il tiranno Ezzelino III da Romano |
Sh.
suggerisce anche il tono all’attore quando Bruto accusa Cassio di avere
affermato di essere miglior soldato di lui e Cassio risponde
“You wrong me every way; you wrong me,
Brutus/I said an elder soldier, non a better:/did I say better?” (Giulio Cesare, IV, 3)
L’uomo
teme di essersi lasciato trasportare dall’ira e la battuta contiene il tono con
cui va pronunciata
Poi
l’Ah soldier! di Charmian al soldato
romano che, vista Cleopatra morente, ha rivolto l’ottusa domanda: “Is this well done?” (V, 2). L’ancella
amica risponde: “It is well done, and
fitting for a princess-descended of so many noble kings.-Ah soldier!” Anche
Carmiana è morente ma il suo ultimo fiato acquista un tono di disprezzo: che
cosa puoi capire tu degli alti sensi di Cleopatra!
Del
resto queste parole si trovano già in Plutarco.
Riccardo
parla con la regina Margherita, della quale ha ucciso il marito Enrico VI e il
figlio Edoardo e affetta ingenuità e rifiuto del potere: dice di essere troppo
puerilmente ingenuo per questo mondo too
childish-foolish for this world (I, 3) e piuttosto che re I had rather a pedlar! Far be it from my
heart, the thought thereof, preferirei essere un venditore ambulante,
lontano dal mio cuore un pensiero del genere!
Cfr.
Ifigenia in Aulide di Euripide
Agamennone
ha scritto una lettera ingannevole a Clitennestra, ed è pentito.
L’a[nax Invidia
un vecchio servo che passa una vita ajkivndunon, priva di rischi, rimanendo ajgnw;~ ajklehv~ (v. 18)
sconosciuto e oscuro.
Meno
invidiabile è la vita di chi sta ejn timai`~, tra gli onori.
Superiorità
della vita privata
Nelle
tragedie di Euripide ricorre spesso la fuga dai luoghi e dai tempi, insomma
dalla storia quale "favola mentita".
Il
drammaturgo prefigura il lavqe biwvsa~ di Epicureo.
Ione
sostiene la superiorità della vita ritirata su quella impegnata o tesa al
potere che viene smontato[1]: "del potere lodato a torto/l'aspetto è dolce, ma dentro il palazzo/c'è il
dolore (tajn
dovmoisi de;- luphrav): chi infatti è felice, chi fortunato/se, temendo e
guardando di traverso (dedoikw;" kai; parablevpwn),
trascina/il corso della vita? Preferirei vivere/da popolano felice piuttosto
che essendo tiranno ("dhmovth" a]n eujtuch;"-zh'n a]n qevloimi
ma'llon h] tuvranno" w[n"),/il quale si compiace di avere
amici malvagi,/mentre odia i generosi per paura di attentati " (Ione,
vv. 621-628).
Si
apre la strada all’Ellenismo[2]:
nel mito[3]
di Er della Repubblica di Platone, l'anima di Odisseo, capitata nel
sorteggio per ultima, dovendo scegliersi un'altra vita "guarita da ogni
ambizione per il ricordo degli antichi travagli, andò in giro a lungo cercando
la vita di un uomo privato e disimpegnato"( bivon ajndro;~ ijdiwvtou ajpravgmono~, 62Oc).
Agamennone del resto sceglierà di rinascere come aquila[4]
Il
topos prosegue con Seneca
"Il tema fondamentale di tutto il teatro
senecano…è che potere e regno, condizioni di illusoria felicità soggette a
rovinosi cambiamenti di sorte, coincidono con la frode, con l'Erinni familiare,
con il furor mentre l'unica salvezza è la obscura quies [5],
la serenità del proprio cantuccio, l'esser parte indistinguibile della folla.
L'avversione al regno ha come aspetto complementare l'esaltazione della
tranquillità di ogni piccolo uomo, uno qualsiasi della massa silenziosa: felix
mediae quisquis turbae, come canta un coro dell' Agamennone (v.
103).
Liceat in media mihi/latere turba (Thy.
533 sg,) afferma Tieste prima di cadere nelle lusinghe del potere e nella
trappola tesagli da Atreo"[6].
Nell'episodio
di Erminia tra i pastori della Gerusalemme liberata un vecchio, pentito
delle "inique corti" e fattosi rusticus, spiega a Erminia,
giunta in fuga la notte precedente dall'accampamento cristiano sulle rive del
Giordano, in quale luogo sereno e lontano dalla guerra si trovi:"O sia
grazia del Ciel che l'umiltade/d'innocente pastor salvi e sublime,/o che, sì
come folgore non cade/in basso pian ma su l'eccelse cime,/così il furor di
peregrine spade/sol de' gran re l'altere teste opprime,/né gli avidi soldati a
preda alletta/la nostra povertà vile e negletta.// Altrui vile e negletta, a me
sì cara/che non bramo tesor né regal verga,/né cura o voglia ambiziosa o
avara/mai nel tranquillo del mio petto alberga./Spengo la sete mia ne l'acqua
chiara,/che non tem'io che di venen s'asperga,/e questa greggia e l'orticel
dispensa/cibi non compri a la mia parca mensa"[7]. C'è una raccolta di tutti i motivi visti
sopra.
La regina Margherita maledice
Riccardo: “the worm -vermis probably
al lied to Greek rJovmoς tarlo- of
conscience- cum scire- still begnaw
thy soul-thy friends suspect-suspicio- for traitors –trado consegno, traditor-while thou liv’st (I, 3) il tarlo della coscienza ti roda
continuamente l’anima, sospetta finché vivi dei tuoi amici come trditori.
Il tiranno non ha amici
Cicerone De amicitia:
52.
