domenica 8 novembre 2020

La “messe funesta” non risorge, mentre la verdissima bellezza del grano è già rinata

Giasone arava e gettava i denti lontano da sé e si voltava per vedere che non gli piombasse addosso ghgenevwn ajndrw'n ojloo;ς stavcuς (Apollonio, Argonautiche III, 1338), la messe funesta dei tellurici.

Commento

La messe funesta è quella priva di resurrezione: il becchino sotterrerà con il corpo tutta la persona: non hanno altro: bovskhvmata in terram prona et ventri oboedientia. Gente nata per mangiare, fare sesso, dormire, poi concimare la terra con il cadavere.

Alfieri nel 1770 tornò a Berlino e andò a vedere il luogo dove si svolse una battaglia della guerra dei sette anni (1756 - 1763): "Passando per Zorendorff, visitai il campo di battaglia tra’ russi e prussiani, dove tante migliaia dell’uno e dell’altro armento rimasero liberate dal loro giogo lasciandovi l’ossa. Le fosse sepolcrali vastissime, vi erano manifestamente accennate dalla folta e verdissima bellezza del grano, il quale nel rimanente terreno arido per sé stesso ed ingrato vi era cresciuto misero e rado. Dovei fare allora una trista, ma pur troppo certa riflessione; che gli schiavi son veramente nati a far concio” ( Vita, 3, 9).

La riflessione impietosa, quasi empia, non annulla la positività della vita che trionfa sulla morte dalla quale rinasce sempre in forme rinnovate, nella folta e verdissima bellezza del grano.

 

Si può estendere a questo pensiero quanto scrive Steiner di Omero e di Tolstoj: “Perfino nel mezzo della carneficina la vita si leva a sovrastare tutto il resto. Attorno al tumulo sepolcrale di Patroclo i capi greci lottano, gareggiano e lanciano il giavellotto a celebrazione della loro forza e della loro vitalità. Achille conosce il destino che incombe su di lui, ma "Briseide guancia graziosa" lo raggiunge ogni notte. La guerra e la morte seminano distruzione nel mondo di Omero come in quello di Tolstoj, ma il centro resiste: ed è l'affermazione che la vita è, in se stessa, un avvenimento di bellezza, che le opere e i giorni degli uomini sono degni di essere ricordati e che nessuna catastrofe - neppure l'incendio di Troia o di Mosca - è mai definitiva. Poiché oltre le torri fumanti e oltre la battaglia rolla il mare color del vino, e, quando Austerlitz sarà dimenticata, le messi torneranno, per usare un'immagine di Pope, "a imbiondire il pendio". Questa cosmologia è riunita tutta intera nell'ammonimento di Bosola alla Duchessa di Malfi [1] che maledice la natura in un estremo impeto di ribellione: "Guarda, le stelle brillano ancora". Sono parole tremende, piene di distacco e dell'aspra consapevolezza che il mondo fisico contempla impassibile i nostri dolori. Ma superiamo la crudeltà dell'impatto e vedremo che esse contengono l'assicurazione che la vita e la luce delle stelle dureranno al di là di qualsiasi momentaneo caos"[2].

 

Bologna 8 novembre 2020 ore 17, 35

giovanni ghiselli



[1]Di John Webster (1575 - 1630)

[2]G. Steiner, Tolstoj o Dostoevskij p. 81.

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