giovedì 12 novembre 2020

Sulla disciplina dei Romani (Livio e Tacito)

Bartolomeo Pinelli, Tito Manlio Torquato
Per rispetto della  disciplina militare Tito Manlio Torquato giunse a far decapitare il proprio figliolo che l’aveva trasgredita.


Questo console durante la guerra contro i Latini (340-338 a. C.) condannò a morte il figlio che aveva osato combattere contro il suo ordine, di capo e di padre, dopo averlo accusato in questo modo:"tu, T. Manli, neque imperium consulare neque maiestatem patriam veritus, adversus edictum nostrum extra ordinem in hostem pugnasti, et,quantum in te fuit, disciplinam militarem, qua stetit ad hanc diem Romana res  solvisti " (Tito Livio, VIII, 7) tu, Tito Manlio, senza riguardo per il comando dei consoli e per l'autorità paterna, hai combattuto il nemico contro le nostre disposizioni, fuori dallo schieramento, e, per quanto è dipeso da te, hai dissolto la disciplina militare, sulla quale sino ad ora si è fondata la potenza romana.


Petilio Ceriale parla nel 69 ai popoli della Gallia belgica e celtica.

C’è la tesi politica della dominazione romana.

I Romani vogliono impedire l’avanzata di un nuovo Ariovisto. Ai Galli  i Romani hanno imposto iure victoriae, per diritto di vittoria, solo ciò che è necessario a mantenere la pace. Nam neque quies gentium sine armis, neque arma sine stipendiis, neque stipendia sine tributis haberi queunt

Se arriveranno Britanni o Germani, i tributi aumenteranno.

Cacciati i Romani (quod di prohibeant) rimarrebbe solo una guerra universale. Octingentorum annorum fortuna disciplinaque compages haec coaluit: quae convelli sine exitio convellentium non potest” (Tacito, Hist. IV, 74), questa mole consolidatasi con la fortuna e la disciplina di ottocento anni  non può essere demolita senza rovina di chi la demolisce.

 

Sono le parole di tutti gli imperialismi (Concetto Marchesi, Tacito, p. 136)

 

giovanni ghiselli

 

 

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