colei che le
rende sterili e si prende in appalto uomini da ammazzare nel ventre.
Il marito di queste matrone che abortiscono
del resto non ha da lagnarsene, poiché la gravidanza portata avanti lo avrebbe
reso "padre" di un Etiope.
[6] E. Bloch, Erbschaft
dieser Zeit (1935), ora in Gesamtausgabe,
vol. 4, Suhrkamp, Frankfurt a. M. 1962, pp. 112, 108, 109 (per un inquadramento
rinvio a Bodei, Multiversum. Tempo e
storia un Ernst Bloch, Bibliopolis, Napoli, 1983, pp. 15-53)
[7] Del 415 a. C.
[8] Rappresentata postuma nel 405 a, C.
[9] Demostene nella III
Olintiaca (del 348) vuole convincere gli Ateniesi a soccorrere la città
della Calcidica contro Filippo di Macedonia e afferma che una volta il re di
Macedonia obbediva agli Ateniesi ed era giusto che essendo quello un barbaro
che obbedisse ai Greci (24)
[10] La filosofia
nell’età tragica dei Greci, p. 49
[11] Ecclesiaste,
1, 4.
[12] Di questa idea attribuita a Protagora da varie fonti,
riporto la formulazione del Cratilo (385e)
di Platone: “
w{sper Prwtagovra" e[legen, levgwn “pavntwn crhmavtwn mevtron” ei\nai a[nqrwpon", come
diceva Protagora che l'uomo è misura di tutte le cose. Per Sofocle invece,
misura di tutte le cose è Dio.
Tolstoj ribadisce tale fede insita in ogni
religione nel suo romanzo più noto: “Per noi, con la misura del bene e del male
dataci da Cristo, non esiste nulla di incommensurabile, e non c'è grandezza là
dove non c'è semplicità, bene, verità", Guerra e pace, pag.1607.
Seneca trova la misura di Dio
troppo grande per la maggior parte delle cose terrene: “sciam omnia angusta esse mensus deum " (Naturales quaestiones, I, 17), saprò che tutto è meschino dopo aver
misurato dio
[13] “Il nichilista, quello strano martire che non ha
fede, che va al patibolo senza entusiasmo, e muore per quello in cui non crede,
è un prodotto puramente letterario. Esso fu inventato da Turgenev e completato
da Dostoevskij" O. Wilde, La
decadenza della menzogna (del 1889) trad. it. in Opere, Mondadori, Milano, 1982, p. 224. Ndr.
[14] Sulla folta letteratura relativa alla generazione del
Sessantotto e le sue caratteristiche nel quadro della storia del Novecento,
cfr. L. S. Feuer, The Conflict of
Generations. The Character and Significance
of Student Movement, HarperCollins, London 1969; 1968. A Student
Generation in Revolt, a cura di R.
Fraser et al., Pantheon Books, New
York 1988; L. Sciolla, L. Ricolfi, Vent’anni
dopo. Una generazione senza ricordi, il Mulino, Bologna 1989. A proposito
del caso tedesco, su cui esiste una vasta documentazione, si vedano: G. Aly, Unser Kampf: 1968-ein irritierter Blick zurück, Fischer,
Frankfurt a. M. 2008; P. Schneider, Rebellion
und Wahn. Mein ’68. Eine
autobiographische Erzählung, Kiepenheuter §
Witsch, Köln 2008; R. Langhans, Ich bin, s. Die ersten 68 Jahre, Blumenbar Verlag, München 2008.
[15] 1968. A Stude t Generation
in Revolt cit. Più in generale, sulla
modalità di trasmissione delle operazioni politiche cfr. H. Butterfield, The
Discontinuità between the Generations in History. The Effect of Trasmission of
Political Experience, Cambridge University Press, London 1972.
[16] Trad. it. Bompiani, Milano 1957.
[17] Ricordata da Camus come autrice di “una rivolta
reazionaria” in quanto la ragazza si rivolta “in nome di una tradizione”. Camus
segnala anche il Prometeo di Eschilo, prima di Satana, tra gli autori di una “rivolta
metafisica”. Tuttavia aggiunge: “Non si può scordare che il “Prometeo
apportatore del fuoco”, ultimo termine della trilogia eschilea, annunciava il
regno del ribelle perdonato. I greci non esarcebano nulla. Nelle loro estreme
audacie, restano fedeli a quella misura che avevano deificata” (L’uomo in rivolta, cit., p. 36)
L’aborto viene
biasimato con particolare indignatio da Giovenale che attribuisce alle donne ricche il ricorso sistematico
a questa pratica. Le poveracce si sottopongono ancora ai pericoli del parto: “sed iacet aurato vix ulla puerpera
lecto./Tantum artes huius, tantum medicamina possunt,/quae steriles facit atque
homines in ventre necandos/ conducit." (VI, 594-597), ma sui letti
d'oro è difficile che giaccia una puerpera. Tanto possono le arti, tanto i
filtri di colei che le rende sterili e si prende in appalto uomini da ammazzare
nel ventre.
Il marito di queste matrone che abortiscono
del resto non hanno da lagnarsene, poiché la gravidanza portata avanti lo
avrebbe reso "padre" di un Etiope.
L’aborto viene
biasimato con particolare indignatio da Giovenale che attribuisce alle donne ricche il ricorso sistematico
a questa pratica. Le poveracce si sottopongono ancora ai pericoli del parto: “sed iacet aurato vix ulla puerpera lecto./Tantum
artes huius, tantum medicamina possunt,/quae steriles facit atque homines in
ventre necandos/ conducit." (VI, 594-597), ma sui letti d'oro è
difficile che giaccia una puerpera. Tanto possono le arti, tanto i filtri di
colei che le rende sterili e si prende in appalto uomini da ammazzare nel
ventre.
Il marito di queste matrone che abortiscono
del resto non hanno da lagnarsene, poiché la gravidanza portata avanti lo
avrebbe reso "padre" di un Etiope.
[18] Di questa generazione veramente fanno parte molti dei
ragazzi del ’68, e il loro, il nostro movimento (chi scrive è del ’44) non è
partito con il miraggio dell’arricchimento o della carriera, almeno non erano
questi gli obiettivi dichiarati, anche se forse non pochi già allora ci
miravano e alcuni li hanno pure raggiunti.
[19] “Ernst Howald (Die Kultur der Antike, 1948) ha
potuto indicare la rinascita del "classico" come ‘la forma ritmica’
della storia culturale europea" S. Settis, Futuro del 'classico',
p. 84.
[20] Memorie di Adriano, p. 217.
[21] Si veda il romanzo
di D. Coupland, Shampoo Planet,
Pocket Books, New York 1992, trad. It. Generazioni
Shampoo, Corbaccio, Milano 1994. Coupland è autore di un precedente
romanzo, Generation X. Tales for an
Acceleretad Culture, St. Martin Press, New York 1991. Negli Stati Uniti i Millenials (ossia i nati tra il
1980 e il 2000) soffrirebbero di disturbi narcisistici della personalità tre
volte di più di quelli che hanno sessantacinque anni, ma avrebbero molte
qualità positive (cfr. J. Stein, The New
Greatest Generation. Why Millenials Will Save, in “Time”, 20 maggio 2013,
pp. 30-35.
[22] B. Croce, Storia
d’Europa nel secolo decimonono, p. 149. Croce si riferisce al 1848.
Libro e recensione molto interessanti
RispondiEliminaalessandro