querce antiche |
Cornelia la Berlinese. II parte
La persona buona è anche
intelligente - continuò Cordelia - ed è pure bella. L’avevano capito i maestri
greci che ci hanno insegnato a non separare il buono dal bello con la loro kalokajgaqiva”.
“Tu ne sei l’incarnazione Cornelia.
Sei cresciuta molto dall’ultima volta che abbiamo parlato. Hai fatto letture
ottime vedo”.
“Sì anche. Ma quanto ti ho
detto l’ho capito attraverso l’esperienza, gli sbagli, il dolore”
“Tw'/ pavqei mavqo"”[1],
sussurrai con l’atteggiamento inelegante da arricchito culturale che ancora non
avevo superato.
“Per come ti conosco - riprese
Cornelia - comprendo che tu senti la necessità di una persona buona e
intelligente. Tu sei una persona autentica, pulita che non gioca con il cuore
degli altri, e per vivere senza dolore hai bisogno di una donna della tua
levatura spirituale. Me l’hai suggerito tu stesso; non te ne sei accorto? Se la
tua fiorente ragazza italiana è bella anche moralmente, se è buona, tiella da
conto, vivici insieme, fai dei figli con lei. Meriterebbero senz’altro la vita
tali bambini. Non impuntarti se da qualche giorno accidentalmente non scrive.
Il tempo chiarità tutto. Se non è buona, quindi nemmeno intelligente né davvero
bella, lasciala perdere. Dai retta a una amica storica ormai e anche, spero,
cara. Io ho fatto l’errore di sposare un tale che appariva attrente e spiritoso.
Ma poi, convivendo, ho capito quanto era egoista, cattivo, cretino quel tale e
dopo un paio di mesi mi ripugnava”
“Brava Cornelia, brava. Sei
diventata una donna di formato speciale”
Mi piaceva. Mi era venuta
voglia di fare l’amore con lei, ma non mi era ancora chiaro se Ifigenia fosse
malvagia, perciò non volevo rompere il patto di fedeltà concordato al momento
della partenza dalle amabili sponde adriatiche[2].
“Anche tu sei speciale” mi
contraccambiò Cornelia. “Gli altri che abbiamo qui intorno in confronto a te
sono dei burattini simpatici, bene che vada”.
In effetti Danilo[3]
saltava da un tavolo all’altro scolando tutte le bottiglie di sangue di toro
ancora inesauste, mentre Ezio si avvicinava a ogni ragazza beccheggiando e
domandava: “vuoi ballare, vuoi ballare?” senza lasciarsi smontare dai ripetuti
dinieghi[4].
Salutai dunque Cornelia e gli
altri amici storici delle estati debrecine[5] e
tornai in collegio da solo. Ero contento, andavo d’accordo con me stesso poiché
Cornelia mi aveva svelato una parte di me che mi piaceva assai e si confaceva
alla mia persona realizzata.
Mentre fiancheggiavo l’orto
botanico dagli alberi strani, poi quando procedevo sotto le querce antiche, di
maestà dodonèa, vidi l’immagine di Helena Sarjantola vestita di colore
bianchissimo[6]: mi sorrideva con lieta
naturalezza e mi suggeriva di non dare peso soverchio, opprimente alla posta
non arrivata. Contraccambiaio il sorriso, non senza letizia.
Del resto mi vennero in mente
le parole del tutto chiare che la bella donna mi scrisse quando fu arrivata in
Finlandia. Il confronto era schiacciante. Amare è ricordare, come conoscere. E
pure disamorarsi è ricordare: rammentare che cosa era l’amore, quanto bene
funzionava, quanta allegria e felicità creava dalla mattina alla sera.
giovanni ghiselli
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[1] Eschilo, Agamennone, 177, attraverso la
sofferenza, la comprensione
[2] Cfr. L’amore nel mare di
Pesaro presente nel blog
[3] Cfr. La storia di Kaisa
presente nel blog
[4] Cfr. La storia di Eeva
Vuortama presente bel blog
[5] La prima risale al 1966.
Cfr. L’arrivo a Debrecen presente nel Blog.
[6] Cfr. la storia di Elena
presente nel blog
Giovanna Tocco
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