La civetta e la talpa
Sistema ed epoca in Hegel
Il Mulino, Bologna 2014
“Hegel sottolinea il peso specifico della
filosofia nel provocare il crollo di un assetto politico e nell’aprire una
situazione rivoluzionaria…Ogni filosofia, compresa la sua, è anzi secondo Hegel
rivoluzionaria, nel senso che, con la potenza del concetto, sottrae forza
all’esistente, e presenta, in alternativa, un “mondo nuovo” razionale che
accelera la distruzione del vecchio. Nell’attacco degli illuministi francesi (…)
al cumulo di ingiustizie dell’ancien régime, Hegel vede un compito
essenziale di filosofia, che è conciliazione di razionalità e di effettualità,
non riconoscimento passivo dello stato di cose sussistente” (p. 29)
Viene in mente l’ictus che, secondo
Lucrezio, i primordia vaganti danno ai corpi indeboliti provocando la
dispersione degli atomi prima e causando la fine dell’aggregazione, ossia la
morte.
Quello che uccide l’essere animato è un colpo
più grande di quanto la sua natura possa sopportare animantem grandior ictus-
quam patitur natura repente adfligit (De rerum natura, II, 944) e
confonde tutti i sensi dell’anima. La materia scossa scioglie i nodi vitali.
Un compito del genere nei confronti di stati e
pensieri vieti può forse essere svolto solo dalla filosofia tra le espressioni
intellettuali dell’uomo. La poesia, viceversa è spesso rivolta nostalgicamente
all’indietro, sebbene non manchino poeti anticipatori e prefiguratori come
Euripide.
La storiografia vuole presentare la realtà
effettuale, celebrandola, giustificandola o criticandola e condannandola,
moralisticamente o anche moralmente, in nome dell’idea.
Quella antica è per giunta opus oratorium
maxime e talora si avvicina all’oratoria appunto usandone gli strumenti
retorici. La forza del concetto insomma è meno evidente quando l’autore di versi
o di prosa punta sulla forza della parola.
Auerbach sostiene che gli antichi
"non vedono forze, bensì vizi e virtù, successi ed errori; la loro impostazione
del problema non è evoluzionistica né nei riguardi dello spirito né in quelli
della materia; è invece moralistica"[1].
Credo che Tucidide possa essere
indicato come storiografo cui poco pertiene questa definizione: egli indaga i
rapporti di potenza quali fattori che determinano i fatti della storia.
Tacito a sua volta cerca di
svelare gli arcana imperii con una densità e potenza stilistica che
colpisce il lettore fino alla sfera emotiva, e se l’oratoria è quella ridondante
praticata da Cicerone, lo stile di questo storiografo può essere definito
antiretorico.
Ma torniamo a Hegel
“Ciò che è degno di ammirazione negli scritti
filosofici francesi (…) è la stupefacente forza ed energia che spiega il
concetto contro l’esistenza, contro la fede, contro la potenza millenaria
dell’autorità (…) L’ateismo, il materialismo e il naturalismo dei Francesi hanno
infranto tutti i pregiudizi, hanno riportato vittoria su tutti i presupposti
aconcettuali e su tutti i valori della religione positiva, su tutto quello che
si accompagna con le abitudini, con i costumi, con le opinioni, con le
deformazioni giuridiche e morali, con le istituzioni civili”[2].
“Quando “l’oppressione spinse all’indagine”[3],
lo slancio del pensiero fu tale da trasformare l’esistente in una “vuota
parvenza di oggettività”[4].
Dunque i Francesi “hanno portato a termine la
produzione del nuovo ordinamento etico del mondo contro la potente lega dei
sostenitori del vecchio…Proprio in quanto essi hanno spinto quei momenti al
culmine dell’unilateralità, in quanto inseguono ogni principio unilaterale fino
alle sue ultime conseguenze, essi sono stati portati dalla dialettica della
ragione storico-mondiale ad una condizione politica in cui tutte le
unilateralità precedenti della vita statale appaiono tolte”[5]
Le unilateralità irriducibili, nella storia
come in alcune tragedie greche[6],
si distruggono a vicenda.
"Nella tragedia gli individui si distruggono
per l'unilateralità della loro ferma volontà e del loro saldo carattere oppure
devono rassegnarsi ad accogliere in sé ciò a cui si oppongono in modo
sostanziale"[7].
“Il Terrore, oltre a essere stato notoriamente
una signoria “necessaria e giusta”, che fu rovesciata solo quando non servì più[8],
ha avuto anche una funzione storica più vasta: ha fatto nuovamente penetrare
nell’animo degli uomini la paura della morte, e con ciò ha “”ristorato e
ringiovanito le coscienze”[9].
Si riproduce, come vedremo, a uno stadio più alto, la relazione signoria
servitù, con la disciplina che foggia gli uomini. Dall’esperienza rivoluzionaria
e dal Terrore i francesi sono usciti rafforzati e attivi nrlla realtà, mentre”
noi Tedeschi in primo luogo siamo passivi verso le istituzioni vigenti, e le
sopportiamo; in secondo luogo, se esse sono rovesciate, siamo ancora passivi:
esse furono rovesciate da altri, e noi vi ci siamo adattati, abbiamo lasciato
fare[10]”
(p. 31)
A proposito della passività dei Tedeschi
“verso le istituzioni vigenti”, e più in generale verso i costumi che ricevono
generale consenso, Tacito rileva che i Germani quando praticano il gioco
dei dadi (alea) e perdono tutto quello che possiedono, stabiliscono come
posta la libertà personale e, se perdono ancora, mantengono la parola data:
anche se giovani e forti si lasciano legare e vendere.
Tale è la loro un'ostinazione, commenta lo
storiografo, in una faccenda riprovevole (ea est in re prava pervicacia).
Ma loro la chiamano lealtà (ipsi fidem vocant fidem).
E' notevole come una parola latina dal
valore culturale forte, fides[11]
assuma una connotazione negativa se applicata a un costume caratteristico di un
altro popolo.
continua
Giovanni Ghiselli
[1] E.
Auerbach, Mimesis , trad. it., trad. it. Einaudi, Torino,
1956, p. 45.
[2] Lezioni sulla
storia della filosofia, trad, it. cit,, vol III, 2, p. 243
[3] Lezioni sulla
filosofia della storia, trad, iti, cit,, vol IV, p. 204
[4] Fenomenologia dello
spirito, trad. it. di E. De Negri, Firenze, 1963, vol II, p. 124
[6] Per esempio l’Antigone
di Sofocle, mentre nelle Eumenidi di Eschilo si giunge a una
conciliazione
[7] G.
W. F. Hegel, Estetica , trad. it. Feltrinelli, Milano,
1978, p. 1589
[8] Hegel, Filosofia
dello spirito jenese, trad. it. di G. Cantillo, Bari, 1971, pp.
185-187
[9] Fenomenologia dello
spirito, trad. it. cit. vol II, p. 132.
[10] Lezioni sulla
storia della filosofia, trad. it. di E. Codignola e G. Sanna,
Firenze, 1967, vol III, 2, p. 250.
[11] che Cicerone
definisce " Fundamentum autem est iustitiae fides, id
est dictorum conventorumque constantia et veritas " (De officiis
I, 23), orbene la fides è il fondamento della giustizia,
cioè la fermezza e la veridicità delle parole e dei patti convenuti.
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