Non si dovranno dunque ascoltare uomini rammolliti dai piaceri, se qualche
volta discuteranno dell’amicizia, che essi non hanno conosciuto né nella
pratica né in teoria. Infatti chi, in nome degli uomini e degli dei, vorrebbe,
a condizione di non amare nessuno e di non essere amato da nessuno, nuotare in
ogni genere di ricchezze e vivere nell’abbondanza di tutte le cose materiali?
Questa
è infatti, senza dubbio, la vita dei tiranni, ove non può esistere alcuna
lealtà, alcun affetto, alcuna fiducia di stabile benevolenza, ove tutto è
sempre pieno di sospetto e di ansia, e non c’è posto per l’amicizia.
Haec enim est tyrannorum vita
nimīrum, in qua nulla fides, nulla
caritas, nulla stabilis benevolentiae potest esse fiducia, omnia semper
suspecta atque sollicita, nullus locus amicitiae.
Nell'Agamennone di Seneca, Egisto parlando
con Clitennestra fa questo rilievo:"non
intrat umquam regium limen fides" (v. 285), la lealtà non entra mai
nella soglia di una reggia. La regina ribatte che se la comprerà con i doni, ma
il drudo conclude: “pretio parata
vincitur pretio fides” (v. 287), la lealtà procurata a pagamento può essere
superata da un altro pagamento.
La regina Margherita chiama Riccardo maiale grufolante, schiavo della
natura, calunnia della pancia incinta di tua madre, thou slander of thy heavy mother womb (231) rag- rJavkoς- of honour, straccio dell'onore (I, 3, 233)
I, 4
Clarence racconta un sogno al Keeper
il guardiano della torre, un sogno prolungato oltre la vita: I pass'd methought, the melancholy- melagcoliva bile
nera, follia e melancholĭa- flood,
with that sour ferrymen which poets write of (I, 4) mi sembrava di passare
il fiume malinconico, con l'arcigno tragettatore di cui parlano i poeti
Virgilio Eneide "Navita sed tristis nunc hos nunc accipit
illos" (VI, 315). Cfr. anche le Rane
di Aristofane e l'Inferno di Dante.
Brankbury, il luogotenente della torre, dice: "princes have but their titles -titulus-for their glories- i principi hanno da gloriarsi solo dei loro
titoli. An outward honour for an inward
toil-lat tud in tutŭdi di tundo-tusum- colpire. battere, un onore esterno per un
rovello interno
And for unfelt imaginations
they often feel a world of restless care, e per fantasie non provate, essi provano spesso un mondo di affanni
incessanti (I, 4, 78-81).
Nella prima antistrofe del secondo
stasimo dell'Edipo re vediamo che
tutte le tirannidi sono zoppe come è zoppo (lamely,
I, 1) Riccardo : "la prepotenza fa crescere il tiranno, la prepotenza/ se
si è riempita invano di molti orpelli/ che non sono opportuni e non convengono
(mhde;
sumfevronta)
/salita su fastigi altissimi/precipita nella necessità scoscesa/dove non si
avvale di valido piede" e[nq j ouj podi; crhsivmw/-crh'tai
"(vv. 873-879). Non solo il tiranno è zoppo e scivola, ma anche i suoi
decreti. Antigone non obbedisce ai khruvgmata di Creonte, ma alle leggi della coscienza
e degli dèi che, viceversa, sono a[grapta kajsfalh' (Antigone, v. 454), non scritti e non vacillanti.
Clarence prega il secondo sicario
che ha qualche scrupolo: “a begging
prince, what beggar pities not?” (I, 4) quale mendicante non ha compassione
di un principe mendico?
Questo secondo sicario prima dice
che la sua coscienza si trova nella borsa del duca di Gloucestere (I, 4, 122), poi
dopo l’assassinio si pente e lascia tutto il compenso all’altro sicario il
quale pugnala Clarence poi lo finisce annegandolo nella botte di malvasia che
era nella torre
E l’altro:
take you the fee-pecus-, and tell him (a Riccardo) what
I say
For I repent me-me poenitet- that the duke is slain (I, 4, 267-268)
In Madame Bovary, l’anima di
Rodolphe, svanita la passione per Emma, si era infossata in questa ebbrezza ed
era affogata rattrappita come il duca di Clarence nella botte di Malvasia.CONTINUA
[1] Il potere verrà
demonizzato del tutto da Seneca, " per questo uomo di potere…il potere è
un nucleo irriducibile di male-insieme fatto e subìto, avviluppato nelle
rispondenze tra violenza oggettiva e angoscia soggettiva" G. Paduano (a
cura di), Edipo, p. 9.
[2] Mentre il Pericle
di Tucidide aveva detto: “:"movnoi ga;r tovn te mhde;n tw'nde metevconta oujk
ajpravgmona, ajll j ajcrei'on nomivzomen" (Storie, II 40, 2), siamo i soli a considerare non pacifico, ma
inutile chi non partecipa alla vita politica
[3] Il mito è sempre una
"immagine concentrata del mondo" (Nietzsche, La nascita della
tragedia, p. 151).
[4] L'anima sorteggiata per ventesima
scelse la vita di un leone: ed era quella di Aiace Telamonio che rifuggiva dal
nascere uomo ricordandosi del giudizio delle armi. L'anima dopo questa era
quella di Agamennone: anche questa per avversione al genere umano a causa dei
dolori sofferti prese in cambio la vita di un'aquila Repubblica, 620b
[5] Fedra 1127.
[6] Gianna Petrone, Il disagio
della forma: la tragedia negata di Seneca, "Dioniso" 1981., p.
360.
[7] Gerusalemme liberata, VII,
ottave 9-10.
Giovanna Tocco
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