martedì 13 luglio 2021

La poetica di Plauto e quella di Shakespeare

Sentiamo lo schiavo Pseudolo di Plauto (191 a. C.)

 Sed quasi poeta, tabulas cum cepit sibi,/quaerit quod nusquams gentium, reperit tamen,/facit illud veri simile quod mendacium est,/nunc ego poeta fiam: viginti minas, /quae nusquam nunc sunt gentium, inveniam tamen” (Pseudolus, I, 4, vv. 401-405) ma come un poeta, quando ha preso in mano le tavolette, cerca quello che non c’è tra le genti, e tuttavia lo trova, e rende verosimile quella che è una menzogna, ora io mi farò poeta  e le venti mine che ora non ci sono tra le genti, le troverò tuttavia.

 

Ora Teseo, il duca di Atene in A Midsummer-Night’s dream  (1595) di Shakespeare:

The poet’s eye, in fine frenzy rolling,

doth glance from heaven to earth, from earth to heaven;

and as imagination bodies forth

the forms of things unknown, the poet’s pen

turns them to shapes, and gives to airy nothing

a local habitation and name” (V, 1, 9-16), l’occhio del poeta roteando in una frenesia bellla, lancia lo sguardo variando dal cielo alla terra e dalla  terra al cielo e mentre l’immaginazione plasma le forme sconosciute, la penna del poeta le volge in figure e dà all’aereo nulla una dimora precisa e un nome

giovanni ghiselli

 

 

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