La divisione del lavoro e quella dell’uomo. Il festival di Sanremo
Il lavoro merce, il lavoro che equipara l'uomo alla macchina o lo
sottomette alla macchina, il lavoro che riduce l'organismo a meccanismo, il
lavoro che non ammette la creatività fa schifo. Soprattutto se è precario, o se
provoca addirittura la morte dei lavoratori. Renzi e Padoan si tengano tale
lavoro e lo facciano fare ai loro figlioli.
La maggior parte delle persone è infelice perché dal lavoro ricava
sensi di frustrazione e degradazione Un lavoro che rende le persone sempre meno
persone e sempre più strumenti impiega la vitalità di molti esseri umani come
combustibile per alimentare il fumo delle fabbriche.
Molte persone vengono stritolate dalle macchine fisicamente
e pure mentalmente. Non c'è la divisione del lavoro ma quella dell'uomo. Non
gli viene lasciato nemmeno tanto di intelligenza da capire quanto la pubblicità
che lo introna sia ingannevole, offensiva, ostile alla vita.
Sanremo negli anni Cinquanta per noi bambini significava
l'attesa che la mamma o la zia ci cantasse la canzone più orecchiabile.
Ripeterne i motivi era un rito. Poi chi è andato a scuola lo ha rinnegato come
rito plebeo. Questa sera vedrò se prevarrà la nostalgia della mamma e
dell'infanzia o il disgusto per quanto di volgare, falso, propagandistico e
pubblicitario comporterà tale manifestazione.
Dopo avere sentito “Grazie dei fior” cantata dalla nonna
dalla mamma e dalle mie zie, eravamo nel 56 o 57, uscivo per annusare il vento
che era già profumato di viole e odorava di prunalbo. Poi cadevo riverso
nell'erba, o abbracciavo un albero pieno di gratitudine a quelle donne che mi
insegnavano ad amare la vita
La volgarità la falsità il cinismo cui ho assistito negli
anni successivi, l'egoismo diventato di moda dopo la caduta del movimento del
'68, non sono bastati a togliermi quell'amore per la vita, per il conoscere le
persone massime le donne, quell’amore che provavo con tutta la forza da bambino
"Il festival siamo noi" scrive oggi, 7 febbraio 1918, un
tale nella prima pagina del quotidiano più letto d'Italia. Non in mio nome.
Ieri non ho retto un minuto davanti a quel triste corteo tutt'altro che
rallegrato dagli ammiccamenti ambigui o dagli schiamazzi dei vari prosseneti.
Niente di significativo né di bello.
Intanto i fascisti inneggiano alla razza, un criminale mentecatto
spara sul mucchio dei Neri, la scuola non informa e non educa.
Ma c’è chi scrive: "il festival siamo noi". Io mi sento
infamato da tale affermazione.
Io non sono quel festival. Volevo guardarlo per scriverne, ma dopo un
minuto ho sentito il voltastomaco
Noi, io e la gente come me, non siamo il festival di Sanremo,
siamo piuttosto con i Neri presi a revolverate, con gli operai licenziati o
fatti morire nelle fabbriche obsolete, con i malati curati male, con le donne
violentate. Conserviamo la piena coscienza di tutte le iniquità che
quell'orribile festival falso e ruffiano vuole celare.
giovanni ghiselli
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Il festival non sono io! MarGHERITA
RispondiEliminail festival non sono io! Tocco Giovanna
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